Emidio Pepe è stato premiato a Milano (uno dei tre Premi Slow Wine) durante la presentazione della Guida del vino 2023 di Slow Food
Questa la motivazione del premio alla carriera
“Dal 1964 Emidio Pepe porta avanti con ostinata convinzione un modello agricolo radicato nella più pura tradizione contadina abruzzese, fondato sul rispetto della terra, la salvaguardia della biodiversità e una artigianalità nella lavorazione senza compromessi. La delicata cura per il suo mestiere l’ha reso immune alle mode, mentre la grande lungimiranza lo fa da sempre diffidare delle scorciatoie, soprattutto quelle chimiche. Convinto dell’immenso potenziale dei vitigni locali e della necessaria attenzione alla vita e alla fertilità del suolo ha fatto conoscere al mondo l’eccellenza del Trebbiano e Montepulciano d’Abruzzo con i suoi vini di carattere unico e forte senso del luogo, capaci di sfidare gli anni come pochi altri”.
La redazione di Gustoh24 si congratula con Emidio Pepe un grande rivoluzionario del vino. E’ una delle poche cantine in Italia che può contare con un legame così stretto con il proprio territorio ed è per questo che ancor oggi è una delle aziende simbolo per la produzione di vini abruzzesi.
Ripubblichiamo questo articolo di Carlo Petrini stato pubblicato giovedì 12 aprile 1983 su La Repubblica.
In passato le notizie sul mondo del vino, e i vini stessi, viaggiavano molto più lentamente che oggi. Non vi dico nella sperduta provincia di Cuneo, dove le bottiglie “straniere” bisognava andarle a cercare con il lanternino. Non rimaneva che una possibilità: partire alla scoperta delle enologie sconosciute, spesso verso la Francia ma ancora di più verso sud. Fu così che nel 1983 – non c’era ancora Slow Food, e nemmeno Arcigola, ma la nostra curiosità per quello che di buono si produceva in giro per l’Italia era già fortissima – partì insieme a Gigi Piumatti per un viaggio esplorativo lungo l’Adriatico, armati dell’unico strumento di cui disponevamo all’epoca: il Catalogo Bolaffi dei Vini d’Italia di Luigi Veronelli. Ci avventurammo nel mondo, per noi sconosciuto, del Montepulciano d’Abruzzo e il primo produttore che andammo a trovare fu Emidio Pepe: più ci avvicinavamo a Torano e più era evidente la rustica bellezza del luogo, che sembrava fatto apposta per fare del vino buono.
Ci accolse in casa dicendo che lui faceva uno tra i migliori vini del mondo. Lo ritenemmo subito un imperdonabile peccato di presunzione ma quando Emidio cominciò ad aprire alcune bottiglie capimmo che non scherzava: i suoi vini erano buonissimi, sanguigni, originali; vini dai sapori sublimi che non avevamo mai assaggiato. Lui disse che lo sapeva, perché lo dicevano anche a New York. «E tu che ne sai di cosa dicono a New York del tuo vino?». «Lo so perché ci sono stato». E così ci raccontò che aveva intrapreso un lungo viaggio, lui che praticamente non si era mai mosso dalle campagne circostanti Torano, perché voleva andare a vedere cosa dicevano del suo vino aldilà dell’oceano.
Mi rimase impresso questo desiderio di curiosità di un uomo che conosceva a memoria il più recondito angolo, e ogni più utile segreto, della sua terra e che voleva andare “a conoscere il mondo”; mi colpì la sua fierezza contadina, il suo fascino fatto di gesti semplici, di silenzi e di qualche illuminante sorriso.
Ci invitò a pranzare con la famiglia, così la moglie Rosa avrebbe avuto il tempo per preparare le bottiglie che volevamo acquistare: non capimmo subito cosa volesse dire, ma ci spiegò che da lui il vino si faceva in un modo molto semplice, che è poi lo stesso modo con cui viene fatto ancora oggi. Le uve vengono pigiate con i piedi e poi torchiate, quindi si lascia che il vino compia tutti i suoi processi nelle vasche di cemento, in maniera naturale, senza mai aggiungere o togliere nulla. Quando Emidio lo ritiene opportuno i vini finiscono in bottiglia e a questo punto si innesta una strana consuetudine, rimasta immutata nel tempo: una piccola parte della produzione viene messa subito in commercio mentre il resto viene riposto in cantina, accanto alle cataste di centinaia di migliaia di bottiglie che giacciono lì fin dalla prima vendemmia del 1964.
Quando si decide, su esplicita richiesta dei clienti, di mettere in commercio qualche piccola partita di bottiglie di vecchie annate queste vengono aperte e decantate, una ad una, in altro vetro; poi ritappate e confezionate di etichetta. Viene così eliminato il naturale deposito che si forma sul fondo: «filtrando il vino – ripete da sempre Emidio – si portano via tante buone proprietà, mentre la decantazione è molto più naturale: è il vino che decide ciò di cui privarsi, e quindi mantiene integra la sua personalità e il perfetto equilibrio raggiunto nel tempo; questo gli permette di vivere più a lungo…».
Ancora oggi da Pepe si fa così: le ritualità (e i segreti) della decantazione Rosa le ha trasmesse alle figlie Sofia e Daniela, che da tempo affiancano Emidio in cantina: sono queste donne ad assicurare che la forte determinazione maschile di Emidio, unita a una rara sensibilità, non vengano assolutamente tradite. Più di recente è la nipote Chiara che accompagna il nonno nei sempre più frequenti viaggi a New York, dove negli ultimi anni Pepe è diventato un divo, di cui parlano tutti i ristoratori e gli appassionati di vino.
Questo succede oggi, ma Emidio lo sapeva già trent’anni fa.