Tavola rotonda: “Present and future of the food supply chain: from Fork to Farm to Regeneration”, Al dialogo svoltosi il 6 settembre hanno partecipato  The Earth institute – Columbia University, Consumers International, Fondazione Ernesto Illy, Mutti, Rodale Institute e Too Good To Go. Moderatore Rudi Bressa, giornalista di Huffington Post, Le Scienze, Lifegate. Promuove: Quantis, società leader per la consulenza ambientale, e Regerative Society Foundation

Quello dell’agroalimentare è un settore strategico nell’attività di Quantis, uno dei più impattanti sul nostro pianeta: per supportare le aziende del food nell’affrontare gli impatti di tutta la supply chain, Quantis ha elaborato il report, “Dig in: un panorama di azioni per i business che intendano coltivare un sistema alimentare sostenibile + resiliente”, i cui dati sono stati il punto di partenza della discussione della giornata.

Quantis e Regenerative Society Foundation condivideranno le prassi virtuose e sostenibili nelle diverse fasi della filiera agroalimentareinterrogandosi sulla rotta che le aziende dovranno tracciare per garantire a tutti dei prodotti sani e sostenibili, sia per le persone che per l’ambiente. Insieme agli ospiti si discuterà di come stabilire priorità e impostare strategie di sostenibilità, fissando traguardi significativi e tracciando i progressi compiuti per comunicarli in modo coerente e credibile. Partendo dal piatto per arrivare al campo, dove pratiche innovative di agricoltura rigenerativa ci offrono una prospettiva positiva di sviluppo sostenibile, guardando già oltre il 2030.

Secondo la ricerca Quantis, il sistema alimentare globale è responsabile di circa il 28% delle emissioni globali di gas serra (che potrebbe arrivare al 35%). L’agricoltura e i componenti utilizzati per la lavorazione del suolo (fertilizzanti, pesticidi e concime) sono le cause principali delle emissioni contribuendo per l’87% circa alle emissioni totali del sistema alimentare (24%).

Tra i temi chiave analizzati nel report c’è la sostenibilità del packaging, diventata oggi una priorità, in primis tra i consumatori, che sono sempre più consapevoli delle potenziali conseguenze ambientali legate ai comportamenti d’acquisto quotidiani. Per questo, le aziende alimentari stanno constatando sempre più spesso che la sostenibilità degli imballaggi presenta diverse importanti opportunità commerciali ma anche numerosi rischi. Fondamentale punto di partenza è il DNA aziendale: una cultura dell’ecodesign richiede l’abbinamento di ruoli e competenze adatti alle diverse soluzioni. Infatti, un efficace processo di progettazione ecologica colma il divario di conoscenze tra designer di packaging e realtà attive nella di gestione dei rifiuti nei mercati in cui vengono venduti i prodotti. Le aziende possono progettare gli imballaggi in modo che siano riciclabili o compostabili, ma la capacità di trattamento dei rifiuti è localizzata, e la modalità di trattamento programmata può essere molto diversa da quella di fine vita effettiva.

Parlando di imballaggi, non è importante solo la loro produzione, ma anche il loro smaltimento: è importante che le aziende facilitino il corretto smaltimento del packaging da parte dei consumatori: i bassi tassi di riciclo possono infatti essere dovuti semplicemente a una comunicazione poco chiara in merito a quali tipi di imballaggio possono essere riciclati. Etichette chiare e informazione al consumatore approfondita favoriscono una corretta procedura di smaltimento.

Poi, il controllo di tutta la supply-chain: infatti, per la grande maggioranza delle aziende food and beverage, gli impatti ambientali più significativi e i rischi aziendali sono legati ad attività che non si svolgono tra le mura aziendali, ma piuttosto al di fuori del loro controllo diretto, nelle strutture dei fornitori e nei campi dove vengono coltivate le materie prime. Molti di questi impatti e rischi sono legati a pratiche di gestione non sostenibili che incidono sulla salute e l’uso del suolo e sulla scarsità idrica. È quindi fondamentale che le imprese scavino in profondità nelle loro supply chain con gli operatori sul campo per implementare soluzioni. Attenzione al trattamento del suolo, strategie climatiche corrette e un occhio particolare alla questione “acqua” sono alcuni degli imperativi che le aziende non possono perdere di vista per evitare impatti negativi e sprechi. Infatti, basti pensare che l’80% degli sprechi e delle perdite alimentari si verifica durante tre fasi della catena del valore: produzione agricola, gestione post-raccolta e consumo.

Lo spreco alimentare è un altro dei temi al centro della ricerca: incredibilmente, un terzo di tutto il cibo prodotto ogni anno per il consumo umano viene sprecato o perso tra l’azienda agricola e la tavola, con un risultato pari a quasi 1.000 miliardi di dollari di perdite per l’economia globale. Oltre alle sostanziali perdite economiche, il cibo sprecato è responsabile di circa un quarto di tutta l’acqua utilizzata ogni anno in agricoltura e la sua coltivazione richiede terreni della dimensione della Cina. Lo spreco e le perdine alimentari generano ogni anno a livello global circa l’8% delle emissioni di gas serra e quasi un quarto delle emissioni agricole, mettendo sotto pressione gli ecosistemi. Fissare obiettivi, misurare e comprendere gli impatti e gestire i processi attraverso metriche misurabili sono secondo il report i tre passaggi chiave necessari alle aziende per affrontare il problema.

Infine, la comunicazione, fondamentale come passaggio finale di tutto il percorso: oggi sappiamo che il pubblico vuole trasparenza sulle attività delle aziende per la salvaguardia dell’ambiente, pretende la verità su ciò che è stato fatto, su ciò che è in corso e sulle nuove soluzioni che le aziende stanno valutando per affrontare i principali problemi del nostro tempo. In un mondo globalizzato e digitalizzato, le aziende alimentari si trovano ad affrontare una sfida chiara quando si tratta di comunicare i loro sforzi per la sostenibilità: tutti sono narratori, e la maggior parte dei marchi potrebbe migliorare lo storytelling in materia di sostenibilità per garantire che i messaggi siano puntuali, credibili e significativi.

Il commento di Simone Pedrazzini, Direttore Quantis Italia

“La nostra mission –ha detto Simone Pedrazzini, Direttore Quantis Italia– è perfettamente in linea con gli obiettivi di questa giornata e con la pubblicazione della nostra ricerca sul settore food: misurare gli impatti, identificare azioni concrete di miglioramento, monitorare i progressi e dare forma ad una comunicazione credibile. Ispirare un cambiamento sostenibile e permettere alle aziende di avere i mezzi necessari a raggiungerlo sono gli obiettivi che, insieme al nostro partner Regenerative Society Foundation, vogliamo trasmettere alle aziende italiane. Per il settore food, come per gli altri settori di cui ci occupiamo, proponiamo un approccio scientifico solido e l’esperienza consolidata in anni di collaborazione con player nazionali ed internazionali, per raggiungere insieme il cambiamento positivo cui tutti aspiriamo”.

Per indagare il punto di vista più completo di Quantis si può scaricare il Report Dig In ora disponibile anche in italiano.