Ecco il nuovo Food Sustainability Index, sviluppato da The Economist Impact con Fondazione Barilla
Continua la perfomance positiva dell’Italia nella lotta agli sprechi alimentari. Il nostro Paese infatti è al primo posto per le azioni intraprese, mentre nella filiera produttiva perde “solo” il 2% del cibo. A sottolinearlo il nuovo Food Sustainability Index, il rapporto sviluppato da The Economist Impact in collaborazione con Fondazione Barilla.
Uno studio che analizza il rapporto tra cibo, salute e ambiente in 78 Paesi (pari a oltre il 92% della popolazione mondiale) prendendo in considerazione 38 indicatori legati a temi sociali, ambientali ed economici.
Gli sprechi alimentari in Italia
Nella lotta agli sprechi alimentari, oltre all’Italia, i 4 Paesi con le migliori politiche in atto sono Francia, Stati Uniti, Germania e Argentina. A livello mondiale, le perdite di cibo tra i primi 19 classificati non superano il 3% della produzione alimentare totale, rispetto alla media generale del 6%. Nel nostro Paese, in particolare, si stima che lo spreco pro capite annuo a livello domestico sia di circa 67 Kg. Lo spreco nella ristorazione ammonta invece a circa 26 Kg mentre nella distribuzione è di circa 4 Kg pro capite l’anno.
“Il nuovo FSI mostra ampi margini di miglioramento nelle performance globali in materia di sostenibilità alimentare e stato della nutrizione. L’Italia è sulla buona strada e, nella lotta allo spreco alimentare, che a livello globale riguarda un terzo del cibo prodotto, possiamo essere presi come riferimento dal resto del mondo”, spiega Marta Antonelli, Direttrice della Ricerca della Fondazione Barilla, “Per quanto riguarda gli sprechi alimentari dal campo alla tavola, l’Italia è infatti al secondo posto dopo il Canada, anche grazie a iniziative, strategie e politiche che hanno agito per contrastare il fenomeno. Tra queste, la Legge e Gadda che ha facilitato, anche tramite agevolazioni fiscali, la donazione delle eccedenze alimentari alle Onlus”.
Questo intervento normativo, riconosciuto come best practice a livello mondiale, ha prodotto subito risultati tangibili: solo nel primo anno di entrata in vigore della legge (2016-2017), le donazioni di cibo alle Onlus sono aumentate del +21%.
In agricoltura sostenibile – e in particolare nell’ambito del consumo idrico – possiamo attenderci nei prossimi anni importanti miglioramenti. Come molti paesi del Mediterraneo, infatti, in Italia la “pressione sulle risorse di acqua di superficie e di falda per la produzione alimentare” è piuttosto alta; per questa ragione attualmente il nostro score appare abbastanza in linea con la media mondiale: 65,8 contro il punteggio medio di 70,3. Le politiche e iniziative in atto per promuovere l’irrigazione sostenibile, però, fanno ben sperare per il futuro, in linea anche con il recente Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che contiene una sezione dedicata alla “Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche”, nonché obiettivi specifici per l’efficienza delle risorse idriche nel settore agricolo.
La sostenibilità alimentare nel resto del Mondo
Nonostante lo spreco alimentare sia un grave problema globale, meno di un terzo (il 28%) dei Paesi analizzati dal FSI dimostra di possedere una strategia dedicata al tema. In questo ambito, i cinque Paesi con le migliori politiche in atto sono Francia, Italia, Stati Uniti, Germania e Argentina. A livello mondiale, le perdite di cibo tra i primi 19 classificati non superano il 3% della produzione alimentare totale, rispetto alla media generale del 6%. Anche i rifiuti alimentari domestici sono al di sotto della media (85 kg di cibo sprecato pro capite all’anno) in quasi 40 paesi del FSI.
In agricoltura sostenibile, il FSI dimostra che esistono ancora ampi margini di miglioramento: per esempio, meno del 50% di tutti i Paesi analizzati stanno inserendo il tema dei cambiamenti climatici nelle loro politiche. I Paesi con i risultati migliori in questo pilastro includono Finlandia, Estonia, Austria, Tanzania e Svezia.
Infine, Giappone, Svezia, Danimarca, Francia e Cina sono i primi cinque Paesi con le migliori performance per l’area delle sfide nutrizionali, che include aspetti come la qualità della vita, carenze di nutrienti, aspettativa di vita, malnutrizione e composizione della dieta. Questa è probabilmente l’area che, più di altri, mette in luce le differenze che ancora caratterizzano i Paesi ad alto e basso reddito: infatti, 19 dei 20 Paesi con i migliori risultati sono Paesi ad alto reddito, in cui le diete sane e sostenibili sono economicamente accessibili alla popolazione. Tuttavia, solo 7 di questi 19 paesi includono l’aspetto della sostenibilità della dieta nelle linee guida alimentari nazionali.
“I risultati dell’Indice di sostenibilità alimentare 2021 evidenziano che i Paesi di tutto il mondo hanno ancora molto da fare per affrontare le sfide chiave dei sistemi alimentari”, ha sottolineato Martin Koehring, Senior Manager dell’Economist Impact. “La nostra ricerca mostra che gli sforzi per affrontare la sostenibilità alimentare si affiancano agli sforzi per affrontare altri obiettivi chiave, sociali ed economici, come lo sviluppo umano, lo sviluppo sostenibile, l’uguaglianza di genere, la spesa sanitaria e il sostegno all’innovazione”.
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