Luigi Scordamaglia, il no in Italia alla carne artificiale è la giusta applicazione del principio di precauzione
In Italia le attività zootecniche negli ultimi 10 anni non solo non hanno impattato sull’ambiente, ma hanno contribuito a raffreddare l’atmosfera con emissioni ricalcolate cumulativamente a – 49 milioni di tonnellate di CO2 equivalente”.
Il dato, basato sulle revisioni delle metriche da parte del team di fisici dell’atmosfera dell’Università di Oxford, è stato messo in evidenza durante la conferenza stampa di presentazione del volume “Carni e salumi: le nuove frontiere della sostenibilità”, scritto dagli studiosi Elisabetta Bernardi, Ettore Capri e Giuseppe Pulina.
Il libro è edito da Franco Angeli con il contributo di Carni Sostenibili, organizzazione no profit che riunisce le associazioni dei produttori di carni e salumi italiani con lo scopo di promuovere un consumo consapevole e la produzione sostenibile degli alimenti di origine animale. All’evento, insieme agli autori, è intervenuto anche Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. Le caratteristiche sostenibili della filiera carni in Italia sono state sottolineate nei loro interventi dai professori Pulina e Capri.
“Oggi l’agricoltura pesa per il 7,8% sul totale delle emissioni climalteranti – ha spiegato Giuseppe Pulina, professore di Etica e Sostenibilità degli Allevamenti all’Università di Sassari e presidente di Carni Sostenibili – di queste il 3,5% sono imputabili alle filiere della carne, escluso latte e uova”. Secondo i dati Ispra 2023, infatti, i settori le cui emissioni maggiormente impattano sul clima restano Energia e industria energetica (55,0%) e Trasporti (24,7%). “Ma quello che è più importante – ha aggiunto il professore – è che quando si parla di impatto ambientale della zootecnia dobbiamo cominciare a ragionare in un’ottica di equilibrio: in questo comparto, infatti, emissioni e sequestro delle stesse avvengono nello stesso posto e nello stesso momento”.
Ettore Capri, professore di Chimica agraria presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha ricordato come il sistema zootecnico Made in Italy sia un modello avanzato di economia circolare:“Negli ultimi anni –ha detto Capri -abbiamo assistito a una progressiva presa di coscienza del comparto che ha metodicamente provveduto a rigenerare le risorse e a diminu ire gli scarti”. Oggi, infatti, l’Italia è il 4° produttore al mondo di biogas, dopo Germania, Cina e Usa. “Questo ha contribuito – ha sottolineato il professore -a un enorme risparmio delle emissioni consentendoci di accumulare un know how elevato che ci porta a produrre più energia con meno biomasse”.
Nello stesso senso va lo sviluppo delle attività di Carbon Farming: “Si tratta di una serie di pratiche agricole volte alla produzione alimentare –ha aggiunto Capri – che nel contempo sono in grado di sequestrare con maggiore efficienza il carbonio atmosferico. È un processo naturale ecosistemico che l’allevamento del bestiame intensifica grazie al ruolo primario svolto dalla produzione di sostanza organica da destinarsi al suolo secondo un principio di economia circolare delle risorse e lo sviluppo di comunità energetiche sui territori”.
Luigi Scordamaglia, Consigliere Delegato di Filiera Italia, nel suo intervento ha ricordato la necessità di mantenere vivo il legame fra terra e produzione del cibo: “La risposta alla domanda di sostenibilità non può essere quella di smantellare le attività agricole e delegare ai laboratori la produzione di quello che mangiamo”.
E in particolare sulla carne artificiale ha osservato che: “Secondo FAO e OMS esistono almeno 53 potenziali pericoli per la nostra salute legati al possibile consumo di carne artificiale, mancano gli studi necessari che dicano che il consumo di questo prodotto, addizionato di ormoni, antibiotici e antimicotici necessari per farla crescere, non comporti rischi”. Scordamaglia ha inoltre rilevato come il divieto alla produzione e alla vendita in Italia di carne artificiali “tutela il consumatore in questo senso. Lungi dall’essere una battaglia di retroguardia è la giusta applicazione di un principio valido in tutta l’Ue, il principio di precauzione”. E sugli impatti della carne artificiale ha sottolineato che “recenti studi più accurati ci dicono che la produzione di carne artificiale attraverso bioreattori potrebbe avere un impatto climalterante fino a 25 volte superiore a quello della carne naturale”.
Il volume “Carni e salumi: le nuove frontiere della sostenibilità” prende spunto da un primo studio interdisciplinare pubblicato nel 2018 per descrivere i “5 volti” della sostenibilità delle carni, rappresentati da altrettanti capitoli: la nutrizione, gli impatti ambientali e l’economia circolare applicata agli allevamenti e all’industria, la sicurezza alimentare e il benessere animale, gli aspetti economici delle filiere e la lotta allo spreco del cibo.
A distanza di cinque anni, la revisione da parte degli autori ha permesso la pubblicazione di questo nuovo testo che approfondisce e illustra le importanti novità scientifiche e tecnologiche emerse di recente: dalle modalità di calcolo più accurate degli impatti ambientali alla preservazione delle biodiversità; dal ruolo degli allevamenti nella transizione ecologica alle nuove opportunità della bioeconomia e dell’economia circolare, oltre alle novità dal mondo scientifico sui temi della nutrizione e della salute.