Diamo un’occhiata alla casa di chef Ungaro, novità di spicco del panorama gourmet
L’occasione era ghiotta: celebrare il ritorno in Italia – e per la precisione in Puglia – di un suo figliol prodigo, di uno chef prodigioso, il quale dopo aver calcato i palcoscenici gastronomici delle più importanti e stellate brigate europee, ha deciso di tornare a casa, a Monopoli, e di mettere a frutto quelle che sono le ‘’skills’’ apprese durante gli anni trascorsi fuori, aprendo un ristorante tutto suo.
Eppure, non stiamo parlando di un veterano prossimo alla pensione, di quelli che tornano a casa per il buen retiro. No, Domenico Ungaro, questo il nome del nostro chef, sta attraversando la fascia d’età della consacrazione, ovvero di chi si trova fra i 30 ed i 40, ed è quindi in grado di ottemperare a determinati oneri senza l’ingenuità del teenager, ma senza neanche il compassato cinismo di alcuni colleghi troppo rodati.
Un accadimento così, un ‘’ritorno’’ così, è abbastanza raro alle nostre latitudini, quasi mistico. Riabbracciare il figliol prodigo che torna nella sua terra contribuendo ad alzarne il livello, è cosa buona e giusta. Quindi, un po’ di giornalisti, addetti ai lavori ed amanti del food, si sono ritrovati presso il suo ristorante Radimare, pronti a farsi coccolare da un menu che non è solo gourmet, ma che è davvero esperienziale, dal momento che riesce a fondere in maniera coerente il km0 dell’amata terra dello chef con le tecniche apprese all’estero. Puglia e Paesi lontani, dunque. “Nel menu troveremo i suoi viaggi, troveremo la sua vita”, pensiamo a questo, noi commensali fortunati, varcando la soglia del ristorante.
Radimare è un locale moderno ma caldo nei legni, nel caratteristico bancone, nelle pareti dalle tinte pastello, tinte che si rifanno alle sfumature vitree del mare, in grado quindi di infondere tranquillità d’animo nel commensale e di predisporlo alla degustazione. Si parte dai benvenuti: una crocchetta iberica, un disco di pasta croccante con cozze alla scapece ed il golosissimo pan brioche alla carbonara.
Si passa poi ai ‘’crudi’’ – anche se è riduttivo definirli così – trattandosi di veri e propri affreschi nel piatto: carpaccio di ricciola, salsa di erbe fresche e fave novelle; scampi, crema di mandorle e finocchietto.
Il primo. Un risotto in grado di omaggiare la Puglia sposandola: noi commensali ci siam trovati infatti di fronte ad un riso aquerello, pesto di cime di rape, cozze e pomodorini confit.
Dulcis in fundo, un dessert che è un viaggio non autorizzato sulla macchina del tempo, nella gestualità, nel tatto e nel comfort dei ricordi: una scarpetta dolce, in cui al posto del pane v’è una sorta di nuvola di mandorla, da pucciare in maniera sfacciata, giocosa e golosa, in un intingolo di vaniglia e caramello salato.
Tornato quindi bambino, ancora in preda all’estasi data da una cena, sì tecnica, ma allo stesso tempo autentica, gustosa, attenta nei piatti come nel servizio, non posso che andare a casa contento. Fischietto calpestando i basoli del marciapiede, al pensiero che il futuro della Puglia gastronomica, se è in mano a persone come chef Domenico Ungaro, non potrà che sorriderci.