L’importante tematica è stata affrontata nella tavola rotonda “Come il bio diventa attraente” organizzata dal Consorzio Marche Biologiche al Monastero di Montebello, a Isola del Piano (PU). L’iniziativa è stata promossa dal Consorzio Marche Biologiche nell’ambito del progetto di filiera regionale

L’Italia, pur essendo uno dei Paesi europei con la maggiore superficie agricola dedicata al biologico (quasi il 20%), resta indietro nella spesa per il bio, fermandosi al 3,5% dei consumi

 

Come e cosa fare per rendere i prodotti biologici più desiderabili per gli acquirenti? Perché i consumi non crescono secondo le aspettative nonostante i progressi nella regolamentazione, nella comunicazione e nell’efficientamento del comparto? Solo colpa del greenwashing, cioè dell’ecologismo di facciata?

Questi sono alcune delle questioni che hanno guidato la tavola rotonda “Come il bio diventa attraente”, organizzata dal Consorzio Marche Biologiche al Monastero di Montebello, a Isola del Piano (PU), in occasione delle giornate di incoming per i professionisti della comunicazione.

In Italia grande superficie agricola dedicata al biologico ma bassissimi i consumi bio

L’incontro, moderato da Michele Dotti, scrittore e formatore, direttore “L’Ecofuturo Magazine”, ha visto interventi significativi tra cui quello di Rosa Maria Bertino, fondatrice di  Bio Bank, che, dati alla mano, ha evidenziato come l’Italia sia al primo posto per le esportazioni di prodotti biologici, seguita da Spagna e Francia. Tuttavia, i consumi interni dei prodotti bio made in Italy rimangono fermi al 3,5%.

«È evidente come il comparto biologico abbia bisogno di fare il punto su cosa rappresenta e lavorare sulle criticità emerse negli ultimi anni- ha poi dichiarato Francesco Torriani, presidente del Consorzio Marche Biologiche – Servono politiche mirate per sostenere una maggiore aggregazione della filiera produttiva, un’informazione migliore al consumatore e incentivi per stimolare la domanda di prodotti biologici, soprattutto nel mercato interno».

Francesco Salustri, ricercatore del Dipartimento di Economia presso l’Università Roma Tre, ha invece posto l’attenzione sulla necessità di rendere accessibili le informazioni di interesse per il consumatore attraverso un “portafoglio elettronico”.

Invece Angela De Marco, brand strategist e membro di Creatives for Climate, parlando del gap tra intenzioni di acquisto e consumi reali del biologico, ha messo in luce le difficoltà di distinguere i prodotti bio dagli altri e la necessità di una vera educazione al biologico.

Presidente Girolomoni: “indispensabile un’educazione al bio e coltivare la relazione tra consum-attori e produttori” 

«Ogni giorno riflettiamo sul divario tra intenzioni e acquisti reali di prodotti bio per capire cosa frena i consumi- ha affermato Giovanni Battista Girolomoni, presidente della Cooperativa agricola Gino Girolomoni – Non può essere solo una questione di prezzo, c’è dell’altro. Sicuramente – ha proseguito Girolomoni  è necessaria un’educazione al biologico che coinvolga le scuole e una comunicazione più efficace, inclusiva e autentica realizzata in sinergia con chi fa informazione, con chi educa e con le istituzioni. E soprattutto, è importante continuare a coltivare la relazione tra consum-attori e produttori». Infine Alessandro Cascini, fondatore dell’azienda agricola Semi di Zucca, ha condiviso la sua esperienza nel mondo dell’economia solidale.

Cooperativa agricola Gino Girolomoni: una realtà consolidata con oltre 400 soci

Nella due giorni a Isola del Piano, terra che ha dato i natali a Gino Girolomoni, pioniere dell’agricoltura biologica in Italia già oltre 50 anni fa, i partecipanti hanno potuto scoprire le Marche, regione tra le più avanzate in Europa nel settore biologico, e conoscere la filiera cerealicola biologica, che dal seme arriva alla produzione di pasta. Un’occasione anche per visitare la Gino Girolomoni Cooperativa agricola, vincitrice del premio Eu Organic Awards 2024 nella categoria “Migliore PMI di trasformazione alimentare biologica”.

L’azienda marchigiana, portata avanti dopo la scomparsa di Gino dai tre figli e dagli oltre 400 soci, è l’unica realtà italiana a gestire tutto il processo di produzione della pasta, dal campo alla tavola. Il grano bio coltivato in gran parte nelle Marche, viene macinato nel mulino e poi trasformato nel vicino pastificio di proprietà, situati sulla collina di Montebello.