Prende il posto di Antonio Zaccardi alla guida delle cucine del Pashà di Conversano (1 stella Michelin)

Prima di buttare giù queste righe scriteriate devo ricordare a me stesso di lasciar da parte il rapporto d’amicizia che mi lega a Michele, il fatto che sia un ragazzo umanamente eccezionale ed un giovane cuoco dal futuro luminoso. Un cuoco che ebbi modo di “tastare con mano” durante un’edizione di Emergente Chef, edizione in cui, da giurato, rimasi folgorato dalla genialità ponderata e quasi scientifica del piatto proposto. Qui – ribadisco a me stesso – vorrei esprimere una riflessione da addetto ai lavori distaccato e frequentatore seriale di ristoranti.

Michele Spadaro con Antonello Magistà, patron del Pashà

Consegnare a chef Spadaro il testimone pesantissimo e prestigioso del suo mentore Zaccardi è la soluzione più giusta, per tanti motivi. Una scelta di rottura (controllata), una scelta giovane e fresca ma allo stesso tempo collaudata, dato che il ragazzo conosce già la brigata, l’ambiente, i ritmi, le aspettative ed anche le seccature del tritacarne mediatico che si troverà a fronteggiare. Ma lo farà (in vero ha già imparato a farlo) con intelligenza e leggerezza, ne sono certo.

La scelta migliore possibile, una scelta che non può non sapere di futuro ma allo stesso tempo di passato, per contingenti e ovvie ragioni, in continuità con quello che il Pashà (da sempre una casa-ristorante) deve essere nell’immaginario di tutti.

Potenziale straordinario e mano collaudata, dunque, beh, che vuoi di più? Ah, già, un senso dell’empatia spiccato, empatia che, sia ben inteso, non è d’obbligo pretendere tra le skill di un cuoco… ma che aiuta. Michele è amorevole, ironico, sembra volerti far accomodare alla tavola di casa sua, una tavola magari rotonda, senza capo-tavola. Una tavola in cui tutti sono ben accolti.

Adesso avrei solo un suggerimento da dare, non a lui, quanto a me e a tutti i colleghi: lasciamolo lavorare in pace senza troppe pressioni, senza tirarlo in ballo in mirabolanti paragoni, perché non avrà un compito facile, questo è certo, come però è anche certo il supporto che costantemente otterrà dalle grandi figure di spessore e di esperienza che compongono la brigata del Pashá, Pashà che in questo suo corso 3.0 potrà veramente sorprenderci.

In ultimo, ho fatto anche un’altra riflessione strampalata in questo caldo pomeriggio d’inizio estate: lo scossone (controllato) che questa scelta avrà sul food-verse della nostra regione, una regione pigra quando le cose vanno bene, autocelebrativa quando vanno benissimo e miope, refrattaria ai cambiamenti, quando vanno male, uno scossone, dicevo, enorme, anche dal punto di vista filosofico/concettuale. I ristoranti d’alto lignaggio della nostra terra (storicamente sempre a conduzione familiare) quando han dovuto avvicinare un mago della pioggia “forestiero” hanno puntato sempre sull’usato sicuro, sul rischio 0, sulla grande firma fatta e finita, comprata in prestito all’asta del cuoco-mercato, per una consulenza o poco più. In questo panorama,  Spadaro, non si porterà sulla schiena solo il nome suo e del suo ristorante. A ben guardare, infatti, Michele si è fatto carico del riscatto di una intera generazione, la sua, la più osteggiata, criticata e vessata di tutte quando si parla di alta ristorazione qui in Puglia, quella composta da gente mai pronta o sempre troppo pronta, super timida o troppo spregiudicata, si, una Worst Generation composta da pigri, folli, lamentosi, incompresi, presuntuosi, saltimbanchi.

Tutte ca**ate ovviamente, la Worst Generation è tale solo per i soloni eh, per chi arriccia il naso con facilità, per gli habituè del “si stava meglio prima”, per i fan della nostalgia, per le varie congreghe e massonerie del cappero che se la cantano e suonano senza essere ascoltati da nessuno. Una W-Gen tutta da scoprire. Infatti v’è più di qualche nome da assoldare in questa ipotetica ciurma di cuochi scapestrati. Pirati dei fornelli che dal Gargano al Salento, dalla foresta Umbra all’alta Murgia, da Bari alla Valle d’Itria, con studio, abnegazione, e carisma stanno silenziosamente ma inesorabilmente contribuendo al tanto atteso rimescolamento generazionale. Braccateli, seguite le loro rotte, ricercateli con la stessa determinazione che loro adoperano in cucina. Vi ruberanno il cuore.

Viva la Worst-Generation, rotta verso il futuro!