In Commissione Agricoltura il neo Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Stefano Patuanelli, ha reso, in videoconferenza, comunicazioni sulle linee programmatiche del suo Dicastero

Onorevole Presidente, Colleghe e Colleghi,

questo Governo, come ha illustrato il Presidente Draghi nel discorso programmatico tenuto al Senato, mette al centro della sua azione l’integrazione delle politiche ambientali, produttive e sociali, con un approccio nuovo, che vede l’agricoltura protagonista: l’ecosistema in cui si sviluppano tutte le azioni umane è, nel nostro Paese, per la gran parte un ecosistema rurale. Un ecosistema che la Pandemia ha colpito, ferito, ma non abbattuto, anzi, che si è dimostrato tra i più resilienti della Nazione. Mi preme quindi, in apertura, tributare un sentito ringraziamento, da cittadino prima ancora che da Ministro, alle donne e agli uomini della filiera agroalimentare che anche in piena emergenza hanno sempre garantito al Paese cibo sicuro e di qualità, la manutenzione del territorio, il presidio nelle aree rurali. Grazie! Le scelte di politica agricola, alimentare e forestale devono dunque essere integrate tra loro, per interpretare in chiave innovativa, ecologica e inclusiva le principali necessità di sostegno che la transizione ecologica richiede. Vorrei condividere con voi i principali obiettivi che la sfida della nuova crescita post pandemica deve porsi:

  1. potenziare la competitività del sistema in ottica sostenibile, favorendo l’organizzazione delle filiere e rafforzando le connessioni fra produttori e consumatori, investendo sulla protezione dei redditi degli imprenditori agricoli e sull’integrazione dei settori verso un’economia realmente circolare, sfruttandone anche le opportunità per ampliare il perimetro operativo delle filiere più tradizionalmente agricole a nuovi ambiti economici;

  2. migliorare le performance climatiche e ambientali dei sistemi produttivi, assistendo gli operatori del settore verso una gestione sostenibile del capitale naturale, recuperando o salvaguardando i paesaggi agrari secondo un equilibrio ecologico e tutelando gli habitat naturali e gli agroecosistemi;

  3. rafforzare la resilienza e la vitalità dei territori rurali, generando occasioni di nuova imprenditoria basate sul consolidamento del patrimonio naturale e sociale, creando le condizioni per migliorare l’attrattività e l’inclusività delle zone marginali;

  4. promuovere il lavoro agricolo e forestale di qualità e tutelare i diritti dei lavoratori, fornendo gli strumenti per garantire l’equità nei contratti e la sicurezza sui posti di lavoro, creando le condizioni per l’emersione e la regolarizzazione del lavoro “nero”;

  5. rafforzare la capacità di attivare scambi di conoscenza e innovazioni, accrescendo la consapevolezza collettiva e istituzionale sulle implicazioni legate alla sostenibilità dei sistemi agroalimentari e favorendo la partecipazione attiva degli operatori e dei cittadini;

  6. efficientare il sistema di governance, rafforzare le strutture di gestione amministrativa a livello nazionale e regionale, costruire un quadro normativo allo stesso tempo semplice e adeguato alle nuove sfide e alle nuove esigenze.

Occorre inoltre contribuire, in maniera decisa, alla lotta alle perdite e agli sprechi alimentari, puntando sull’ottimizzazione e razionalizzazione delle filiere, con un approccio al tema che si integri con gli obiettivi dell’economia circolare e della bioeconomia, prevedendo l’utilizzo di risorse biologiche rinnovabili e dei flussi di sottoprodotti e scarti di lavorazione in valore aggiunto (cibo, mangimi, prodotti bio-based e bio-carburanti).

In tale contesto, i concetti e le parole chiave che devono indirizzare l’azione di Governo sono: equa distribuzione del valore lungo tutta la filiera produttiva; transizione ecologica; innovazione e trasparenza: si tratta di valori che si traducono in motori di competitività, tenuto conto della vocazione del nostro Paese ad essere, già oggi, uno dei leader mondiali nella sostenibilità dell’agroalimentare.

Il settore primario è per l’Italia una risorsa insostituibile. In termini economici, il valore dei prodotti agroalimentari nel mercato finale al consumo, come media negli ultimi anni, ammonta a oltre 220 miliardi di Euro, pari a circa il 13% del PIL del nostro Paese. Sottolineo la parola “agroalimentare” perché è compito del MIPAAF quello di guardare all’intero sistema produttivo, alla filiera intesa come catena di anelli che vanno dalle imprese agricole, inclusi i lavoratori, fino al consumatore. L’ormai nota espressione From Farm to Fork per il Ministero è sempre stata una linea di azione chiara e decisa, a testimoniare che in questo ambito non è più possibile ragionare per segmenti isolati: il destino delle nostre grandi industrie di trasformazione alimentari non può che essere quello di rafforzare i rapporti con gli agricoltori, gli allevatori e i pescatori italiani. È questo che ci rende forti nel mondo, la nostra distintività.

Lo stato di emergenza conseguente alla pandemia causata dal COVID-19 ha evidenziato la centralità del settore agroalimentare, anche da un punto di vista strategico e, permettetemi di dirlo, geopolitico: la filiera del cibo ha saputo dimostrare una straordinaria capacità di resilienza, non solo resistendo alla crisi ma contribuendo in maniera significativa al rilancio e alla ripresa necessari per il Paese. Anche in un anno drammatico come il 2020 l’export agroalimentare “Made in Italy ha infatti registrato una crescita, nonostante la chiusura dei ristoranti e di tutto il canale c.d. Horeca, che, da solo, rappresenta il 30% di sbocco dei prodotti agricoli e agroalimentari italiani. La pandemia oggi ci impone di pensare contemporaneamente a interventi di brevissimo periodo per mantenere le aziende in vita e al medio-lungo periodo, programmando un miglioramento complessivo della sostenibilità e della capacità produttiva del sistema. Vorrei ora entrare nello specifico su alcuni dei principali ambiti di attività di Governo che il MIPAAF dovrà affrontare nei prossimi mesi.

PNRR, Green Deal e principali iniziative europee

Anche alla luce della perdurante emergenza COVID-19 le scelte da fare nei prossimi mesi saranno determinanti per lo sviluppo del nostro Paese e per il futuro delle nuove generazioni. Abbiamo infatti a disposizione un pacchetto di risorse mai avuto in passato e non ci si può permettere di sbagliare alcuna mossa.

Il settore agricolo, che è chiamato ad offrire un contributo determinante al processo di transizione verde dell’intera economia, può contare su circa 50 miliardi di Euro per i prossimi sette anni, tra fondi della Politica agricola comune post 2020 e relativo cofinanziamento nazionale e risorse a valere sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che, come noto, dedica ampio spazio ai temi della transizione ecologica, dell’economia circolare, della competitività, del contrasto ai cambiamenti climatici e al dissesto idrogeologico; il Piano stanzia oltre 3 miliardi di Euro in favore di progetti riguardanti il settore agricolo e agroalimentare e la gestione delle risorse irrigue. La linea d’azione “agricoltura sostenibile” ha una dotazione di 2,5 miliardi di Euro e si articola nei tre grandi progetti relativi a: contratti di filiera, parchi agrisolari, logistica.

Il PNRR e le nuove strategie dell’Unione europea legate al Green Deal quali “From Farm to Fork“, sono due occasioni imperdibili per rilanciare il settore, ma solo se affronteremo la transizione ecologica come un’opportunità di filiera in grado di coniugare sostenibilità e competitività del modello agricolo nazionale. A tal fine è indispensabile il sostegno allo sviluppo dell’agricoltura di precisione, posto che le nuove tecnologie digitali consentono alle aziende di aumentare la resa e la qualità delle produzioni utilizzando meno input quali energia, acqua e fitosanitari. Il beneficio dell’adozione di specifiche innovazioni nelle diverse tecniche colturali è prezioso per mitigare l’impatto che le stesse hanno sulle matrici ambientali; in questo senso il processo di innovazione tecnologica è di straordinaria rilevanza per le aziende agricole. Proprio con questo obiettivo e in linea con le Raccomandazioni della Commissione europea, che sono stati messi a punto i progetti MIPAAF nell’ambito del PNRR, inquadrati in una logica di intervento fortemente orientata alla transizione verde e digitale, attraverso il sostegno a investimenti finalizzati a migliorare la sostenibilità della produzione primaria e delle filiere agroalimentari e forestali, l’efficientamento energetico, la produzione di energia rinnovabile, la digitalizzazione e l’innovazione dell’agricoltura e delle aree rurali.

In tale contesto, la proposta progettuale relativa al rafforzamento dei contratti di filiera e di distretto per i settori agroalimentari, florovivaistico, forestale e della pesca e acquacoltura contribuisce a gran parte degli obiettivi anzidetti. Si tratta di uno dei principali strumenti di sostegno alle politiche agroindustriali stipulati con i soggetti della filiera agroalimentare al fine di realizzare programmi d’investimento integrati a carattere interprofessionale e aventi rilevanza nazionale; partendo dalla produzione agricola, i contratti si sviluppano nei diversi segmenti della filiera agroalimentare, intesa come insieme delle fasi di produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari. Potenziare questo strumento significa certamente contribuire alla competitività dei settori nell’ottica della sostenibilità ambientale ed economica: si rileva che per ogni Euro pubblico investito si attivano investimenti privati per almeno il doppio, con l’effetto leva di poter attivare fino a 6 miliardi di Euro di investimenti; i contratti di filiera pluriennali possono garantire la stabilità dei prezzi, favorire una più equa distribuzione del valore e migliorare i rapporti tra la parte produttiva agricola e il resto della filiera.

In questo quadro si inserisce anche il Piano per la logistica e l’innovazione per i settori agroalimentare, florovivaistico, della pesca e dell’acquacoltura, con investimenti che puntano a rendere più moderna e green la logistica, attraverso interventi energetici, il miglioramento dell’approvvigionamento delle materie prime, l’innovazione e la semplificazione del trasporto e della movimentazione delle stesse. La proposta persegue l’obiettivo di efficientamento organizzativo e strutturale, con ricadute di carattere ambientale a livello di risparmio energetico, di riduzione delle emissioni e miglioramento della qualità dell’aria, con particolare riferimento alle zone urbane. L’efficientamento dell’intero sistema logistico è altresì determinante per ridurre gli sprechi, in particolare nel settore agroalimentare, e potenziare le opportunità di export per le PMI.Sempre in tema di logistica, è previsto lo sviluppo dei progetti volti al miglioramento della capacità di immagazzinamento e stoccaggio per quei settori agroalimentari strategici per il Made in Italy anche al fine di agevolare e favorire il recupero di competitività.

Per quanto riguarda, invece, gli investimenti innovativi, l’agricoltura di precisione 4.0, la tracciabilità attraverso la tecnologia blockchain e le nuove tecnologie emergenti, occorrerebbe garantire maggiori risorse per incrementare le occasioni di sviluppo e di nuova occupazione, anche nelle aree interne. Sotto questo profilo il MIPAAF utilizzerà le risorse nazionali a disposizione, ma un potenziamento anche con fondi da PNRR consentirebbe, senza dubbio, una maggiore diffusione dell’innovazione sul territorio.

Una delle questioni chiave per la sostenibilità è, senza dubbio, la mitigazione dei cambiamenti climatici e, a tal fine, è evidente la necessità di ulteriori sforzi per ridurre le emissioni derivanti da attività agricole. Il settore zootecnico, soprattutto nelle aree più intensive del Nord Italia, è particolarmente importante in questo senso, in quanto le emissioni da fermentazione enterica e la gestione del letame sono le principali fonti di emissioni totali.

La produzione di energia rinnovabile dal settore agricolo e forestale può essere migliorata, poiché l’Italia è al di sotto della media dell’Unione europea nonostante un potenziale significativo di produzione di biomassa, energia solare ed eolica. Lo sviluppo della funzione energetica dell’agricoltura è in grado di trainare il settore agricolo in un ciclo virtuoso, collegando le vantaggiose ricadute sociali, ecologiche ed agronomiche – connesse alle coltivazioni energetiche – alle nuove opportunità economiche derivanti dalla valorizzazione dei sottoprodotti e residui organici; in questo modo si perseguirà la diversificazione e l’integrazione delle fonti di reddito del settore agricolo, affidandogli una nuova importante missione: quella di fornitore di servizi energetici e agro-ambientali per la società. Si dovrà anche tutelare il patrimonio boschivo nazionale, con una corretta valorizzazione energetica delle biomasse da filiera corta e promuovere uno sviluppo del fotovoltaico sui tetti delle strutture agricole e dell’agro fotovoltaico, che consente di non sottrarre terreno alla produzione food e feed. Le proposte del MIPAAF si sostanziano in una combinazione di progetti che si integrano tra loro, con lo sviluppo del biometano, secondo criteri di promozione dell’economia circolare (la proposta è stata presentata congiuntamente con il Ministero dello sviluppo economico), che consentirà di migliorare la gestione del letame e di ottenere un sottoprodotto, il digestato, da utilizzare come ammendante in sostituzione degli input chimici; il sostegno alla diffusione di macchinari di nuova generazione idonei allo spandimento sul terreno del sottoprodotto viene assicurato dal progetto “Innovazione nella meccanizzazione”. La decarbonizzazione dell’economia dell’Unione europea richiederà anche un intervento immediato per evitare le emissioni di metano, oltre che quelle di CO2. Le fonti antropiche rappresentano il 50-60% di tutte le emissioni di metano e comprendono inevitabilmente anche l’agricoltura. Le emissioni di questo gas, se intercettate e inserite nei processi di valorizzazione, possono diventare un volano fondamentale per la produzione di energia rinnovabile e per la riduzione dei gas climalteranti.

Il progetto Parco AgriSolare rappresenta un’attuazione concreta di quanto previsto nella strategia From Farm to Fork che esplicitamente sottolinea come “Le case rurali e i capannoni sono spesso ideali per il collocamento di pannelli solari”. Tenuto conto dell’estensione dei fabbricati rurali e della loro distribuzione su tutto il territorio nazionale, l’azione contribuisce al raggiungimento degli obiettivi energetici nazionali, senza comportare alcun consumo di suolo. Inoltre, l’approvvigionamento energetico rappresenta per le aziende agricole circa il 20%/30% dei costi variabili: il progetto non solo consente di migliorarne la competitività ma contribuisce anche a migliorare il benessere degli animali riducendo l’uso dei farmaci veterinari e degli antibiotici.

Migliorare l’adattamento ai cambiamenti climatici è una priorità trasversale, in quanto le azioni correlate possono portare molteplici benefici, sia dal lato ambientale che economico: l’Italia è altamente vulnerabile ai rischi idrogeologici e ai rischi di erosione del suolo da parte dell’acqua, con crescenti danni causati da eventi climatici estremi e relative sfide, come incendi boschivi, specie invasive e attacchi biotici alle foreste.

In quest’ottica, il progetto del Mipaaf per contrastare e prevenire il dissesto idrogeologico, sia con interventi sul sistema irriguo sia con interventi di gestione forestale sostenibile, mira a ridurre i rischi idrogeologici e l’erosione del suolo, incentivando al contempo l’uso a cascata dei prodotti forestali in un’ottica di bioeconomia. Come evidenziato nelle Raccomandazioni dell’Unione europea infatti, la gestione sostenibile delle foreste ha un grande potenziale: nonostante la significativa copertura forestale, gran parte delle foreste italiane non è gestita attivamente, il che potrebbe ostacolare il ruolo delle foreste come pozzi di carbonio, la loro resilienza a condizioni meteorologiche estreme e la fornitura di altri ecosistemi beni e servizi. A tale fine è necessario rafforzare anche il servizio fitosanitario nazionale.

Sempre con riferimento agli aspetti relativi alla sostenibilità e anche in considerazione dell’ambizioso traguardo posto dalla Commissione europea di portare i suoli coltivati a biologico al 25% a livello europeo, ricordo che l’Italia è più avanti di molti altri Paesi. I numeri del report Ismea Bio fotografano un settore in crescita sul fronte delle superfici ora a oltre 2 milioni di ettari, degli operatori (oltre 80.000), del valore della produzione (5,6 miliardi) e dei consumi che, sotto la spinta della svolta green degli italiani, favorita dall’emergenza COVID-19 hanno raggiunto la cifra record di 3,3 miliardi.

La leadership dell’Italia sulle produzioni bio è indiscussa, ma è necessario oggi più che mai continuare a rafforzare i controlli sul prodotto estero, favorire lo sviluppo dei distretti biologici, incrementare il numero delle imprese e potenziare la ricerca. A tale fine il Mipaaf intende intervenire per agevolare l’approvazione della proposta di legge attualmente in discussione al Senato; semplificare, efficientare e rafforzare anche attraverso la digitalizzazione, il sistema dei controlli e delle certificazioni; sostenere progetti volti a promuovere e valorizzare ricerca, innovazione e formazione, nonché le filiere del biologico Made in Italy.

Vorrei spendere qualche parola in più sulla ricerca, leva di sviluppo decisiva per il successo delle politiche sopra delineate. Il potenziamento delle strutture di ricerca agricole, a cominciare dal CREA – il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, è fondamentale per assicurare competitività al sistema agroalimentare. Una ricerca pubblica forte, proiettata in una dimensione internazionale e strutturata verso obiettivi di eccellenza è garanzia di indipendenza e sviluppo per l’Italia, specie in un momento in cui grandi temi quali il Genoma editing e le New Breeding Techniques vedono attori che hanno potenzialità di investimenti miliardari in altre aree del mondo.

Allo scopo di promuovere la conoscenza, l’innovazione e la digitalizzazione nell’agricoltura e nelle aree rurali, tenuto conto che la Commissione europea ha più volte sottolineato l’importanza di migliorare il sistema amministrativo e burocratico, anche aumentandone il livello di digitalizzazione e coordinando politiche diverse e complementari, è stata elaborata la proposta finalizzata alla digitalizzazione del SIAN, che rappresenta un passo fondamentale da compiere per supportare in modo efficiente ed equo sia gli agricoltori sul territorio nazionale che le persone che vivono nelle aree rurali italiane.

Politica Agricola Comune  post 2020

Nella consapevolezza che la Politica Agricola Comune resta un asse portante e imprescindibile delle politiche europee di sviluppo, è necessario accelerare i lavori per la predisposizione del Piano strategico nazionale da presentare alla Commissione europea entro fine 2021 in modo da consentire l’avvio degli interventi nel 2023; non meno importante è il lavoro da fare per gestire l’attuale fase transitoria: le risorse disponibili a valere sul 2021 e 2022 vanno impegnate al più presto. Per questo ho già preso contatto con l’Assessore Pentassuglia, coordinatore della Commissione politiche agricole della Conferenza Stato-Regioni, per cercare di sbloccare il negoziato tra le Regioni sul riparto dei fondi FEASR destinati allo sviluppo rurale per il periodo 2021-2027, in corso da oltre tre mesi, e ho già avviato un primo confronto con gli assessori all’agricoltura di tutte le Regioni.

Come noto alcune decisioni fondamentali di competenza degli Stati membri andavano prese entro lo scorso 19 febbraio; non si è potuta onorare tale scadenza per l’impossibilità materiale di organizzare le dovute interlocuzioni, ma saremo certamente pronti per compiere, entro il prossimo mese di luglio, le scelte relative all’anno di domanda 2022 su alcuni questioni di estrema rilevanza quali la convergenza interna e gli aiuti accoppiati.

La predisposizione del Piano Strategico Nazionale richiede la più ampia partecipazione da parte di tutti i soggetti interessati, dalle Organizzazioni professionali ai rappresentanti della società civile, nonché delle Istituzioni sia nazionali che regionali, perché l’attività agricola riguarda tutti i cittadini, e ha un impatto diretto sui territori e i loro abitanti e non solo come fattore necessario all’approvvigionamento ma anche per le evidenti ricadute ambientali e culturali. L’obiettivo è la definizione di una Strategia nazionale per un sistema agricolo, alimentare e forestale sostenibile ed inclusivo.

Il nuovo modello di attuazione, che sposta l’attenzione delle politiche dalla conformità ai risultati riequilibrando le responsabilità tra l’Unione europea e gli Stati membri con una maggior sussidiarietà, impone ampia condivisione nella definizione della strategia ed un modello di governance in grado assicurare efficienza nella gestione delle risorse. L’insediamento del Tavolo di partenariato nazionale è previsto per questo mese di marzo.

La Strategia deve rappresentare anche un’occasione di rilettura e di rilancio dei territori rurali in linea con l’iniziativa comunitaria “Long term vision for rural areas“. L’emergenza COVID-19 ha messo in evidenza problemi e potenzialità dei contesti territoriali rurali. Queste aree si sono dovute confrontare con la carenza dei servizi e delle infrastrutture, in particolare con i ritardi accumulati circa la connettività e le nuove tecnologie, nonché con la fragilità di numerose realtà produttive; nello stesso tempo, sono emerse le potenzialità delle aree rurali soprattutto in termini di qualità della vita come opportunità per un ripensamento e un rilancio dello sviluppo. In questo senso, non è un caso che nel 2020 le vendite al dettaglio di prodotti alimentari abbiano fatto registrare una crescita più elevata nelle aree meno urbanizzate e nei piccoli centri rispetto alle grandi città (fonte Ismea-Nielsen). Diventa, quindi, fondamentale cavalcare questo apparente cambio socio-demografico e immaginare nuovi percorsi che portino in maniera inclusiva alla crescita e rigenerazione dei territori rurali, che da troppo tempo soffrono di un progressivo spopolamento.

Un’attenzione sempre crescente deve essere posta al tema della digitalizzazione per il settore agricolo, agroalimentare e per le aree rurali, al fine di colmarne il gap rispetto al resto dell’economia, garantendo le cosiddette transizioni “gemelle” quella ecologica e quella digitale. In quest’ottica, oltre al PNRR, rappresenta una grande opportunità il coordinamento tra le attività di programmazione del Piano Strategico Nazionale con la prosecuzione dei lavori nell’ambito della c.d. Space Economy. Si tratta di un passaggio chiave, sia per gli aspetti amministrativi legati all’attuazione delle politiche agricole comunitarie e nazionali, sia per i servizi restituibili al mondo produttivo e, non meno importante, per gli aspetti di ricerca e sviluppo.

Made in Italy e attività anti-frode e di prevenzione e contrasto delle pratiche sleali

Nell’ambito dei prodotti di eccellenza ricordo che il Made in Italy agroalimentare è protagonista anche nel mercato dei prodotti di qualità certificati a indicazione geografica e biologico, dove vantiamo il primato mondiale dei riconoscimenti. Considerando anche il settore vinicolo IG, nel 2019 il valore della produzione a denominazione rappresenta il 19% del totale agro-alimentare, raggiungendo quasi i 17 miliardi di Euro (+4,2% rispetto al 2018, che aveva segnato a sua volta un incremento del 6% su base annua) e confermando un trend di crescita ininterrotto negli ultimi dieci anni. Solo l’agro-alimentare, ad esclusione dei vini, si attesta sui 7,7 miliardi di Euro (+5,7% rispetto al 2018) ma se si considera il risultato raggiunto nel lungo periodo, la crescita è stata del 54% nell’ultimo decennio. Le DOP e IGP pesano il 21% sul fatturato all’estero dell’intero agro-alimentare, con un valore pari a 9,5 miliardi di Euro (+5,1% rispetto al 2018). Il contributo maggiore è fornito dal comparto dei vini (5,6 miliardi di Euro), ma il segmento alimentare, che si attesta sui 3,8 miliardi di Euro, cresce ancora più velocemente (+7,2%).

Le strutture di controllo su cui il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali può contare, Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari (ICQRF) e Carabinieri del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari, sono un’eccellenza a livello mondiale. Il ruolo dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è fondamentale per la tutela delle nostre produzioni di qualità nei mercati nazionali ed internazionali. La difesa delle produzioni agroalimentari, la tutela della qualità e della salubrità degli alimenti, il contrasto alle pratiche sleali, l’intenso lavoro di vigilanza sulle attività di controllo delle produzioni a indicazione geografica, le attività analitiche dei laboratori a tutela della qualità – l’Ispettorato è infatti una delle pochissime strutture di controllo dotate di propri laboratori accreditati secondo standard analitici internazionali – sono elementi centrali nelle attività svolte. Ricordo il grande lavoro fatto dall’Ispettorato repressione frodi in Europa come “autorità ex-officio”, a livello globale e sul web per eliminare dal commercio il falso agroalimentare italiano. Aver siglato accordi con le grandi piattaforme del commercio su internet consente all’Italia di garantire alle nostre denominazioni d’origine la stessa protezione contro la contraffazione prevista per i marchi privati. È un valore straordinario, che si basa proprio sulla tutela della reputazione dei siti, così come dei nostri produttori.

L’ICQRF è l’unica autorità antifrode europea sul food ad avere accordi di cooperazione con ALIBABA ed eBay, con migliaia di interventi sul web a tutela delle produzioni a indicazione geografica, con percentuale di successo elevatissima; l’esperienza dell’Ispettorato è considerata dall’Unione europea una best practice in Europa. Anche con AMAZON è in itinere una attività per bloccare le inserzioni irregolari. Nonostante, le difficoltà dovute alla crisi pandemica in atto, l’Ispettorato è riuscito ad assicurare un numero di controlli in evoluzione positiva rispetto agli anni precedenti È intenzione del Ministero continuare in tale percorso, migliorando e rafforzando la capacità dell’ICQRF, anche in termini di risorse umane, nell’espletamento dei controlli per la qualità delle nostre produzioni e per la tutela dei nostri prodotti nel mercato nazionale e sulle piazze internazionali, dove occorre incentivare la cooperazione operativa con le omologhe strutture: al momento sono già in atto accordi con Stati Uniti (Food and Drug Administration), Cina, Turchia, Moldavia, Germania, Regno Unito, solo per citare alcuni esempi.

In materia di commercio elettronico, con grande attenzione il Ministero continuerà a seguire la questione relativa alla liberalizzazione dei domini internet di primo e secondo livello, affinché si escluda qualsiasi soluzione che non tuteli le indicazioni geografiche e i marchi anche attraverso accordi internazionali per la protezione delle denominazioni.

Un’altra priorità ritengo di apicale importanza riguarda il recepimento della Direttiva (UE) n. 2019/633 sulle pratiche sleali, per tutelare di più e meglio i nostri agricoltori, assicurando effettività ai controlli lungo la filiera e prevedendo il ruolo di Autorità di contrasto in capo alla nostra Amministrazione. Le vendite sotto i costi medi di produzione non sono ammissibili, così come vanno vietate le aste al doppio ribasso praticate da alcune insegne della grande distribuzione. Sono pratiche che danneggiano tanto i produttori quanto i consumatori, perché favoriscono una spinta verso il basso e verso la mortificazione della qualità. Il Ministero avrà una responsabilità diretta fondamentale, essendo stata individuata l’autorità di contrasto nazionale nell’Ispettorato repressione frodi del Mipaaf.

In ultimo, per migliorare l’attività di contrasto occorre senza dubbio operare una drastica e incisiva semplificazione. In particolare, vi è la necessità di una revisione del quadro di regole sulle sanzioni in modo da renderle più efficaci, maggiormente proporzionate agli illeciti nonché più organiche a livello settoriale. Infatti, occorre riformare il quadro penale dei reati agroalimentari, oggi fermo alle norme del codice del 1930 ed alla legge sull’igiene degli alimenti del 1962.

Nella stessa ottica bisogna lavorare per rendere sempre più trasparenti le contrattazioni sui prodotti agricoli, anche attraverso lo sviluppo e il potenziamento delle commissioni uniche nazionali, che oggi sono attive per la filiera suinicola, cunicola e delle uova. Non meno rilevante è l’attività di controllo e tutela svolta dal Comando Carabinieri per la tutela dell’agroalimentare: assai prezioso è il lavoro dei Carabinieri del CUFAA nel garantire costantemente la legalità lungo tutta la filiera agroalimentare, contrastando con efficacia fenomeni sempre più definibili come agromafie ed agropiraterie, ma allo stesso tempo offrendo al Paese, nel solco della tradizione del Corpo forestale dello Stato, un servizio di tutela della natura e degli ecosistemi che trova pochi paragoni a livello mondiale.

Etichettatura

La trasparenza sull’indicazione dell’origine in etichetta è un diritto da garantire ai cittadini. L’Italia è un’avanguardia in Europa sotto questo profilo e proprio per questo nei prossimi mesi sarà rafforzata l’azione a livello di Unione europea con l’obiettivo di favorire un’evoluzione della normativa comunitaria attraverso la revisione del Regolamento (UE) n. 2011/1169. A livello nazionale è necessario proseguire con quanto già introdotto in via sperimentale rinnovando i decreti attualmente in essere riguardanti latte, formaggi, pasta, riso, carni suine trasformate e derivati del pomodoro.

Fermo e deciso è il rifiuto del Nutriscore e dei modelli di etichettatura nutrizionale (leggere Gustoh24) che distorcono le informazioni al consumatore. Non è ammissibile che una bibita gasata senza zucchero abbia il bollino verde e invece prodotti che sono dei capisaldi della dieta mediterranea come olio d’oliva o parmigiano reggiano vengano penalizzati. L’Italia ha proposto un modello alternativa con il cosiddetto schema a batteria, nella convinzione che possa essere utile al consumatore. In ogni caso crediamo che tali schemi debbano restare volontari e non obbligatori, e che vadano comunque esentate da una eventuale applicazione obbligatoria le produzioni a indicazioni geografica.

Quando si parla di origine e qualità va ricordato che la Dieta Mediterranea è stata riconosciuta dall’UNESCO, nel novembre 2010, come patrimonio culturale immateriale dell’umanità; non sono pertanto immaginabili modelli di etichettatura che non ne evidenzino contenuti ed elementi in virtù di modelli culturali e alimentari non nostri. Considerato che la maggior parte degli attuali sistemi agroalimentari mediterranei non sono sostenibili a causa della perdita di biodiversità, del degrado delle risorse naturali, dei cambiamenti climatici, dell’elevato apporto energetico sono necessarie misure urgenti per promuovere e diffondere la Dieta mediterranea come modello di dieta sostenibile soprattutto nei Paesi del Mediterraneo, volano per la promozione della qualità dei prodotti agroalimentari, per la salvaguardia della biodiversità e per il sostegno di politiche a tutela del lavoro agricolo.

Pesce e acquacoltura

La pesca e l’acquacoltura hanno un grande valore non soltanto economico, ma anche politico nella misura in cui, attraverso spazi e risorse condivise, permettono un collegamento diretto con altre realtà economiche e politiche del Mediterraneo. In questa ottica la pesca marittima può assumere un ruolo centrale grazie al suo maggior potenziale come strumento politico di coesione. Operare sullo stesso mare, sugli stessi mercati, con un forte scambio di risorse e capacità umane, è una occasione politica di grande portata; stato delle risorse e debolezze dei mercati domandano coesione e cooperazione. In tal senso la pesca può e deve assumere un ruolo pilota, che può concretizzarsi attraverso buone pratiche di condivisione di spazi naturali, in parte comuni e comunque continui.

Come negli altri settori la pandemia ha mostrato da un lato l’importanza delle attività di pesca e acquacoltura nel garantire l’approvvigionamento e dall’altro ha evidenziato le gravi debolezze e le tante criticità che ne mettono in pericolo la sopravvivenza; è noto infatti che il processo di trasformazione del settore della pesca italiana – da realtà inefficiente e assistita a realtà competitiva di mercato e di sostegno ai territori – non si è mai completato. La pesca marittima e l’acquacoltura possono e devono invece trasformarsi in valore aggiunto per l’economia di un Paese che vanta oltre otto mila chilometri di costa.

Il salto di qualità per un settore ittico moderno e competitivo non può prescindere tuttavia da una vera e propria rivoluzione culturale; è noto infatti che la pesca e l’acquacoltura hanno una governance multilivello con una forte componente internazionale che ne determina orientamenti e indicazioni che è spesso complicato declinare in ambito locale. A fronte di tale sistema è fondamentale sostenere e rafforzare gli strumenti a disposizione dell’Italia per promuovere il proprio interesse nazionale sia in ambito UE, nella partecipazione alla determinazione della politica comune, sia in ambito FAO dove nel più ampio contesto della governance dei mari e degli oceani il percorso intrapreso è quello della cosiddetta “economia e crescita blu” a sottolineare la necessità di un’economia sostenibile e innovativa nei bacini marittimi e negli oceani. Perché anche e soprattutto nel settore ittico la sfida più difficile è coniugare sostenibilità, a fronte della necessità di ridurre lo sforzo di pesca, con l’aspetto economico-imprenditoriale e sociale, posto che molte comunità costiere dipendono dalle attività legate alla piccola pesca.Sostenibilità dei processi produttivi, innovazione tecnologica e organizzativa, nonché crescita culturale degli operatori mediante la realizzazione di percorsi formativi, saranno i pilastri su cui si poggerà la strategia 2021-2027 per attuare il salto di qualità verso la crescita blu.

Nell’obiettivo di rendere competitive sui mercati le imprese di pesca marittima e di acquacoltura, garantendo il buono stato delle risorse marine viventi, e di incentivare la “crescita blu” come approccio di sistema all’economia del mare occorre In tale contesto, l’azione di governo si concentrerà sui seguenti interventi:

  • responsabilizzazione imprenditoriale delle imprese di pesca;

  • semplificazione della governance per il settore dell’acquacoltura;

  • supporto alla pesca locale, se ad alto valore aggiunto e inserita in un cluster di economia marittima;

  • promozione di contratti di filiera che valorizzino la produzione in un’ottica di crescita imprenditoriale ed economica;

  • migliore definizione del ruolo dei mercati;

  • valorizzazione del prodotto tramite certificazione, tracciabilità, identificazione e, più in generale, informazione al consumatore;

  • promozione del prodotto, anche per un migliore conoscenza da parte del consumatore;

  • ricerca e lo sviluppo, specialmente nelle nuove tecnologie, nella digitalizzazione e nei processi organizzativi.

Solo una riforma decisa del settore in termini di maggiore concorrenza e imprenditorialità, con la revisione del sistema lavoristico e previdenziale, potrà renderlo interessante per le giovani generazioni. La crescita blu e la sicurezza alimentare si basano su diverse componenti, sia economiche che politiche. La chiave per avere successo è la sinergia tra tutte.

Altre attività rilevanti

Nell’ambito degli orientamenti e degli interventi di carattere più generale molte altre azioni sono al centro dell’azione di Governo: mi riferisco al lavoro mirato che dovrà essere svolto per le singole esigenze settoriali in ragione delle peculiarità di ciascuno.

tavoli di filiera, come ad esempio quelli grano/pasta, olio, agrumi, zootecnico, brassicolo, canapa, frutta in guscio, vino, ortofrutta, per citarne solo alcuni, rappresentano senza dubbio gli strumenti più adatti per la programmazione di interventi in grado di apportare valore aggiunto a tutti i soggetti coinvolti e di operare scelte condivise e calibrate alle diverse realtà. A tale proposito, come non dedicare un cenno alla “vendita diretta“: attività insostituibile e voce ogni giorno più importante per le imprese agricole, sempre più attente ad avere un rapporto diretto e di fiducia con i consumatori; si deve intervenire per semplificare le procedure, attraverso un miglioramento delle normative già oggi in essere e con nuove risorse per stimolare la nascita dei farmers market.

Ulteriore tematica sulla quale mi preme richiamare la vostra attenzione è il tavolo di filiera della canapa industriale, la cui prima riunione di insediamento si è svolta lo scorso mese di febbraio. Le potenzialità di questa pianta, sia come coltivazione innovativa atta a consentire le rotazioni agronomiche e a favorire la bonifica dei terreni dai metalli pesanti, sia per i molteplici usi industriali ai quali si presta, sono straordinarie ed è nostra priorità sviluppare un piano di settore in grado di incentivarne la produzione e la trasformazione attraverso una adeguata strategia di filiera e con l’indispensabile apporto della ricerca e dell’innovazione tecnologica. Al tavolo hanno partecipato oltre 48 “componenti” in rappresentanza, tra l’altro, delle Istituzioni, delle organizzazioni professionali agricole e del mondo delle ricerca, a testimonianza del grande interesse e della necessità di valorizzare ed incentivare il settore canapicolo nazionale: si tratta di un percorso avviato che intendiamo proseguire celermente, assicurando ai diversi stakeholders tutto il nostro supporto.

Vengo ora ad un ambito più strettamente riguardante la dimensione lavorativa: garantire il pieno rispetto dei diritti dei lavoratori agricoli e della pesca e proteggere le imprese dalla concorrenza sleale di chi sfrutta sono due capisaldi dell’azione di contrasto al lavoro e al caporalato che il Mipaaf sta portando avanti in collaborazione con gli altri ministeri competenti. In quest’ottica si lavora per la piena attuazione della legge n. 199/2016, e in particolare proseguendo nelle linee di azione del Piano triennale di contrasto già individuate nel 2020. Dalla digitalizzazione possono derivare soluzioni a criticità apparentemente poco rilevanti ma che invece comportano dispendio di tempo e di risorse per le aziende: mi riferisco al potenziamento della banca dati unica per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro agricolo.

Un altro tema di grande rilievo è la lotta agli spechi alimentari. Ogni anno in Italia si gettano cibi per un valore di 12 miliardi di Euro. Uno spreco inaccettabile tanto più oggi che più di 5 milioni di persone soffrono di povertà alimentare e hanno necessità di assistenza. In quest’ottica è necessario, oltre a rendere più sostenibile la produzione agroalimentare con progetti di economia circolare:

  • potenziare le attività del Tavolo per la lotta agli sprechi alimentari e l’assistenza alimentare come strumento innovativo di partenariato pubblico privato;

  • attuare le linee guida della Commissione europea per la lotta agli sprechi alimentari;

  • migliorare gli strumenti normativi per consentire il recupero delle eccedenze ai fini umani che si possono verificare in casi di crisi di mercato.

Di fondamentale importanza è anche la tematica legata al credito quale fattore di maggior impatto nel settore primario, essendo questo ad alta intensità di capitale; l’accesso al credito, e in generale un buon rapporto tra banche e imprese, costituiscono elementi indispensabili alla realizzazione degli obiettivi, specie quelli di politica agraria. Nessuna iniziativa progettuale può prescindere da un quadro finanziario adeguato alle peculiarità delle aziende agricole e della pesca; il servizio del credito assicura inoltre alle risorse pubbliche erogate uno straordinario effetto leva oltre a garantire una miglior valutazione di merito delle iniziative.

Come già anticipato nel corso del Question Time della scorsa settimana, il settore olivicolo oleario merita un’attenzione particolare in quanto colpito da una emergenza non meno grave e contagiosa della pandemia da COVID-19; ancorché causata da un batterio, la malattia che ormai da anni affligge le piante di ulivo nel territorio del Salento, e non solo, ha causato ingentissimi danni economici ad un prodotto che è il simbolo principe dell’Italia mediterranea. Occorre, quindi, proseguire con gli interventi previsti dal Piano Straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia e per la revisione ed attuazione di Piano olivicolo nazionale che sia cornice di coordinamento per azioni mirate ed integrate a vantaggio di tutti gli attori della filiera.

Con riferimento ad un’altra importantissima competenza di questo Ministero, vale a dire l’ippica, la pandemia ha messo in evidenza le criticità del sistema delle corse dei cavalli ed è avvertita l’esigenza di riforma del settore; è necessario un progetto credibile di risanamento e di rilancio che veda la separazione tra le attività di promozione dell’allevamento e di valorizzazione delle razze equine e quelle agonistiche legate al cavallo, dalla programmazione e organizzazione delle corse fino alla erogazione, in tempi ragionevoli, dei pagamenti spettanti agli operatori, per i quali spesso i premi rappresentano l’unica fonte di reddito. Un progetto che metta al centro non soltanto il gioco ma una serie di interventi volti a migliorare la competitività, la legalità e lo spettacolo anche alla luce della necessità di restituire all’ippica la dignità di un’attività che, in virtù del millenario rapporto tra uomo e cavallo, costituisce un insieme complesso dalle forti componenti socio culturali oltre che economiche. Meritano, per la loro straordinarietà e per il forte impatto, un cenno conclusivo le azioni da ultimo intraprese nel contrasto della crisi COVID-19.

Il Ministero è pienamente impegnato nella gestione e nella liquidazione degli aiuti diretti al mondo agroalimentare. Da questo punto di vista proprio nell’ultima settimana di febbraio si sono sbloccati i pagamenti di oltre 60 milioni di Euro agli allevatori sul Fondo zootecnia in crisi e sono stati pagati oltre 80 milioni di Euro a 12.500 beneficiari del Fondo ristorazione. Uno sforzo amministrativo che deve proseguire arrivando a una pronta e positiva conclusione dei pagamenti che porteranno liquidità nel sistema per oltre 400 milioni di euro. Allo stesso modo il Ministero segue i provvedimenti di nuovi ristori, tenendo conto che le misure imposte al settore della ristorazione continuano ad avere gravi, immediate e prolungate ripercussioni su tutte le produzioni agroalimentari, a partire dal settore delle carni, ed è mia intenzione continuare a garantire i necessari ristori alle imprese del settore agroalimentare italiano.

Conclusioni

Colleghe e Colleghi, abbiamo davanti a noi grandi responsabilità, ma anche immense opportunità. Il sistema agroalimentare ha retto la sfida drammatica dei momenti più duri, è ora di ripartire con convinzione, determinazione ed entusiasmo. Sono certo che potremo contare sulla piena e convinta collaborazione con il Parlamento, per dare un concreto e immediato sostegno al settore, ma anche una speranza di sviluppo e crescita per le nuove generazioni.