A cura dell’avvocato Daniele Granara, dell’associazione ambientalista Verdi Ambiente e Società – V.A.S. con sede in Roma, riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente con decreto del 29 marzo 1994
L’EFSA (European Food Safety Authority) è stata istituita con Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare.
Tale Autorità è una delle 36 agenzie europee decentrate, ossia organismi di diritto pubblico, dotati di personalità giuridica, indipendenti e specializzati, con lo scopo di fornire consulenza tecnico – scientifica alle istituzioni comunitarie ed agli Stati membri.
In particolare, EFSA è l’Agenzia europea di supporto tecnico-scientifico alle istituzioni europee in sede di valutazione del rischio in materia agroalimentare, improntata al principio di precauzione, essendo poi rimessa la sua gestione alla Commissione.
In particolare, l’Agenzia svolge il suo ruolo in merito a:
– tutela della vita e della salute umana,
– tutela della salute e del benessere degli animali e
– tutela della salute dei vegetali.
Trattasi di missioni di tenore rigorosamente scientifico e consultivo, che solo un organismo indipendente può garantire.
Se l’attuale configurazione dell’Autorità è coerente con l’ordinamento europeo e con la disciplina della sicurezza alimentare dell’epoca della sua istituzione, nei vent’anni trascorsi molto è cambiato.
Già il regolamento del 2002 ed il successivo Pacchetto igiene ha rappresentato un primo passo per la trasformazione della disciplina alimentare “da una semplice ottica igienico-sanitaria a un approccio organico-integrale”, che coinvolga tutta la filiera alimentare, dalla produzione alla commercializzazione, passando per la trasformazione e il trasporto dei generi alimentari.
Quanto sopra si traduce nella regolazione ex ante, in relazione all’analisi del rischio, ed ex post, sanzionatoria, che devono eterointegrarsi.
La prima fase, dove si esplica il ruolo dell’EFSA in sede di valutazione del rischio, è governata dal principio di precauzione, ripetutamente affermato anche dai giudici europeo e nazionale.
Nel nuovo scenario normativo si è poi inserita la giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale ha bilanciato interessi diversi, da quelli speculativi privati degli operatori economici a quelli di tutela delle specificità nazionali, a loro volta tutelati dalla disciplina europea in materia di denominazioni e certificazioni, dalla concorrenza (regina del mercato unico europeo) alle limitazioni della stessa, in favore di particolari prodotti, in virtù della maggiore qualità.
Già nella giurisprudenza della Corte di Giustizia emerge l’insufficienza (ancora) anche del nuovo approccio normativo, che non considera ancora adeguatamente la qualità dei prodotti, fermi restando i loro igiene e sicurezza.
In altri termini, specie la giurisprudenza in materia di certificazioni e denominazioni ha evidenziato come non sia sufficiente che il prodotto sia igienico e sicuro, occorrendo spesso un’altra distinzione, legata appunto alla particolare qualità del prodotto stesso (data dal territorio di provenienza e/o dalle tecniche di produzione e/o di trasformazione e/o di conservazione), che ancora non si è in grado di tutelare pienamente.
Negli ultimi anni è emersa l’esigenza della food security (garanzia di quantità sufficiente di cibo per tutti) oltre alla food safety (sicurezza igienico sanitaria degli alimenti).
Si può affermare (e lo conferma sempre di più la crescita della produzione e del consumo di prodotti biologici ed ecosostenibili, anch’essi vincolati a rigidi disciplinari sottesi all’ottenimento di certificazioni europee e/o internazionali) che oggi si avverta il bisogno di una food quality, che combini insieme la sicurezza e l’igiene del prodotto ad un quid pluris qualitativo, che vuole evitare (ad esempio nel processo produttivo) l’utilizzo di fattori che vengono accertati come sicuri (si pensi all’impiego di antibiotici nell’allevamento, di pesticidi o di OGM in agricoltura), ma suscettibili di incidere negativamente sulla qualità del prodotto finale e, nel lungo periodo (se non nell’immediato), sulla salute umana ed animale e sull’ambiente.
In tale ottica, pare opportuno un ampliamento delle funzioni dell’EFSA, con l’attività di regolazione e sanzionatoria, che connotano le autorità amministrative indipendenti a livello nazionale, cosicché la stessa, in quanto dotata delle necessarie competenze tecnico-scientifiche, possa affrontare le nuove sfide del regime agroalimentare a garanzia della qualità della vita, anche sul versante sanzionatorio.
Se, da un lato, non si escludono criticità dell’ampliamento delle competenze di un organo di consulenza tecnico scientifica, dall’altro, appare ormai anacronistico ed inadeguato rimettere alla valutazione politica le scelte relativa ad un settore così delicato e complesso.
Il limite a tale rafforzamento è costituito essenzialmente dal fatto che l’Unione Europea non è uno Stato e non è uno Stato federale (come gli USA, dove infatti esiste un’Autorità amministrativa indipendente molto attiva) e i Trattati istitutivi non consentono un ampliamento dei poteri dell’Efsa e delle altre Agenzie nel senso sopra indicato, non essendo annoverate tra le Istituzioni dell’Unione.
Se tuttavia l’Unione vuole effettivamente perseguire la food quality, sembra imprescindibile e non più rinviabile un passo decisivo in questo senso, anche per uscire dalla crisi in cui l’Unione versa ormai da tempo.
L’interesse ad un’Autorità scientifica dotata di pieni poteri in materia alimentare incontrerebbe certamente l’interesse dell’Italia, in ragione dell’eccellenza dei propri prodotti agroalimentari e spesso penalizzato dalla disciplina europea vigente e dalle posizioni assunte dalla Commissione europea, oltreché dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che si è sopra richiamata.
Del resto, una esperienza positiva in tal senso si è registrata a livello nazionale con le Autorità Amministrative indipendenti, tra le quali manca però quella a garanzia della sicurezza e qualità alimentare.
Ciò in quanto, a prescindere dal riparto della potestà legislativa in materia di agricoltura (oggi competenza legislativa regionale residuale ex art. 117, comma 4, della Costituzione) e alimentazione (rimessa alla potestà legislativa regionale concorrente ex art. 117, comma 3, della Costituzione), il legislatore statale e regionale italiano deve rispettare gli obblighi derivanti dall’ordinamento eurounitario ai sensi del comma 1 dell’art. 117 della Costituzione.
Trattasi di materie permeate dal diritto europeo ed è pertanto quella la sede in cui occorre individuare il garante: il rafforzamento dell’Autorità appare conseguentemente la via più opportuna.
Se detta evoluzione dell’ordinamento europeo non dovesse esplicarsi, è essenziale prenderne atto e rivendicare la tutela dei prodotti italiani in sede europea, mediante un più incisivo dialogo con la Commissione europea (ancora) titolare dei poteri di gestione e sanzionatori in materia. (Abstract).