Si ha bisogno di poesia
di bellezza
per bruciare
la pesantezza
di questo tempo
L’autunno dipinge poesia.
Mi ispira!!!
Il gusto è stato declinato in tutte le salse e spesso famosi poeti hanno dedicato versi al cibo. Provo anch’io a cimentarmi con versi che parlano dei frutti della natura e del fascino di questa stagione.
Abbiamo parlato in più occasioni di arte culinaria accostandola alle arti figurative, oggi desidero aprire un nuovo capitolo e comparare la cucina alla poesia, fare del cibo gustose e poetiche pietanze, far dialogare e vicendevolmente influenzarsi cibo e verso.
Fra colline e avvallamenti
il paesaggio abruzzese
si tinge
di foglie scarlatte
di verdi ingialliti
Con fertile sorriso
l’ umida terra
le accoglie
Fra chiome argentate
di ulivi
ci sono le viti
Solo tralci un po’ tristi
ormai senza frutti
riposano
da generosa fatica
da dono di grappoli
d’oro
vermigli.
Tutto il sapore dell’estate
racchiuso
è nei frutti maturi
Tutto il lavoro di un anno
è nel profumo
di mosto
di-vino
Pungente è nell’aria l’odore
dell’olio novello
Felice il palato
assapora
l’autunno
che annuncia
l’inverno
Si dice che l’uomo prima di parlare abbia cantato e prima di scrivere prosa abbia fatto poesia e affidato al canto poetico la trasmissione del sapere, delle paure, dei sentimenti, del gusto e del piacere.
Mi piace immaginare che l’uomo, ma più verosimilmente la donna, abbia anche iniziato a cucinare cantando le proprie ricette, e con animo generoso abbia invitato ospiti alla propria mensa declamando versi, affinché sulla tavola aleggiasse gioia e si conservasse memoria del gusto e del sapere.
La saggezza dell’etimologia – poesia viene dal greco poiesis – che vuol dire fare, creare – ci viene incontro e ci suggerisce un rapporto molto normale, antico, quasi naturale fra l’uomo e la poesia, ma anche fra la poesia e la cucina, e allora perché non dare spazio alla “vena poetica” che è in noi, a quelli che per diletto amano raccontare in versi esperienze emotive, non solo gastronomiche?
Come si fa a non amare l’autunno con i suoi colori, con i suoi frutti, veri concentrati di sole e di calore!
Il piacere si moltiplica nell’umida atmosfera di novembre se si ha il privilegio di vivere in Italia, il Paese delle eccellenze, patria dell’arte e del bello, dove è stata la poesia a dare forma alla nostra lingua scritta, dove i versi in volgare di Dante, della Scuola del Dolce Stil Novo, della Scuola Poetica Siciliana hanno unito, all’insegna del bello, tutta l’Italia.
In molte parti del nostro Bel Paese è questo il tempo dei profumi permanenti, è il tempo delle provviste e dell’assaggio del vino e dell’olio novello!
E’ anche la mia stagione, questa, forse non quella che preferisco, ma quella che mi appartiene per i colori della malinconia e per nascita. Sono nata il primo di novembre!
ll vino, asset economico strategico dei territori italiani, insieme all’olio, è anche in Abruzzo sempre più cultura, salvaguardia della storia e del territorio, valorizzazione del ricco patrimonio enogastronomico.
I vini nella campagna vastese in provincia di Chieti svolgono appieno questo ruolo. A cominciare dalle storiche Cantine sociali di Casalbordino e di Villalfonsina e dai numerosi Frantoi sociali situati nella variopinta e profumata campagna.
Rivolgiamo pertanto l’invito a visitare l’Abruzzo e a fare rifornimento di bellezza e di bontà presso le numerose Aziende Agricole della vasta e variegata sua campagna.
Se è possibile bisogna andare dal vino e dall’olio! Bisognerebbe andare ad assaggiare sul posto le specialità del luogo.
Nessun vino può dare la gioia di un buon bicchiere gustato dove viene prodotto. Respirare la stessa aria che respirano le vigne, essere avvolti dallo stesso paesaggio, conquistati dai profumi portati dal vento e dal mare, ascoltare i racconti di chi coltiva la terra e produce puro vino è una esperienza, sensoriale ed estetica insieme, che ritempra.
Anche l’olio, il miele, i formaggi, i salumi ed ogni altro ben di Dio che l’uomo “raccoglie” dalla Natura sono da scoprire con un passo slow e ritmo giusto per entrare in un racconto fatto di relazioni, di emozioni, di gusto, di sapore e bellezza.
Ma forse è il vino ad essere più di tutti espressione della preziosità di questa stagione e metafora del genius loci che coinvolge il palato ma anche tutti gli altri sensi a partire dall’olfatto. Emoziona e appaga il profumo aspro ed assieme dolce del ribollire del mosto in fermentazione che contribuisce a trasformare anche una breve sosta in una vacanza: parola particolarmente bella e rilassante che in questo periodo si è fatta più rara, che già a pronunciarla rende felici, anche perché nella sua etimologia racchiude il senso di libertà di cui sentiamo tanto il bisogno.
Aspettiamo con ansia la fine dell’emergenza Covid per tornare a gustare tutto appieno, ma se siamo vaccinati e rispettiamo le regole di prudenza qualche piccolo regalo ce lo possiamo concedere!
Nell’aria c’è anche l’odore dell’olio, profumo verde, fresco e pungente ricco com’è di benefici polifenoli. Quell’amaro e piccore dell’olio di frantoio nell’assaggio sulla calda bruschetta è salutare gioia assoluta! E’ segno di abbondanza per le donne del posto che riempiono le case di provviste per tutto l’anno, che mettono a “curare” le olive in mille modi prima di portarle a “macinare”, che accendono la creatività e l’ingegno e riempiono il loro canestro di poesia e di dolci bontà da regalare ai giorni invernali.
E mentre gli uomini vigilano sulla trasformazione del mosto in vino, le donne con gesti impazienti preparano mosto-cotto e marmellata di Montepulciano per i dolci della tradizione. Sul trono fra tutti domina il Taralluccio, emblema di questo territorio, il più rappresentativo di questo periodo, fra i dolci più armoniosi di questa Terra Felix – Poesia pura!
Farina impastata col vino e l’olio (non quello novello, ma quello avanzato dell’anno precedente!) fa da guscio e trattiene la dolcezza della confettura di uva appena un po’ speziata con “un pizzico di odore di cannella” (come scrive mia madre nella sua ricetta), qualche pezzetto di noce e la buccia di arancia appena nata. Umile e sublime nella sua semplicità questo scrigno di schietta bontà ha bisogno di poco per essere un dolce da premio. Occorre avere i prodotti di qualità e la sapienza delle donne che hanno imparato dalle madri e ancor prima dalle nonne l’antica tradizione, i gesti rituali, le dosi, i mille segreti e che dalla semplicità sanno dar vita ad un piccolo capolavoro!

Ode al Taralluccio e al Pane Scafone
Dal mosto rubato
dall’olio avanzato
con fare furtivo
le donne creative
inventano
dolci ristori
Allietano
il palato di chi
alla vite
ha dedicato la vita
E’ gioia
di cuore
col genuino sorriso
dei Tarallucci
stranoti
ridare
vigore
E’ delizia
quel “Pane scafone”
ai più meno noto
che cuoce
e profuma cucine
e stradine.
Dolce poesia
della natura
Sinfonia pura
tramandata
di madre in figlio.

In prosa e in versi voglio raccontarvi anche di un altro dono dell’autunno: il budino d’uva, forse poco conosciuto, ma che racchiude tutto il carattere umile e prezioso del luogo e della stagione. Il dialetto nel territorio di confine fra Atessa e Casalbordino chiama questo delizioso budino “Pane Scafone” o “Pane Scafonett”.
Siamo sempre in Abruzzo, in provincia di Chieti.
Pochi anche da queste parti ne hanno memoria.
A raccogliere il testimone di tradizioni arcaiche di più autentica identità in casa Zinni è Nicola, testimone di un modo di vivere la campagna e i suoi frutti all’insegna del rispetto e della fedeltà alla natura, alle sue stagioni, ai suoi ritmi. Alle provviste di casa ci pensa lui! Produce olio e vino puro, fa un vino cotto, a detta di molti, superbo, ideale per accompagnare i famosi Tarallucci, secondo la tradizione contadina, e per concludere nel migliore dei modi momenti di convivialità e di amicizia. Prepara anche in questo piovoso autunno svariate confetture di frutta e ottimo aceto di mele, perché nulla dei doni della sua terra vada sprecato.
Poi, prima che il mosto si trasformi in vino, ci delizia con l’immancabile Budino che sua madre chiamava “pane scafonett”.
Pensionato maestro di architettura, Nicola Zinni cura la bellezza e la bontà bucolica all’insegna de “l’art’ di tata è mezza ‘mbarate“ come si dice qui, ovvero: l’arte del padre (ma in questo caso della madre), è mezza imparata/conosciuta. (Tata, singolare maschile, è già presente nel latino col significato di padre ed è ancora presente in alcuni dialetti del Meridione). Del padre ha ereditato il calmo ingegno e il lento procedere di spalle morbide sulla via, mentre è dalla madre Miracolina Marcucci che ha ricevuto la sapienza della Natura, la passione e l’amore simbiotico per essa e la ricetta di questo speciale budino/pane d’uva.
Una ricetta semplice che si ripete e si tramanda uguale da chissà quanti anni: basta 1 litro di mosto (con l’uva bianca il risultato è più delicato, ma è con l’uva di Montepulciano che si esprime in tutta la sua intensa pienezza e rotondità di sapore e di colore!) cui si aggiungono 100 grammi di farina e 100 grammi di gherigli di noci, mentre sul fuoco si rimesta dolcemente finché non si addensa come un budino.
Semplicemente e deliziosamente memorabile!
E’ Nicola
nella nebbia remota
a raccogliere
l’eredità atavica
che sa di vero.
Schietto è come un tempio
Dà certezza agli anni
che ciò che si tramanda
perduto non andrà
Nel cielo lirico
cucchiaio aromatico
tinge d’ autunno
il palato accogliente
Nutre la vita
di ricordi e di piacere
il suo pane
d’uva e
di pazienza

La foto di copertina: Acquerello abruzzese (tra Villalfonsina e Casalbordino)
Le Foto di Nicola Zinni