Tra gli obiettivi: contrastare la desertificazione delle campagne e tutelare la salute dei consumatori
Nasce una inedita, larga e composita alleanza per reclamare la difesa della cultura del cibo di qualità e spingersi contro quello artificiale e sintetico, di cui fanno parte Acli, AcliTerra, Adusbef, Anpit, Asi, AssoBio, Centro Consumatori Italia, Cia, Cna, Città del Vino, Città dell’Olio, Codacons, Codici, Consulta Distretto del Cibo, ctg, Coldiretti, Demeter, Ecofuturo, Ewa, Federbio, Federparchi, Fipe, Fondazione Qualivita Fondazione Una, Fondazione UniVerde, Globe, Greenaccord, Gre, Italia Nostra, Kyoto Club, Lega Consumatori, Masci, Movimento Consumatori Naturasi, Salesiani per il sociale, Slow food Italia, Unpli, Vas – Verdi Ambiente & Società, Wilderness.
L’iniziativa è stata varata dai rappresentanti delle diverse organizzazioni nel corso di un incontro nella Sala Consiglio Sede Coldiretti ed ha come primo obiettivo la sottoscrizione di “un Manifesto per esporre le ragioni dell’alleanza ed aprire un confronto con istituzioni, associazioni, mondo scientifico, imprese e cittadini per l’avvio di una battaglia – quella contro il cibo sintetico e artificiale – che è possibile vincere“, sostengono le organizzazioni, “anche in una proiezione europea, nella certezza di agire per il bene comune”.
“Una assunzione di responsabilità – conclude la nota congiunta – nella ricerca delle ragioni tecniche e valoriali per contrastare rischi reali di desertificazione delle campagne, di speculazione finanziaria e monopolio brevettuale insieme a preoccupazioni di allarme per la salute dei consumatori”.
Manifesto
in favore della cultura del cibo di qualità e contro il cibo artificiale e di laboratorio
L’agricoltura si basa sul ciclo biologico di piante, animali e microrganismi del suolo.
Imporre un processo e un ritmo di produzione al di fuori dell’alleanza con la natura significa manipolare la vita. Oggi c’è chi propone di sostituire le attività di coltivazione e di allevamento con tecnologie artificiali approdando a cibi alternativi ignoti e potenzialmente dannosi.
Tecnologie che minacciano di sperperare la sapienza acquisita in una storia millenaria e di compromettere l’equilibrio tra sistema alimentare, natura e uomo che ha una delle sue migliori espressioni nella Dieta Mediterranea.
In particolare, in alcuni Paesi, grazie a ingenti finanziamenti di imprese multinazionali, si sta puntando sulla carne prodotta in laboratorio da cellule muscolari o staminali utilizzando tecniche di ingegneria dei tessuti. Un’operazione portata avanti con la menzognera rappresentazione, affidata al marketing, di improbabili vantaggi ambientali. Tale scommessa tecnologica ha, tuttavia, come conseguenza la scomparsa delle tradizionali operazioni agricole ancorate ad una cultura di comunità, al ritmo delle stagioni alle caratteristiche distintive dei luoghi: è una scommessa sulla fine del cibo inteso come valore e cultura delle comunità.
Questo approccio alla produzione nega la complessità delle attività che, partendo dal campo e dalla stalla, specialmente in base al metodo biologico o biodinamico, hanno tenuto in relazione ed elevato a sistema i rapporti tra lavoro, cultura, ambiente, gusto, nella protezione della biodiversità agricola e non solo e nella costruzione di una salute unica. Sarebbe un passo verso un’agricoltura senza agricoltori, il che significa non solo danneggiare l’ecologia e il paesaggio, risultato di equilibrate e lente trasformazioni – delle malghe alla transumanza –ma anche rinunciare all’eredità che forma, in una varietà di saperi e conoscenza, il nostro patrimonio agroalimentare.
Nel segno di una reale transizione ecologica, quindi, l’obiettivo non può essere quello di cancellare il sistema agricolo considerandolo come un inutile intralcio al profitto.
Il futuro della produzione e del consumo di carne non sta nei laboratori delle multinazionali, ma nelle aziende agricole capaci di restare fedeli ad un’idea di rispetto e rigenerazione delle risorse naturali. Con questo obiettivo, dobbiamo accompagnare le aziende attente alla propria impronta ecologica, affinché siano protagoniste di un percorso di trasformazione che porti a una produzione sempre più sostenibile e a una contestuale riduzione dei consumi, sempre nel segno di quella “salute unica” che la recente pandemia ha dimostrato non essere più rimandabile.
Contro gli interessi predatori dei fondi di investimento e di un’industria che genera malnutrizione, problemi di salute ed elevati rischi per la sicurezza delle filiere – com’è stato in passato con la mucca pazza o gli organismi geneticamente modificati – vogliamo dunque riappropriarci del legame indissolubile che il nostro cibo quotidiano ha con la terra e la natura: consapevoli che la pressione per il consumo di beni artificiali, in un quadro insufficiente di regole, calpesta l’orgoglio di chi fa agricoltura nel rispetto del suolo, dell’ambiente e dei consumatori e produce cibo buono, pulito e giusto facendo grande il nostro made in Italy.
Per questo, Ti chiedo di sottoscrivere, insieme a noi, il Manifesto di resistenza alle minacce per il futuro del cibo che arrivano dall’industria cellulare, per rilanciare un modello di produzione e consumo sostenibile per tutto il vivente.
A Parma si può firmare presso la sede di VAS in Borgo Santa Caterina 3/a