Un viaggio antico verso la bellezza e la bontà del domani. E’ questo ciò che provo ogni volta in cui sfoglio le pagine di Artusi. Sì, mi sento una specie di autostoppista del tempo, un amico al quale lui, Pellegrino Artusi da Forlimpopoli, concede uno strappo, un passaggio, un viaggio non solo verso i luoghi e le gastronomie d’Italia, ma nel tempo.
Anzi, nei tempi.
La sua possibilità di spaziare tra essi e di prevederli con largo anticipo è uno di quei superpoteri che solo i grandi della storia hanno. Provo a spiegarmi meglio, riportandovi una sua affermazione:
“Il miglior metodo è la pratica ma anche sperimentazione del passato, combinazione, interpolazione di stili diversi, e infine creazione di uno stile nuovo, interprete critico dell’antico”.
Voilà, il saggio Artusi, il letterato, il viaggiatore e gastronomo, si fa anche precursore di ciò che è diventato il mantra ristorativo dei nostri tempi: la volontà di innovare la tradizione, esaltandone il passato, portandola nel futuro.
Artusi già all’epoca aveva intuito che bisognava custodire gli ‘’atti d’amore’’ della cucina, ovvero quelle pratiche, quei gesti, quelle sapienze che si potevano trovare in ogni angolo della Penisola, anche in quei territori che lui non toccò mai. La vie di comunicazione ai tempi erano molto più accidentate di oggi, un viaggio voleva dire un grande dispendio di tempo, energie e denaro. Artusi vi si cimentò con l’entusiasmo di uno scolaro ma la conoscenza di un letterato, disponendo delle teorie positiviste di uno scienziato ma anche della laboriosità pratica di un cuciniere. Le note, le postille, i gesti d’amore che lui intercettò e salvò nei suoi scritti, sono tutti, irrimediabilmente, diventati pratiche di uso comune del popolo italiano.
Salvò il gusto primordiale, allo stesso modo in cui il Manzoni risciacquando i panni in Arno salvò, nobilitò tutelò la lingua che avrebbe rappresentato l’Italia (appena unita). Artusi come e più di Alessandro Manzoni, utilizzando il fiorentino volgare da un lato e il cibo dall’altro, seppe incollare i brandelli di una nazione, anzi di un popolo, diviso e diversificato da secoli e secoli di fratture. Tutte quelle divisioni, differenze e competizioni, paradossalmente, diventarono (e sono tutt’oggi) la nostra ricchezza, anche in ambito culinario. Pellegrino Artusi lo sapeva, e dedicò la sua vita al reperimento e alla preservazione di tali (microscopiche ma immense) ricchezze.
Man mano che procedeva nel suo percorso da Nord a Sud, senza neanche accorgersene, stava fondando uno stile gastronomico unitario italiano.
Con l’umiltà di un dilettante che ha avuto il coraggio di unire l’Italia tramite delle ricette, è divenuto un intellettuale della cucina, pensata in maniera sistemica, con la rettitudine di una scienza esatta ma anche con quel pizzico di genio anarchico, tutto italiano. Noi Italiani un po’ siamo così, ce lo abbiamo nel sangue, ce lo portiamo dentro questo dualismo.
D’altro canto, dalle situazioni statiche e univoche nasce ben poco, è dal caos che sorge la creatività. Artusi ne era ben conscio, quindi si prese il lusso (rivoluzionario per l’epoca) di studiarlo, raccoglierlo e decodificarlo questo caos creativo. Ma se devo riconoscergli uno e un solo merito, più dell’immenso bagaglio di nozioni tramandateci, più dell’aver contribuito a unire il popolo italiano e a fare scienza di quell’arte che tanto amiamo, gli riconosco la capacità di stuzzicare quel tanto che basta il lettore per invogliarlo a continuare le ricerche per conto suo, per formarsi una sete inappagabile di conoscenza che non lo lascerà mai.
Sfogliando le sue pagine, infatti, il lettore verrà irrimediabilmente contagiato dal ‘’piacere della scoperta’’. E non è un qualcosa che succede così spesso. L’alimentazione, per dirla alla Artusi, è infatti una di quelle cose che danno diletto alla mente e pascolo al corpo, insomma è l’unica molla (assieme a quella sessuale) in grado di innescare un naturale stimolo alla curiosità. E, trattandosi di un’arte inesauribile, quindi, quello che compirete nel mondo gastronomico sarà un tragitto la cui lunghezza la deciderete voi.