Un libro di Francesco di Vincenzo per Bordeaux sugli anni abruzzesi tra il 1953 e il 1982. Recensione di Lelio La Porta sul il Manifesto del 3 gennaio 2025

Alla proposta di pietanze di pesce piuttosto ricche Berlinguer chiede soltanto una fetta di prosciutto, venendo ripreso, in dialetto abruzzese

Il lavoro di Francesco Di Vincenzo I comizi e il miele. Quando Berlinguer andava in Abruzzo (1953 – 1982) (Bordeaux, pp. 212, euro 24, prefazione di Ugo Baduel, postfazione di Donatello Santarone) è la ristampa, in occasione del 40° anniversario della scomparsa del segretario comunista, di un libro del 1985, allora uscito per l’editore Medium di Pescara (l’autore, purtroppo, è morto proprio quando la ristampa era in fase di realizzazione).

Nella prefazione, datata settembre 1985, Baduel (che fu collaboratore stretto di Berlinguer, per fare un esempio, lo accompagnò nel viaggio in America centrale e a Cuba nell’autunno del 1981 e scrisse, il 12 maggio del 1984 su «l’Unità», l’articolo che ne annunciava la morte: È morto ieri Enrico Berlinguer, un comunista, un grande italiano, un leader della sinistra europea. Mancherai a tutti) fa presente che Berlinguer gli era molto simpatico e altrettanto lo era a Di Vincenzo, quasi a voler dire che i tredici viaggi in Abruzzo, che costituiscono l’oggetto del volume, propongono l’immagine di un leader politico ma anche di un uomo assolutamente disponibile, pronto a sedere a tavola con le compagne e i compagni (anche se non sempre predisposto ad accettare il cibo abruzzese che, in alcuni casi, come in quello delle salsicce di fegato, gli risultava piuttosto pesante) e a discutere con loro del mondo e della sua concezione del mondo. Ma chi erano queste compagne e questi compagni? Lo ricorda Santarone nella postfazione: «operai, contadini, braccianti, artigiani, impiegati, insegnanti, intellettuali, giornalisti, sindaci e amministratori, funzionari di partito» che costituivano una comunità, il popolo comunista, che dialogava con il Segretario. A questa comunità Berlinguer si rivolgeva il 31 maggio del 1981 in un comizio a Giulianova indicando l’obiettivo dell’azione politica sua e del Pci: «Alla prospettiva di una società nuova, non più capitalistica, avviata verso il socialismo, noi non rinunceremo mai». L’applauso, come riferisce Di Vincenzo nel suo racconto, fu «lungo, fragoroso ed entusiastico».

IL TITOLO DEL LIBRO rimanda, da una parte, ai comizi che Berlinguer tenne in Abruzzo e, dall’altra, al miele, un prodotto delle api transumanti di Tornareccio, in provincia di Chieti, che gli venne consegnato, in occasione di un comizio nel maggio del 1982, in un cesto rustico costruito da un contadino di 90 anni di nome Aminta a proposito del quale l’autore scrive che un nome simile si doveva al fatto che «leggevano Tasso nelle nostre campagne, prima che la tv si appropriasse anche le serate contadine». Emblematico l’incontro a Chieti, sempre nel maggio del 1982, con un operaio sassarese in cassa integrazione della Farad, un’industria chietina, da trent’anni in Abruzzo. Il dialogo avviene in sardo, suscitando una certa sorpresa in Berlinguer che si trova «a parlare il dialetto natio nel cuore dell’Abruzzo» (sia a L’Aquila nel 1972 sia ad Avezzano nel 1976 ricorderà le profonde somiglianze fra il carattere e il temperamento degli abruzzesi e dei sardi). Il Segretario volle sapere della famiglia dell’operaio, della sua vita e gli chiese cosa ne pensasse del partito: «mi sembrò davvero enorme che lui chiedesse a me un giudizio del genere», chiosò l’operaio.

QUALCHE PROBLEMA  Berlinguer lo mostra con il dialetto abruzzese quando, nel corso di una cena, gli vengono proposte pietanze di pesce piuttosto ricche e chiede soltanto una fetta di prosciutto, venendo ripreso, in dialetto locale, dal proprietario del ristorante che non si capacita del fatto che uno che comanda un partito così grande mangi così poco pur essendo già minuscolo per proprio conto. Tutto questo veniva tradotto al segretario che scoppiò a ridere.
Sono alcuni degli episodi raccontati nel volume dai quali emerge con nettezza la capacità di ascolto del Segretario, la sua messa in pratica di quell’indicazione gramsciana secondo la quale l’intellettuale, che è politico nel caso particolare, sa e comprende ma anche sente il popolo e le sue esigenze, sente «le passioni elementari del popolo, comprendendole e quindi spiegandole e giustificandole nella determinata situazione storica»; perciò, «non si fa politica-storia senza questa passione, cioè senza questa connessione sentimentale tra intellettuali e popolo-nazione».
Il 7 maggio del 1984 un terremoto colpì diverse località della provincia aquilana. Berlinguer si interessò telefonicamente presso la federazione comunista del capoluogo abruzzese e promise che sarebbe andato sui luoghi del sisma dopo le elezioni europee. Questa visita, che sarebbe stata la quattordicesima in Abruzzo, non si realizzò, però, mai.