Disastri e climate change costano all’Italia 210 miliardi. Ma se l’agricoltura va male è proprio perché non si fa abbastanza per combattere il cambiamento climatico
L’agricoltura paga il prezzo più alto degli effetti del clima, con ben 900 milioni di euro di perdite nel corso del 2022, anno in cui l’andamento dell’economia agricola ha registrato un calo della produzione dell’1,5 per cento. Buona parte del risultato negativo va ricondotto alla diffusa siccità e alla carenza di precipitazioni. Il dato è venuto fuori nel focus di Censis e Confcooperative, dal titolo Disastri e climate change, conto salato per l’Italia, presentato lo scorso 20 febbraio, secondo cui i disastri ambientali bruciano ben 210 miliardi di euro, cancellando una somma pari all’intero importo del (Piano nazionale di ripresa e resilienza) o di dieci manovre finanziarie.
Dopo tanti che in queste settimane hanno detto che l’agricoltura va male per colpa dell’Europa che cerca di combattere il cambiamento climatico, arriva qualcuno –scrive su Prima Comunicazione Roberto Giovannini– che dimostra – numeri alla mano – che se l’agricoltura va male (insieme al resto dell’economia del Belpaese) è proprio perché non si fa abbastanza per combattere il cambiamento climatico.
“La cura del territorio non è un costo, ma un investimento sul sistema paese”, ha affermato Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, commentando i dati che emergono dal Focus Censis–Confcooperative. Uno studio che documenta che è addirittura di 210 miliardi di euro il conto che disastri naturali e cambiamenti climatici hanno presentato al nostro Paese.
Secondo la ricerca soltanto nel periodo 2017-2022 i danni provocati dalla crisi climatica ammontano a 42,8 miliardi. Soltanto nel 2022 ci sono costati una somma pari allo 0,9 per cento del Pil, ovvero la bellezza di 17 miliardi. Dall’analisi emerge che ben una piccola e media e impresa su quattro è minacciata, “perché – spiega Gardini – localizzate in Comuni a rischio frane e alluvioni, e presentano una probabilità di fallire del 4,8% più alta di quella delle altre imprese una volta che si sia verificato l’evento avverso”.
A ben vedere è proprio l’agricoltura è il settore più colpito: solo nel 2022 si sono persi circa 900 milioni, con un calo della produzione dell’1,5 per cento rispetto al 2021. Buona parte del risultato negativo è da imputare alla diffusa siccità e alla carenza di precipitazioni, tanto che il 2022 è considerato l’anno più caldo di sempre. Quasi tutte le tipologie di coltivazioni hanno subito un duro contraccolpo: la produzione di legumi (-17,5%), l’olio di oliva (-14,6%), i cereali (-13,2%). In flessione anche ortaggi (-3,2%), piante industriali (-1,4%) e vino (-0,8%). Il comparto zootecnico ha subito una riduzione della produzione pari allo 0,6%.
Infine, secondo lo studio negli ultimi 40 anni un terzo del valore dei danni provocati da eventi estremi nella Ue ha riguardato proprio il nostro Paese. Parliamo di 111 miliardi di euro in tutto, così suddivisi: 57,1 miliardi di euro per alluvioni, 30,6 miliardi per ondate di calore, 15,2 miliardi di euro per le precipitazioni, 8,2 miliardi per siccità, incendi boschivi e ondate di freddo.
Nutrire il futuro: può la sostenibilità essere la chiave per il sistema agroalimentare?
Il tema scelto per l’edizione 2023 parte da una domanda di estrema attualità: è possibile garantire la sicurezza alimentare a una popolazione mondiale ancora in crescita e al contempo passare a una filiera agroalimentare più sostenibile, visto che attualmente contribuisce per circa il 25-30% delle emissioni antropogeniche di gas serra? Esistono strade percorribili per un cambio di paradigma nella produzione degli alimenti, così come nella produzione, trasformazione, consumo, riduzione degli sprechi? Sarà forse anche necessaria una difesa della biodiversità agricola, così come di una nuova ecologia sociale?
L’incontro si svolgerà ad Orvieto il 29 febbraio e 1 e 2 marzo, tre giornate dedicate ai rapporti tra scuola, scienza e società: promuove OrvietoScienza. Leggere su Gustoh24