Si è concluso a Bormio il 6° Forum Food & Beverage promosso da The European House Ambrosetti, che ha ospitato oltre 100 manager dell’industria alimentare, politici, esperti, ospiti internazionali e campioni dello sport.
Un vero e proprio “Summit del Food”, paragonabile per il settore all’appuntamento economico di Cernobbio, “per fare il punto su un comparto florido, che rappresenta un asset strategico per il Paese, ma che in questo momento è costretto ad operare in un contesto turbolento e caratterizzato da cinque fattori di rischio che, sommati tra loro, danno luogo a una possibile ‘tempesta perfetta’” sottolineano gli organizzatori in una nota.
Export e sostenibilità in primo piano, ma anche ricchezza locale, vera e propria peculiarità e punto di forza di un made in Italy che, sull’esempio proprio della Valtellina, può e deve puntare sul legame tra il territorio, la salute e lo sport.
La Sostenibilità è minata dallo spreco di cibo
La sostenibilità del sistema agroalimentare, secondo lo studio Ambrosetti, è minata anche dallo spreco. In Italia vanno persi 89 chili di cibo per persona l’anno (5,3 milioni di tonnellate totali), la maggior parte dei quali si concentra negli ambiti finali: la ristorazione raggiunge l’8,6% di sprechi, il settore commerciale il 4,8%, il consumatore spreca l’ 8%.
Tra le iniziative che si svolgeranno quest’anno da segnalare la Campagna dell’associazione ambientalista VAS – Verdi Ambiente & Società che ha per titolo: MANGIASANO, Senza Sprechi e con Politiche del Cibo Sostenibili e di Qualità”. L’iniziativa di Milano al Casello Giallo (su Gustoh24)
Al Forum si è anche svolto un dibattito sul rapporto salute e cibo, tema già al centro del Forum 2021, dal tema: “Alimentazione e salute: quali sfide per i prossimi anni” con la partecipazione del dietologo e nutrizionista, Presidente del comitato nazionale sulla sicurezza alimentare del ministero della Salute nonché dietologo ufficiale Juventus F.C., Giorgio Calabrese, di Mauro Bonati, DG Yakult Italia e di Giovanni Zucchi, Amministratore Delegato Oleificio Zucchi. Un confronto su un tema attualissimo di cui torneremo nei prossimi giorni.
“La Roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni”
Sotto i riflettori una situazione di mercato complessa, uno scenario pesante su cui si aggiunge l’inflazione, i costi delle materie prime e una pandemia ancora in corso. “Il comparto agroalimentare italiano deve accelerare i tempi della transizione verso la sostenibilità d’impresa, sempre più urgente e necessaria per contrastare criticità incombenti nell’interesse dell’intero Paese– ha spiegato Valerio De Molli, Ceo di The European House– lavorando anche sulla dimensione delle aziende italiane in ottica di consolidamento”.
SEI PRIORITA’
Sono sei i filoni cruciali per il rilancio della competitività della filiera agroalimentare. Favorire la sburocratizzazione del settore per lo sblocco degli investimenti e lo sfruttamento dei fondi pnrr, sostenere e incentivare, anche fiscalmente, il consolidamento del settore food&beverage per incrementarne la competitività, anche a livello internazionale, combattere il fenomeno dell’italian sounding e promuovere le esportazioni delle eccellenze nazionali, rafforzare le filiere made in italy per ridurre la dipendenza dall’estero in un’epoca di continui shock esogeni, soprattutto per i settori agricoli con bilancia commerciale negativa, accelerare l’adozione di politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici e implementare politiche di sensibilizzazione ed educazione alimentare nella patria della dieta mediterranea, a partire dalle giovani generazioni.
ASSE PORTANTE
Un asse importante dell’economia nazionale, la filiera agroalimentare è la prima per contributo al PIL nazionale con 65 miliardi di euro di valore aggiunto, genera un fatturato totale di 204,5 miliardi di euro, con un incremento del 3,8% dal 2015, mentre oltreconfine nel 2021 l’export di prodotti agroalimentari ha segnato il record storico raggiungendo la soglia dei 50,1 miliardi di euro (il 10,8% in più rispetto al 2020), permettendo alla bilancia commerciale di registrare un surplus pari a 3,3 miliardi di euro. Il vino si è confermato prodotto italiano più venduto all’estero con una market share sull’export pari al 14,3% e un giro di affari di 7,1 miliardi di euro. Un settore che offre lavoro a 1,4 milioni di persone (di cui 483.000 nell’industria del Food&Beverage e 925.000 nel comparto agricolo), ma non mancano le criticità. Nel 2020 Lo studio di The European House – Ambrosetti ha mostrato una maggiore resilienza nei confronti della pandemia, subendo complessivamente una perdita contenuta del Valore Aggiunto dell’1,8%, ma ha rilevato che nel 2021 è cresciuto meno degli altri principali comparti, registrando una progressione del 6,2%, facendo meglio solo dell’industria farmaceutica (+2,2%).
EXPORT E INFLAZIONE
Guardando l’export, la performance dell’ultimo biennio 2019-2021 evidenzia un incremento del 13,6% che colloca l’agroalimentare al terz’ultimo posto nel ranking delle principali filiere italiane. Il Paese è inoltre solo 5° in Unione Europea per valore delle esportazioni alimentari, pari al 65% dell’export tedesco e al 72% di quello francese. Una performance che non migliora guardando all’incidenza dell’export agrifood sul totale, pari al 9,7%, metà della quota spagnola e il 70% di quella francese. Un settore obbligato a operare in un contesto turbolento e caratterizzato da cinque fattori di rischio: la pandemia globale, lo scoppio della guerra, l’impennata dell’inflazione, l’esplosione dei costi energetici e di logistica, l’interruzione di alcune filiere di approvvigionamento. Di attualità la preoccupante costante ascesa dell’inflazione, mai così alta negli ultimi 30 anni, che rallenta la crescita delle imprese. Il conflitto russo-ucraino ha contribuito non poco al fenomeno aggiungendo un problema di reperibilità di alcune materie prime di cui il nostro paese è molto carente con nuovi rischi per alcune filiere agroalimentari chiave del Paese: infatti, l’Ucraina è 1° fornitore di olio di girasole per l’Italia, 1° fornitore di semi e 2° fornitore di mais e elementi nutritivi per le coltivazioni, con pesi sul totale dell’import che vanno dal 15% fino al 63%.
MATERIE PRIME
La carenza di materie prime agricole è un gap che nel 2021 si è ulteriormente ampliato. Lo scorso anno l’Italia ha aumentato di 1 miliardo di Euro ulteriore la sua dipendenza da materie prime agricole, raggiungendo un deficit commerciale complessivo di 8,5 miliardi di Euro nel 2021. Dal 2010 al 2021, l’Italia ha perso oltre 85 miliardi di PIL proprio a causa di questa situazione che lo vede costretto ad acquistare da paesi terzi i prodotti necessari in ambito di produzione agricola. Risalta la scarsità di cereali reperibile a livello nazionale, che comporta un deficit della bilancia commerciale di quasi 5 miliardi di euro, ma si bussa alla porta di fornitori stranieri anche per il pesce lavorato (-4,4 mld) e i prodotti ittici (-1,2 mld), la carne lavorata (-3,6) e gli oli e i grassi (-2,7), molti di questi proprio provenienti da Ucraina e Russia. Ad incidere sul basso livello della competitività della filiera agroalimentare italiana interviene, da un lato, la frammentazione delle imprese della nostra Penisola (il 92,8% fatturano meno di 10 milioni di euro), e dall’altro il fenomeno dilagante dell’Italian Sounding a cui nella seconda giornata del Forum verrà dedicata un’approfondita e innovativa ricerca.
(R)EVOLIZIONE SOSTENIBILE
A Bormio tra i vari appuntamenti è stata presentata la ricerca “La(R)evoluzione Sostenibile della filiera agroalimentare italiana” da Benedetta Brioschi, Responsabile Scenario Food&Retail&Sustainability di The European House – Ambrosetti, che ha coordinato il dibattito con Giovanni Battista Valsecchi, DG, Generale Conserve (Asdomar), Eugenio Sapora, Country Manager Italia, Too Good To Go, Katja Seidenschnur, Sustainability Director Europe, Nestlè, in videoconferenza, Davide Franzetti, Country Sales Director, Coca-Cola HBC Italy, Pompeo Farchioni, Presidente, Farchioni Olii. Un’analisi approfondita dalla quale sono emersi parecchi indicatori utili, che evidenziano come la filiera debba rispondere alle mutate esigenze dei consumatori, confrontandosi con uno scenario caratterizzato da elementi di criticità che coesistono con lo sviluppo di risposte tecnologicamente innovative. Il maggior rispetto per l’ambiente è un tema molto sentito per il 70% dei cittadini nel 2021 (+22 punti percentuali rispetto al 2015). In Italia le pratiche più richieste sono la riduzione del consumo di plastica (90%) e la transizione a packaging sostenibile (89%).
INNOVAZIONE
Trasparenza e tracciabilità, sono questi i due concetti chiave emersi al Forum Ambrosetti di Bormio. Soluzioni tecnologiche come la Blockchain e lo Smart Label sono sempre più richieste, andando incontro a crescenti esigenze, con costante tracciamento e accumulo di dati. L’innovazione impatta su tutte le fasi della filiera e il nostro Paese si dimostra all’avanguardia, l’Italia è al 4° posto nel mondo per densità di robot attivi nella produzione alimentare, con 210 startup FoodTech che costituiscono il 17% del totale europeo. L’agroalimentare si candida come guida per il Sistema Paese verso una sostenibilità che coinvolge la dimensione economica, sociale e ambientale.
Dalla ricerca di The European House – Ambrosetti. emergono cinque sfide preminenti per la filiera agroalimentare. Aumento della popolazione mondiale, con conseguente impatto della filiera agroalimentare sugli ecosistemi ambientali. Condizioni meteorologiche che danneggiano la filiera agroalimentare.
Spreco alimentare e dipendenza dall’estero della filiera agroalimentare italiana per l’approvvigionamento di materie prime agricole, che provoca un deficit commerciale del settore agricolo cumulato di 85,8 miliardi di Euro dal 2010 al 2021. Una situazione con ricadute significative sulla filiera, derivante da una forte esposizione all’andamento della produzione e dei prezzi delle materie prime dal resto del mondo e quindi da una crescente vulnerabilità a shock di approvvigionamento per alcuni prodotti chiave alla base della catena di lavorazione italiana.
I consumi e la distribuzione
“Lo scenario dei consumi: uno specchio del cambiamento”
Quali gli impatti di una situazione impensabile fino a poco tempo fa sui consumi? Sono lo specchio del cambiamento secondo Giuseppe Stigliano, CEO Spring Studios, Docente di Marketing, UCL Business School, London, collegato in videoconferenza.
Cambiamento che spinge a una riflessione anche sul futuro del retail a cui hanno partecipato, confrontando diverse “visioni”, importanti protagonisti della distribuzione moderna: Marco Pedroni, Presidente di Coop e ADM Associazione Distribuzione Moderna, e Francesco Avanzini, Direttore Generale di Conad. Sul fronte dei social la parola ad Adriano Accardo a capo di Tik Tok Italia.
“Siamo di fronte a un’inflazione cattiva, esogena, che impatta fortemente e in modo asimmetrico sui consumatori e sulle imprese. Il settore del Largo Consumo –ha detto Marco Pedroni, Presidente, Coop Italia; Presidente, ADM- sarà sottoposto a una forte pressione per la contrazione dei consumi, che presumibilmente causerà squilibri importanti perché ci saranno imprese in grado di ricollocarsi mentre altre saranno costrette a difendersi. I costi stanno aumentando velocemente ed è facile prevedere un’inflazione su base annua superiore al 10%. Le imprese della distribuzione si trovano in uno straordinario cul de sacper la necessità di andare incontro le esigenze dei consumatori, calmierando i prezzi. Tuttavia i comportamenti d’acquisto stanno già cambiando, all’insegna del nomadismo tra negozi o della scelta dei prodotti in base al prezzo. Auspico un intervento del Governo per difendere il potere d’acquisto intervenendo su cuneo fiscale e riducendo, almeno temporaneamente, l’IVA”.
“Ci troviamo in una situazione molto complessa che probabilmente diventerà strutturale di medio periodo a causa dei rincari dell’energia e dell’aumento dei costi delle materie prime. Gli impatti sui consumatori con redditi molto differenziati causeranno una frenata sensibile dei consumi. È già visibile una polarizzazione sul carrello della spesa verso scelte che privilegiano i prezzi più bassi – indirizzandosi verso prodotti a basso costo o verso i discount – perché il reddito disponibile per la spesa è già inferiore al 50%. In quest’ambito un ruolo importante potrà essere svolto dai prodotti della Private Label. Da parte nostra –ha sottolineato Francesco Avanzini, Direttore Generale operativo, CONAD– riteniamo necessario lavorare sulla differenziazione per diventare sempre più distributori di servizi, sfruttando anche le potenzialità del digitale e trovare le risposte a una situazione sociale caratterizzata da un ceto medio sempre più assottigliato. La Grande Distribuzione italiana ha già dimostrato la capacità di restare a contatto con i clienti e creare quel rapporto di fiducia imprescindibile caratterizzato dalla garanzia di qualità e trasparenza”.
L’Italian Sounding è il nemico numero uno del Made in Italy agroalimentare
Sono ragù (61,4%), parmigiano (61,0%) e aceto balsamico (60,5%) i prodotti più imitati e taroccati nel mondo. Lo rileva Ambrosetti e Assocamerestero. Continua qui su Gustoh24.