Inventore di coktails storici, Rocco rappresenta l’aristocrazia del bartending abruzzese e tricolore!
Come si forma il destino degli uomini?
Sicuramente vari e complessi sono i fattori che concorrono a determinare la vita di ciascuno di noi, ma chi nasce a Villa Santa Maria, in provincia di Chieti, ha il destino quasi segnato! In questo borgo dell’entroterra teatino dell’Alto Sangro, in Abruzzo, esiste una tradizione lunga centinaia di anni legata al vasto arcipelago alberghiero. Dinastie di cuochi, di barman, di maître e di personale qualificato di questo variegato mondo si sono affermate e succedute nel tempo. Con il ricco bagaglio di ricettari ed esperienze antiche hanno dato vita ad una casta di maestri divenuti ambasciatori nel mondo dell’arte complessa e raffinata della buona tavola. Con sapiente professionalità ancora oggi continuano a portare nel mondo la migliore tradizione della Patria dei cuochi, messaggeri formidabili della cultura, non solo culinaria.
In questa perla incastonata nella pietra della Majella, sono stati i principi Caracciolo a portare da Napoli i “Monzù”, ovvero quei cuochi professionisti del Regno Borbonico che dal francese “monsieur” il dialetto aveva trasformato in Monzù.
Da quando il Principe Ferrante Caracciolo nel 1600 istituì una vera e propria scuola per formare cuochi di corte destinati alle grandi famiglie nobiliari del tempo, la storia di Villa Santa Maria si è intrecciata con quella culinaria. Mai interrotto, questo rapporto si è consolidato nel tempo grazie anche all’Istituto Superiore Alberghiero Marchitelli, uno dei più antichi e famosi d’Italia fondato nel 1939, istituzionalizzato nel ’60, cresciuto negli anni fino a divenire una eccellenza nazionale con fama internazionale.
Il rapporto tra i villesi e l’alta gastronomia ha, dunque, radici lontane e Villa Santa Maria può vantare centinaia d’anni di storia e tradizione legati al mondo della ristorazione e a pieno titolo è conosciuta come la capitale dei cuochi.
Così i Villesi si sono conquistati il primato in un settore che senza dubbio ancora oggi incide e rende la scelta di molti suoi abitanti e di quelli del territorio circostante quasi obbligata!
Il carattere fiero e forte, l’innata ospitalità, il senso di solidarietà e di appartenenza, la caparbia e tenace volontà dei suoi abitanti difesi e protetti da quella roccia tagliente e potente che qui chiamano “La Penna”, ha fatto il resto. Le più forti e coraggiose, soprattutto in passato, sono state le madri che hanno affidato per un futuro migliore i giovani figli appena adolescenti alle corti napoletane, alle navi, al mondo.

Una emigrazione di ragazzi oltre che di adulti che nella maggior parte dei casi si sono affermati, sono diventati famosi e apprezzati professionisti nel settore alberghiero, hanno conquistato titoli e riconoscimenti mondiali come Rocco Di Franco che ha una lunga e brillante carriera da barman e una affascinante storia da raccontare e che andiamo ad incontrare proprio a Villa Santa Maria, suo paese di origine, prima che riparta per la Capitale dove vive ormai da più di cinquant’anni anni.
A meno di un’ora dal mare, in questo pittoresco borgo, in posizione aprica, si giunge facilmente percorrendo la comoda superstrada che collega la Costa dei Trabocchi con Castel di Sangro (AQ).
Lungo la strada il verde lascia gradualmente il posto ai caldi colori autunnali che con il fresco delle colline ci vengono incontro. La natura prepotentemente si mostra in tutta la sua vitalità e bellezza lungo il cammino. Il paesaggio cambia dolcemente fino a dare sempre più spazio alla montagna e a borghi arroccati lungo il crinale roccioso. In basso fa capolino il Lago del Sangro, un lago artificiale conosciuto come Lago di Bomba. Quando è stata costruita la Diga, sbarrando il fiume Sangro per alimentare una centrale elettrica, ero lì, abitavo a Bomba nei lontani anni ’50 del secolo scorso!
Su quel ramo del lago di Bomba negli anni ’80 si era avviato un promettente sviluppo turistico. Una bella opportunità di crescita economica e culturale per l’intero territorio che sembra vivere ora un momento meno favorevole. Dopo pochi chilometri sulla destra appare il borgo di Villa Santa Maria. Ad aspettarci in piazza due cari amici del posto che ci accolgono con l’affetto di sempre. La nostra amicizia risale agli anni ’70 quando Anna ed io eravamo colleghe nell’Istituto Alberghiero, mentre Evaldo, il marito, era Maître in prestigiosi alberghi.
Di Anna Finamore ed Evaldo Fantini parleremo in un’altra occasione, hanno tanto da raccontare anche loro, oggi ci dedichiamo al Campione del mondo IBA (International Bartender Association) Rocco Di Franco che qui è nato e che qui ha radici e affetti saldi.
Il racconto di Rocco, classe 1944, è un ininterrotto flusso di coscienza e come tale non segue un unico corso, una cronologia, una sequenza.
Non è facile stargli dietro. Troppi sono i ricordi che si accavallano, le storie che si intrecciano, le riflessioni sul mondo di oggi e i confronti con gli anni ’60, i più belli ed intensi vissuti nel cuore della Capitale, fra divi internazionali e personaggi famosi.
Nonostante i successi, le soddisfazioni sul piano professionale ed umano, gli innumerevoli riconoscimenti ed attestati, costante e vivo nelle sue parole emerge e riaffiora l’amore per il suo paese, per le sue origini, la nostalgia per quella “Penna”che sovrasta e protegge la sua Villa Santa Maria e i suoi abitanti anche lontani.
Conosce ogni angolo di questo posto, ogni pietra, ha memoria delle persone e delle vicende che hanno fatto la storia di Villa Santa Maria. Mentre ci accompagna nella visita al centro storico ci racconta che ai suoi tempi il paese aveva il doppio degli attuali abitanti che non arrivano oggi a 1500. Passeggiando per vicoli stretti con scorci suggestivi arriviamo al Palazzo dei Principi Caracciolo, dove ha sede anche il Museo dei Cuochi, unico nel suo genere, e dove è situata la Cappella di San Francesco Caracciolo, patrono di tutti i cuochi d’Italia che qui si onora ogni anno nella famosa Festa di ottobre.
“Da più di 40 anni ha luogo la Festa dei Cuochi – ci ricorda Rocco – una Kermesse ghiotta per buongustai di tutte le età nel corso della quale si assiste ad una lunga processione molto sentita e partecipata. E’ una occasione per tornare e ritrovarsi, per confrontarsi e riaffermare la propria identità fra tradizione e innovazione.”
Invaso da chef provenienti da tutta Italia e anche da fuori nazione, da appassionati, produttori e personalità di spicco, questo borgo si trasforma in un palcoscenico ideale per celebrare il Santo e il lavoro straordinario dei cuochi.
“Il paese si anima soprattutto d’estate e in occasione della Rassegna dei cuochi, ma il talento, la tempra, la fierezza dei professionisti che si sono affermati nel mondo non sono ricordati mai abbastanza – sottolinea ancora Rocco con un velo di malinconia e rammarico – Inoltre ci si riferisce quasi sempre ai cuochi e alla cucina, quando si parla di Villa e si trascura spesso di ricordare altre figure professionali legate alla vita alberghiera, anche se bisogna riconoscere che i cuochi e la cucina rappresentano il pilastro della tradizione di questo luogo!
Occorrerebbe, forse – sottolinea ancora Rocco – dare più spazio e ricordare che da qui sono partiti e si sono affermate grazie ad impegno, sacrificio, studio, conoscenza e passione anche altre professionalità, come barman, maître , ecc… legate al mondo che gira intorno alla convivialità e che contribuisce a rendere più bella, gustosa e piacevole la vita.”
Villa S. Maria quindi va ricordata non solo come patria dei cuochi, ma come simbolo di eccellenza nei vari campi del settore e custode di un patrimonio sempre più variegato e ricco da consegnare alle nuove generazioni.
Vivo e struggente per gli emigranti sempre è la nostalgia per gli affetti lontani, per il luogo in cui si è nati, per le proprie radici, per il paese lasciato troppo presto!
Un vincolo affettivo rimasto saldo che si manifesta anche nel rammarico profondo di Rocco per come Villa non abbia trovato il modo di affermare appieno un turismo di qualità ed un adeguato sviluppo economico nonostante generazioni di operatori del settore alberghiero da considerare veri e propri operatori culturali e divulgatori dell’Abruzzo e dello stile italiano.
Ma quando riprende a parlare di successi, di incontri con personaggi famosi, quando ritorna con la mente agli anni ruggenti del suo lavoro, orgoglioso della sua esperienza ricomincia subito ad essere vulcanico e ottimista, e ritrova lo stesso entusiasmo del quindicenne sbarcato al Caffè Doney in piena “Dolce Vita”.

Domanda: Come è stato per un ragazzo di 15 anni, passare da un piccolo paese alla capitale?
Risposta: “Stupore, meraviglia, timore ed entusiasmo insieme erano i miei sentimenti.
Si lavorava sodo, ma gli occhi brillavano, come i bicchieri, come i lustrini delle star, come le luci della città, brillano come i flash dei numerosi paparazzi”.
Rocco ha conosciuto qui anche Marcello Rubini quel reporter romano cacciatore di notizie scandalistiche, interpretato nel film La Dolce Vita di Federico Fellini da Marcello Mastroianni, icona degli anni 60 .
“Sembrava quasi di vivere in una favola – continua Rocco – Era una vita faticosa, ma pur sempre una esperienza favolosa, un sogno. Protetto dalla solidarietà, dall’affetto e dai preziosi consigli dei compaesani , emigrati anche loro, ma da più tempo e con più esperienza, ho fatto i passi giusti per arrivare in breve tempo ad affiancare presto i barman professionisti”.
D: Abbiamo iniziato parlando di strada quasi obbligata per chi è nato a Villa, soprattutto nel contesto storico della prima metà del ‘900 e studiare era un privilegio di pochi. Sembra un passato molto remoto se lo si paragona alle maggiori possibilità e facilità che oggi i giovani hanno di scegliere il proprio futuro e i propri studi.
Come è stato per te?
R “Un tempo, in questi luoghi – ci racconta ancora Rocco – se non si era più che benestanti, pur dotati di capacità, pur avendo curiosità culturali e attitudine allo studio si poteva studiare solo al Seminario. E così è stato per me. Ho compiuto i primi studi in seminario, ma le levatacce alle 5 del mattino e le regole rigide non facevano per me – ci dice – e allora l’alternativa era già segnata: cuoco, o maître, o in albergo, o barman o comunque dentro quel settore, non avevamo molte altre possibilità.
Mi piace mangiare, amo la buona cucina, ma non avevo né la vocazione a farmi prete, né quella del cuoco, per cui a 15 anni con il solo biglietto di andata parto per Roma e grazie ai conterranei già inseriti in questo campo entro al prestigioso Café Doney nella famosa Via Veneto frequentata dal meglio della società del tempo e da personaggi illustri”.

Fin da subito Rocco Di Franco riesce a decifrare i codici di questo ambiente. E’ creativo, intelligente, attento a tutto ciò che lo circonda, non smette mai di studiare. Apprende in fretta e stupisce per la dedizione al lavoro, per la passione e resistenza ai ritmi frenetici. ”Per me non è mai stato un vero e proprio lavoro, perché quel mondo mi piaceva, mi affascinava, volevo fare bella figura. Sperimentare e preparare i primi cocktail era quasi un gioco”, ci spiega Rocco.
Appena tre anni dopo Rocco ha un ruolo di responsabilità al Rome Cavalieri Hilton Hotel e col suo estro creativo diventa un protagonista, una figura di spicco e ha un ruolo di responsabilità in questo prestigioso Albergo.
Altri incontri indimenticabili con tutte le celebrità del tempo.
Affermazioni e soddisfazioni costellano la sua vita professionale in tutto l’arco della sua splendida carriera.
Inventore di Coktails storici, Rocco, rappresenta l’aristocrazia del bartending abruzzese e tricolore!

Nell’84 ad Amburgo si classifica al primo posto nel campionato mondiale di Cocktails: Vince con il Cocktail Rhein Gold. Nello stesso anno con il suo leggendario Cocktail aperitivo Rhaingold è campione mondiale IBA (International Bartender Association)
Rocco di Franco di recente è stato incoronato anche con l’Order of Merit 2021, il prestigioso riconoscimento del mondo della mixology creato da Danilo Bellucci, comunicatore ed inventore di cocktail competition storiche.
I complimenti sono d’obbligo!
Ha una mente scaltra, è allenato al sacrificio, ha la stoffa del leader, la capacità di regia, non si è mai sentito un gregario. Ancora adesso mentre stiamo ad ascoltarlo seduti al bar, i suoi occhi si muovono veloci, come le parole, rincorrendo ricordi che scorrono e si accavallano. Anche le sue mani, mai ferme, si muovono come se stessero perennemente shakerando cocktail. Vuole avere in ogni circostanza tutto sotto controllo, il passato, così come il presente. Scruta cercando di capire con chi ha a che fare!
Rocco è un archivio vivente, è un attento fotografo e un collezionista seriale di immagini di un vasto repertorio che riguardano il suo lavoro, gli incontri affascinanti con quel mondo sintetizzato nella Dolce Vita di Fellini e non solo. Testimone prezioso della vita e della storia della Roma dagli anni ’60 ad oggi, ma nel sangue e nel cuore è sempre rimasto villese e del suo territorio di origine segue anche da lontano ogni vicenda.
Un attaccamento alle radici, un sentimento struggente di appartenenza, la consapevolezza del valore del passato che solo gli emigranti come Rocco sanno provare e trasmettere a chi sa ascoltarli. L’emozione è nelle sue parole, l’ansia che tutto vada dimenticato è palpabile, che i giovani non sappiano far tesoro dell’esempio di chi oltre al mestiere può insegnare loro il mestiere di vivere è il suo cruccio.
Per quanto veloce e perspicace, la complessità, la precarietà, la confusione del nostro tempo sembrano difficili da decifrare anche per lui e tutto sembra sfuggire a quel senso profondo della vita e della dimensione umana, fatta di saldi valori e sentimenti autentici, che rappresentano da sempre il suo pilastro.
A tratti lo stato d’animo tradisce un po’ di commozione e rivela una certa insofferenza di fronte ad un mondo troppo frettoloso, alle nuove generazioni troppo distratte per poter ascoltare e fare tesoro della memoria, poco attaccate alle radici e per questo inconsapevolmente più fragili.
I successi e i riconoscimenti, gli allori mietuti in grande quantità da Rocco Di Franco sono stati già ampiamente sottolineati e ricordati da questo giornale, ne abbiamo menzionato solo alcuni in questa sede.
Qui abbiamo voluto soffermarci oltre che sulla ricca esperienza professionale del barman campione del mondo, su quella umana, quella che emerge dalle sue parole, dai suoi ricordi, dalla sua straordinaria avventura di lavoro iniziata a 15 anni.
Chapeau maestro Rocco!