L’entroterra di Chia, Sardegna, é ricco di orti e giardini; mare, spiaggia, lagune, strada, poi il panorama cambia, per un tratto dà l’idea di una savana africana, arbusti, cespugli, qualche albero isolato e dopo poco fichi, susini, peschi, albicocchi, al suolo pomodori, peperoni, melanzane, zucchine, fagioli. Qui i pomodori sanno di pomodori e la frutta non ha quel sapore neutro che spesso non fa distinguere una susina da un’albicocca.

Lungo le strade e più spesso all’interno degli stessi orti ci sono punti di vendita dei prodotti coltivati e raccolti, l’unica eccezione é per le pesche perché tutti vogliono quelle di San Sperate, un antico borgo sardo a pochi chilometri da Cagliari, famoso appunto per la sagra delle pesche (17 luglio) ma con la pandemia rinviata a settembre) e per i murales.

Spesso i venditori mi chiedono: “Signora, viene a Chia da tanti anni perché non compra una casa qui ?”

Alla domanda segue sempre una forte raccomandazione, “Signora però mai vicino al mare, sempre lontano, in alto, in alto”.

É come se un antico terrore del mare, la paura di un disastro immane di cui non sono stati certo testimoni, siano passati attraverso i millenni e giunti fino a oggi, un caso di inconscio collettivo direbbe Jung, il deposito delle esperienze dell’umanità, presente in ogni singolo individuo.

Solo pochissimi anni fa A. C. (Avanti Covid) nell’area espositiva dell’aeroporto di Elmas era allestita una mostra del giornalista Sergio Frau OMPHALOS: La Sardegna Di Atlante, Primo Centro Del Mondo‘ che in circa 300 immagini anticipava l’uscita del libro con lo stesso titolo e dello stesso autore.

Frau si chiede chi abbia convinto i sardi a lasciare le coste e a rifugiarsi in montagna e a vivere come se fossero in riserve; la quasi certezza dell’autore é che ci sia stato un cataclisma marino, uno ‘Schiaffo di Poseidone’ per dirla come Omero o per dirla in sardo ‘S’ UNDA MANNA’ , un’onda che ha superato i 300 metri che nel giro di una notte ha spazzato via la civiltà nuragica ( XII secolo a. C ); i sardi sono stati vinti dal loro stesso mare.

Non é la prima volta che Frau ha intuizioni che lo portano a conclusioni così discordanti dalle informazioni e dal sapere che abbiamo e in cui affondano le nostre radici; prima di Omphalos era già riuscito a scandalizzare alcuni storici e geografi con il libro ‘Le Colonne D’Ercole, un’ inchiesta’ in cui ipotizza che le famose colonne non si trovassero all’altezza dello stretto di Gibilterra, ma nel canale di Sicilia.

‘Bisogna dare fiducia agli antichi’ é questo il punto di partenza di Frau, ‘siamo abituati a pensare che la storia dell’uomo abbia tre, quattro, cinquemila anni, come ci hanno fatto credere nei primi del Novecento, ma é molto possibile che si possa parlare di circa un milione e mezzo di anni e quindi bisognerebbe retrodatare di millenni il sapere dell’umanità.’ Frau crede di essere solo il portavoce di autori antichi che a loro volta basavano la loro cultura su millenni di precedenti sperimentazioni nei quali l’uomo non poteva non avere già capito tante cose.

Se le Colonne d’Ercole erano immaginate proprio tra la Sicilia e la Tunisia allora la terra di cui parla Platone nel ‘Crizia’, Atlantide, dove gli abitanti vivevano ricchi e felici per l’abbondanza dei frutti e dei metalli che vi trovavano generosamente poteva essere stata la Sardegna. Poi quando la popolazione divenne avida e distrusse l’armonia che vi era regnata così a lungo gli dei decisero di punirla facendo inghiottire l’isola dal mare e qui trova spazio la teoria del cataclisma marino avanzata da Frau.

É doveroso dire che il giornalista nelle 1154 pagine di ‘Omphalos. Il Primo Centro del Mondo‘ ricerca e approfondisce in modo molto serio per testare la veridicità delle sue teorie, il libro é ricchissimo di documenti ed é supportato da una mappa realizzata con un piccolo drone da Ettore Tronci, amico di Frau, per verificare se, nel Medio Campidano, ci fossero tracce di quella grande onda di cui si parla nel libro.

E ‘Dal cielo finalmente svelati i segreti del Campidano‘: una Pompei del mare ancora inesplorata. Dove il mare non é arrivato i nuraghe sono ancora perfetti, nel Sinis piccole montagnole coperte di fango proveniente dal mare nascondono quel che resta di nuraghe con torri di 10 metri di diametro raschiate via dall’urto dell’onda; é difficile pensare che sia stato il risultato dei soli agenti atmosferici.

Quanti tesori potrebbero essere portati alla luce se si decidesse di intervenire con regolari scavi? Che immane patrimonio potrebbe essere restituito alla Sardegna a cui gli autori antichi hanno riconosciuto un ruolo fondamentale per la sua centralità nel mondo!

Sono ancora tante le sorprese che riserva la lettura del libro di Frau, spesso sconvolgenti, ma mi piace riportare le parole di Alessio Grazietti direttore generale SOGAER, società di gestione del principale scalo sardo a proposito della mostra ‘Omphalos’: “Dall’aeroporto partono aerei, passeggeri, merci. A noi però piace pensare che da qui prendano il volo anche nuove idee. Gli azzardi di Frau sul Mondo Antico costringono a ragionare di nuovo su temi dati per scontati. Già per questo aspetto meritano di decollare”.

La necessità di vivere sui monti, lontano dalle coste, ha certamente determinato anche scelte che hanno influenzato il cibo, ma questa é un’altra storia.