É il momento della separazione e dei saluti.

Per essere precisi non é proprio un momento, la tradizione vuole che ci si debba accomiatare da tutte le spiagge frequentate e allora con la tristezza nel cuore, ma allo stesso tempo la gioia di rivederle si dà inizio all’ultima settimana.

Niente di piú bello che rifare ancora una volta la strada che lascia Chia in direzione Teulada; nella breve salita a destra e a sinistra, come in un bassorilievo, spuntano piccoli mucchietti di vegetazione, non sono i soliti cuscini di macchia mediterranea, potrebbero assomigliare a bottoni di un mantello, a pon pon di un cappellino, ma anche a bon bon alla menta, tutto verde, una elegante mise tinta su tinta.

Appena inizia la discesa, il solito tuffo al cuore, non ci si abitua mai, si può essere passati di là per anni, ma lo splendore che si apre alla vista sortisce sempre il medesimo effetto: casca la mascella, la bocca si apre e la voglia di fermarsi é incontrollabile: lo scenario della Tuerredda rapisce ancora una volta. Ormai é una spiaggia a numero chiuso, ma dall’alto tutti sono liberi di godere di tanta inimmaginabile perfezione; é un’esperienza che farebbe dire a tutti “Dio c’é”, é stato lui a disegnarla. Ma la nostra meta é Piscinnì, spiaggia meno amata per la presenza di posidonia e pertanto non invasa da folle impazzanti; non tutti sanno che ‘i resti di posidonia sulla spiaggia sono un indice di alta qualitá ambientale, molto meglio di una bandiera blu’ secondo il WWF.

Il divertimento nuotando é passare da una zona chiara a una scura, attraversarla in fretta con un po’ di timore che ogni cosa più buia ci procura e raggiungere la fascia luminosa di uno splendido turchese.

Intanto alla radio la notizia di incendi in Sardegna.

Anche questa é una tradizione, non c’é estate senza incendi, ricordo un anno a Cetara il  canadair che continuava a sorvolare il terrazzo dove eravamo, si abbassava per raccogliere l’acqua del mare, riprendeva quota, era così vicino che a volte pensavo di fare la fine di Fantozzi: presa nella pancia del mostro e sputata tra le fiamme dei monti Lattari.

La tradizione vuole che non si possa tornare a casa senza avere quella decina di chili di pecorino più e meno stagionato nella borsa frigo da condividere con gli amici, un bel chilo di crema di pecorino da spalmare sul pane o da prendere con croste di guttiau per golosissimi aperitivi e una quindicina di yogurtini e dessert, quelli di Ignazio e Marcella dove l’ingrediente principale é il latte di capra,  per lo meno uno per ogni gusto: arancia e zenzero, limone, panna cotta e cioccolato, cocco, frutti di bosco, fragola.

La ricotta di capra no, quella non si porta via, quella si mangia calda e setosa e leggera appena fatta, non é dato far conoscere la sua bontà a quelli in continente.

Intanto la radio e la televisione dicono che gli incendi sono inarrestabili, nel Montiferru fiamme alte 30 metri, un decimo dell’oristanese andato in fumo. Giuseppe Mariano Delogu che insegna Tecniche di Protezione Civile presso la facoltà di Scienze Forestali di Sassari spiega che già all’altezza di 12/15 metri l’effetto dei mezzi aerei non é più efficace perché l’acqua dei canadair evapora prima di raggiungere terra.

La tradizione vuole che si debbano acquistare per lo meno tre bottiglie di mirto da regalare agli amici, il mirto deve essere quello di Nunzia, fatto da lei, con tanto sapore e profumo di bacche e poco alcool e già che siamo da lei non prendiamo qualche chilo di uva appena raccolta nella vigna? É nera, gli acini sono grossi e turgidi, i denti incontrano un breve ostacolo prima che lo scoppio invade la bocca con il delizioso succo.

Intanto ci arrivano notizie dagli amici di Magomadas, sono stati sfollati a Bosa, i loro ulivi sono salvi, ma l’azienda degli amici di Tresnuraghes é andata letteralmente in fumo, le fiamme sono avanzate di notte, quando niente e nessuno può intervenire, ci mandano foto, i colori vanno dal grigio al nero, i tronchi degli alberi spaccati dal fuoco.

Povera Sardegna! C’é da piangere.

Fortuna che l’amore per questa terra che tante bellezze ci offre é forte e sincero e sia da parte degli stessi sardi sia da parte di quanti la amano sono partite immediatamente iniziative di soccorso per portare acqua, foraggio per gli animali, soldi, e sono state già raccolte oltre 41000 firme in pochi giorni dalla petizione online, su Change.org, per chiedere al presidente della Regione, Christian Solinas, che vengano messi a dimora 100 milioni di alberi in 5 anni su tutto il territorio sardo.

Arrivederci Sardegna! C’é da augurarsi che quanto detto dal sociologo  Nicolò Migheli e sostenuto da Giuseppe Mariano Delogu e cioé combattere lo spopolamento, agire con politiche del territorio, favorire il rimboschimento, venga ascoltato e messo in atto.

Gli incendi di oggi e quelli che verranno non possono essere affrontati con i mezzi usati per domare i roghi del passato, bisogna tener conto dell’aumento degli eventi climatici estremi che caratterizzeranno sempre più il nostro pianeta.