Da diversi anni l’azienda abruzzese ha abbandonato la costa per produrre i vini in altitudine. Per celebrare il Cerasuolo, la cantina Pasetti ha organizzato un press tour alla scoperta delle proprie Tenute all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga
La lunga storia della Cantina Pasetti inizia già in epoca borbonica, in agro di Francavilla al Mare (CH) a ridosso dell’Adriatico, fino ad arrivare ai giorni nostri con una viticultura di montagna. La svolta della cantina avviene negli anni ’60 con l’inizio della vinificazione in più ampia scala. Negli anni ’80 nasce, per mano di Mimmo Pasetti, il vino del brand di riferimento dell’azienda. Per festeggiare la nascita di Francesca con i capelli rossi proprio come la trisavola Donna Rachele, figura importante nella storia della famiglia, si imbottiglia separatamente il miglior Montepulciano presente in cantina. Così è nato il Testarossa, fiore all’occhiello della Famiglia Pasetti che da 5 generazioni ormai porta avanti il lavoro vitivinicolo sempre con la stessa passione e determinazione.
Oggi Mimmo Pasetti è ritenuto un imprenditore visionario: il suo progetto controcorrente è cominciato nel 2000, quando in azienda assume il ruolo decisionale. Egli dalla zona costiera, sede storica dell’azienda, si sposta all’interno, inizia ad acquistare sempre più terreni, prima a Pescosansonesco (PE) nel Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga. Il terroir di Pescosansonesco, argilloso-calcareo, posizionato al di sopra della roccia appenninica, è perfetto per la coltivazione del Montepulciano d’Abruzzo. La significativa escursione termica tra giorno e notte a circa 550 m.s.l.m. garantisce che il vino abbia un profilo sensoriale di alta qualità ed eleganza. Così è iniziato il processo di trasformazione che dalla zona costiera dell’Abruzzo arriva poi a Capestrano (AQ), Castiglione a Casauria (PE) e Ofena (AQ). Essendo tutti i vigneti all’interno del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, la Cantina Pasetti è autorizzata ad apporre il logo del Parco sul retro delle sue bottiglie.
Il segreto di questa azienda è sicuramente l’unione famigliare, oggi Mimmo la gestisce insieme a sua moglie Laura e i loro tre figli, ognuno con un ruolo definito e diverso: Francesca Rachele si occupa dell’amministrazione, Massimo dell’esportazione e della visibilità internazionale e Davide, che è enologo, si occupa della produzione del vino.
La cantina possiede un totale di 270 ettari dei quali 70 vitati. Le uve coltivate sono: Pecorino, Passerina, Trebbiano d’Abruzzo, Montepulciano d’Abruzzo e Moscatello di Castiglione; piccola percentuale di varietà internazionale, Chardonnay e Cabernet sauvignon.
La conduzione delle vigne è nella forma integrata con particolare attenzione alla sostenibilità. “Questo è un punto peculiare – ha spiegato Mimmo Pasetti– che ci garantisce la salubrità dei vini. Il Parco Nazionale è un contesto vergine, lontano dall’inquinamento delle aree vallive, dalla contaminazione antropica. L’autorità di vigilanza del Parco Nazionale monitora, controlla e analizza ogni aspetto dei processi lavorativi controllando in primis il rispetto dell’ambiente”.
Per raccontare gli ultimi progetti aziendali, la famiglia Pasetti ha organizzato un press tour al quale hanno partecipato circa 30 giornalisti tra nazionali e abruzzesi. Due giorni intensi durante i quali i giornalisti hanno potuto prendere cognizione delle diverse situazioni ambientali dei vari territori e degustare diversi vini, ciascuno il risultato delle diverse specificità territoriali. Presente in uno degli appuntamenti anche il presidente del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga, il dottor Tommaso Navarra che ha voluto ribadire la peculiarità del territorio, la preziosità delle varie identità locali e la proficua collaborazione con la famiglia Pasetti che opera all’interno del Parco.
“Il nostro ultimo progetto riguarda l’acquisizione di 150 ettari in località Forca di Penne – ha aggiunto Mimmo– fino a 1050 mt s.l.m., tra fitti e floridi boschi del Parco Nazionale. Il sito è attraversato dal Tratturo Magno, fu stazione di sosta per la transumanza, riconosciuta come Patrimonio immateriale dell’Umanità dall’UNESCO. Con la sua Torre Medievale che fu anche proprietà dei Medici, Forca rappresenta il punto di confine fra le province di L’Aquila e Pescara. Dalla sua sommità ai piedi della torre medicea, ad ovest si osservano le cime dell’Appennino interno, a est l’estensione delle province di Pescara, Teramo e Chieti fino all’orizzonte con il turchese Adriatico. A sud e a nord, in una manciata di chilometri, le vette della Maiella e del Gran Sasso”.
Molto interessante la verticale di alcune annate dell’Harimann, il Montepulciano di punta dell’azienda, dal 2000, 2004, 2007, 2009, 2012, 2017. I vigneti dell’Harimann si estendono nel Comune di Pescosansonesco. Questo è un tendone di soli 2 ettari di oltre 60 anni con una bassa resa di 60-70 q/ha. Qui il terreno è caratterizzato da una matrice franco-argilloso-calcareo, la vendemmia è tardiva. L’affinamento è fatto inizialmente in vasche di cemento, poi 24 mesi in barriques di rovere francese di primo passaggio e successivo affinamento in bottiglia.
Uno spazio speciale è stato dedicato al Cerasuolo che la famiglia ha deciso di riprodurre dopo ben 13 anni. Un Cerasuolo d’Abruzzo superiore, le cui uve provengono dall’agro di Capestrano, il terreno è di medio impasto tendente al sabbioso, di forte matrice ciottolosa, drenante; il clima è continentale con inverni rigidi, alta è la ventosità. Un vino dal colore brillante e dal sapore intenso, elegante, fresco e minerale, caratterizzato da note fruttate e floreali. Esso viene prodotto con la tecnica della svacata, tipico della tradizione del territorio aquilano.
Presente alla due giorni anche l’agronomo del gruppo, il piemontese Maurizio Gily il qualche ha raccontato dell’inserimento nei vigneti di alcune stazioni meteo. “Con Mimmo – ha spiegato Gily– abbiamo deciso di installare nei terreni di Forca di Penne, così come negli altri siti, alcune stazioni meteo per monitorare le condizioni climatologiche che poi, unitamente alle valutazioni chimico-fisica del terreno, sono a supporto delle scelte per i nuovi impianti in termini di varietà e sistemi di allevamento, ciascuno progettato in base agli obiettivi enologici a priori prefissati. Queste inoltre ci aiutano nello studio della presenza dei funghi patogeni in maniera da poter intervenire in fase preventiva solo ed esclusivamente quando se ne verifichino le condizioni. Premesso comunque che, per le situazioni climatologiche tipiche di queste zone, la pressione degli sviluppi fungini è molto limitata”. Proprio a seguito delle analisi agro-climatologiche (i dati verificati sono stati comparati con altri provenienti da stazioni meteo di zone spumantistiche a livello mondiale, tra cui Rheims), la famiglia ha ritenuto di impiantare sul sito di Forca, Chardonnay e Pinot nero per la produzione, in futuro, di uno spumante metodo classico.
Un altro aspetto importante della filosofia aziendale è la “nutrizione” delle viti. In azienda non si parla di concimazione ma di nutrizione, concetto ben diverso. Cruciale è, non l’apporto dei minerali, ma l’attenzione alla presenza, al benessere e all’incremento del sistema microbiologico che nel terreno vive ed è in stretta simbiosi con l’apparato radicale delle viti. L’attenzione verso quella microbiologia pedologica che, così come avviene per l’apparato digerente degli uomini, è artefice dell’assorbimento dei nutrienti già naturalmente presenti nel terreno in forma minerale. A tal fine, nelle diverse unità aziendali, sono state predisposte delle stazioni di compostaggio. In questi, tutti i residui della filiera vitivinicola vengono miscelati con sostanza organica “letame”, proveniente da stalle presenti nelle montagne intorno. Queste miscele vengono lasciate riposare per circa 24 mesi, durante i quali, attraverso attenti rivoltamenti ed ossigenazione, si produce la degradazione delle matrici originarie con produzione di compost utile allo sviluppo di specifiche famiglie microbiologiche ideali poi per essere apportate al terreno sia in fase di pre impianto che in fase gestionale. Inoltre questa è una tecnica utile al sequestro del carbonio che, una volta re-interrato, sarà definitivamente sottratto all’atmosfera.
“Più di 20 anni fa – ha detto Pasetti– abbiamo deciso di avventurarci in aree diverse da quelle in cui eravamo abituati a vivere ed operare, alla ricerca di una vita diversa e di prodotti con qualità diverse, alla ricerca di un nuovo equilibrio. Eravamo inconsapevoli ma oggi, visto il dramma dei cambiamenti climatici in atto, ci troviamo a poter affrontare egregiamente anche questa problematica. Nelle zone dove operiamo, oltre alla salubrità, abbiamo temperature più basse e piovosità regolare. Abbiamo risolto inconsapevolmente un problema che oggi sta diventando drammatico per le classiche zone vitate. Ho sempre avuto l’ambizione di fare qualcosa di diverso, – ha concluso Pasetti– abbiamo sempre buttato il cuore oltre l’ostacolo nella consapevolezza che ogni traguardo fosse solo un punto di partenza verso il futuro”.