Che fosse tra i papabili a ricevere l’alloro massimo a cui gli chef possano ambire, non ci voleva certo un genio a dirlo. Se nel recente passato ho scritto e ribadito che la nuova stella Michelin in Puglia sarebbe stata la sua, è perché (nonostante l’età) Solaika Marrocco sta riscuotendo consensi di pubblico e di critica da un bel po’ di tempo. La lista di spillette che la nostra intervistata di oggi ha conquistato ed applicato sulla sua giacca bianca, in effetti, era già lunga prima di questo magico 2021: Miglior Chef Emergente per Gambero Rosso, Miglior 30 Under 30 per Forbes Italia, Premio Birra Moretti Grand Cru 2017. Un corsus honorum che ha completato, come tutti sanno, con la Stella Michelin 2022 + Premio Speciale giovane dell’anno, sempre secondo il simpatico omino delle gomme.
- Vi riporterò questa lunga chiacchierata suddividendola in tre parti. Tre episodi, come in una bella serie targata Netflix.
Già me lo vedo: la casa di Solaika! Si tratta di una serie TV della quale nemmeno tu puoi farci spoiler.
Dai, ok, la smetto di cazzeggiare e iniziamo subito con questa intervista: cara Solaika, in che maniera ti definiresti? Quale aforisma sembra fatto appositamente per te?
Il termine perseveranza mi descrive alla perfezione.
Una frase che mi calza a pennello, invece, è quella di Zig Zagler “your attitude not your aptitude, will determine your altidute” (il tuo atteggiamento, non la tua attitudine, determinerà la tua altitudine).
Ricordi i tuoi primi passi in cucina?
Mi si ferma il cuore quando penso al “momento della spesa con mamma”. Lungo il tragitto c’era un panificio che attirava la mia attenzione, un posto magico dal quale non riuscivo a staccare lo sguardo, anche quando ormai eravamo lontane. Pensa un po’, in quello stesso posto sono andata a lavorarci (o meglio, a dare una mano, visto che avevo solo dieci anni). Mi fermavo dopo scuola e ci rimanevo fino a quando non diventava buio. Quella è stata la prima volta in cui ho capito quanto sacrificio c’è dietro questo mestiere, l’ho letto nelle mani stupendamente ‘’scritte dal lavoro” del maestro panificatore.
Perché hai scelto di sposare la causa della cucina?
Della cucina mi ha rapito praticamente tutto. Cucina è passione allo stato puro, è stimolo continuo, è responsabilità, soprattutto. Ho sempre pensato che cucinare per qualcuno sia uno degli atti d’amore più antichi e sinceri che ci sia. E’ come se il cliente, prenotando, si affidasse completamente a noi. E’ un ”noi” che sottolineo perché fare ristorazione vuol dire dare un’idea di team, d’insieme, senza fronzoli, senza primedonne. Cerchiamo costantemente di anticipare le esigenze della clientela proponendo un’identità sempre più definita della nostra offerta. Certo, questo comporta tanto tempo da dedicare allo studio, alla sperimentazione, al costante aggiornamento…
A proposito dello studio, quanto è importante per te?
Lo studio è fondamentale, come ho anticipato. Non si finisce mai di imparare. Prendere consapevolezza delle proprie capacità e conquistare gli obiettivi prefissati serve solo ad alzare ulteriormente l’asticella, sfidando noi stessi al rialzo.
Dobbiamo essere al passo con i tempi, con prodotti diversi, contaminazioni diverse, metodologie diverse di cottura. Non c’è innovazione senza tradizione, anzi, ti dirò di più, la percezione che ho è che oggi la vera innovazione sia la tradizione stessa.
(To be continued…)