Fondazione Barilla ha presentato un’anticipazione del nuovo Food Sustainability Index mostrando le prime evidenze relative ai Paesi del G20
Dall’analisi si scopre che Canada e Giappone sono tra i Paesi più virtuosi, seguiti da Francia, Germania e Australia
Oltre 2 tonnellate di cibo sprecato ogni anno, ovvero l’equivalente di un SUV di grandi dimensioni: a tanto ammonta lo spreco di cibo di ogni persona che vive nei Paesi del G20. Eppure, nonostante a livello globale oltre 931 milioni di tonnellate siano gettate via, Paesi come Argentina, Australia, Canada e Stati Uniti si sono impegnati a raggiungere l’obiettivo ambizioso di ridurre del 50% le perdite di cibo che si verificano lungo la filiera entro il 2030. E ancora: guardando alle sfide nutrizionali, si scopre che tutti i Paesi del G20 hanno linee guida nutrizionali, ma solo quattro Paesi includono la sostenibilità come metrica di una dieta sana. Un indicatore importante in quanto sovra alimentazione e bassi livelli di attività fisica contribuiscono anche a ridurre l’aspettativa di vita e portano ad alti livelli di malattie legate all’alimentazione, nonché a un’ulteriore pressione sulla Terra e sulle risorse idriche. E mentre 13 Paesi hanno presentato nuovi rigorosi obiettivi per l’azione per il clima, solo due – Indonesia e Canada – hanno obiettivi specifici per il settore agricolo nei loro piani nazionali ai sensi dell’accordo di Parigi.
Sono queste alcune delle conclusioni che emergono dalla nuova edizione del Food Sustainability Index, l’indice mondiale che misura la sostenibilità dei sistemi alimentari attraverso i “pilastri” dello spreco alimentare, dell’agricoltura sostenibile e delle sfide nutrizionali, creato da Fondazione Barilla e dall’Economist Intelligence Unit (EIU) la cui anteprima dedicata ai soli Paesi del G20 – che in questi giorni sono in Italia per prendere parte all’incontro che precede il summit – sarà presentata oggi.
“Fixing food 2021: An opportunity for G20 countries to lead the way”
Il report è stato presentato oggi, 15 luglio, nel corso dell’appuntamento dal titolo: “Fixing food 2021: An opportunity for G20 countries to lead the way” alla presenza di ricercatori ed esperti internazionali che parleranno di sostenibilità dei sistemi alimentari proprio in relazione ai Paesi del G20. L’Index, infatti, nasce con l’obiettivo di diventare lo “strumento” utile ad aiutare i potenti della Terra a trovare soluzioni concrete per rendere ancora più sostenibili i nostri sistemi alimentari, fornendo anche delle best practice concrete che possano essere di ispirazione per tutti i Paesi.
Il commento di Marta Antonelli, Direttore della Ricerca di Fondazione Barilla
“I nostri sistemi alimentari (e la loro sostenibilità) svolgono un ruolo centrale per avviare la tanto auspicata transizione ecologica –ha dichiarato Marta Antonelli, Direttore della Ricerca di Fondazione Barilla– che metta al centro Persone, Pianeta e Prosperità. Questi contribuiscono fino al 37% delle emissioni di gas serra e richiedono alte quantità di energia dato che dipendono ancora molto dai combustibili fossili, senza considerare che la sola agricoltura utilizza il 70% di tutta l’acqua disponibile. Ecco perché, per rispettare gli impegni presi con la recente Dichiarazione di Matera adottata dal G20 sul fronte della sicurezza alimentare globale sarà necessario fare dei progressi su tutti e tre i pilastri del nostro Food Sustainability Index: spreco alimentare, agricoltura sostenibile e sfide nutrizionali. E i dati ci mostrano che ci sono ancora ampi margini di miglioramento. Sappiamo che i sistemi alimentari sostenibili sono parte integrante dei 17 SDG previsti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e, in questo senso, la leadership del G20 può guidare il cambiamento di trasformazione necessario per raggiungere obiettivi ambiziosi come la riduzione della fame, della povertà, fino alla lotta ai cambiamenti climatici”.
ITALIA TRA I “TOP PERFORMER”, MA EMERGONO ANCORA TROPPE DISPARITA’ TRA NORD E SUD
Da un’analisi approfondita sul nostro Paese, il Food Sustainability Index mostra come l’Italia sia tra i Paesi più virtuosi tra quelli del G20, sebbene vi siano ampi margini di miglioramento per essere ancora più sostenibili. Un esempio? Guardando allo spreco alimentare (sia domestico che lungo la filiera), si scopre che a conclusione del 2021 a livello pro capite ogni famiglia avrà gettato nella spazzatura 67Kg di cibo, i servizi di ristorazione altri 26 Kg e le vendite al dettaglio 4 Kg. Questo vuol dire che ogni cittadino italiano, in modo diretto o indiretto, al termine dell’anno sarà stato responsabile dello spreco di 97kg di cibo. Un discorso analogo si può fare guardando all’agricoltura sostenibile: se da una parte il nostro Paese è tra i top performer quando si parla di lotta alla deforestazione, emergono ancora grandi disparità tra Nord e Sud. Basti pensare che il Sud ha più terreni agricoli biologici rispetto al Nord, dove però l’agroindustria è più sviluppata, con una maggiore prevalenza di pratiche sostenibili. In merito alle sfide nutrizionali, invece, l’Italia all’interno delle proprie linee guida include la sostenibilità come metrica di una dieta sana. Infine, nonostante tutti i provvedimenti già introdotti – sia a livello di governance che privato – l’Italia è agli ultimi posti per quanto riguarda l’indicatore relativo al livello di esposizione e vulnerabilità agli eventi meteorologici estremi, a testimonianza che intervenire sui cambiamenti climatici sia un’urgenza da affrontare quanto prima e con la massima determinazione.
PAESI G20: CANADA E GIAPPONE AL TOP, DEVONO MIGLIORARE INDONESIA E ARABIA SAUDITA
Ma perché fare un focus sui Paesi del G20? Perché questi Paesi rappresentano l’80% della produzione economica mondiale e generano il 75% delle emissioni globali di gas serra. Spetta a loro l’opportunità e la responsabilità di aprire la strada alla sostenibilità alimentare. Ecco perché il Food Sustainability Index presenta uno spaccato della situazione attuale: solo Canada e Giappone hanno raggiunto risultati alti in tutti e tre i pilastri presi in esame, cui seguono Germania, Australia, Francia, Regno Unito e Italia. Un’importante eccezione – tra le grandi potenze – sono stati gli Stati Uniti, che anche a causa di alti livelli di consumo di carne pro capite e un elevato indice di conversione della terra per l’agricoltura, hanno ancora ampi margini per trasformare i loro modelli alimentari. A chiudere l’analisi dei Paesi, Indonesia e Arabia Saudita che, anche a causa di alti livelli di perdite, sprechi alimentari e prelievi di acqua, sono tra quelli che dovranno impegnarsi maggiormente.