La Denominazione esalta lo storico vitigno Raboso, i cui tannini prorompenti sono ‘ammansiti’ da un lungo invecchiamento in cantina e da una percentuale di uve appassite. E l’antico metodo di produzione a “Bellussera” sopravvive ancora in alcune vigne
La Docg Malanotte del Piave, denominazione di nicchia che sia attesta sulle 50mila bottiglie annue, in poco più di dieci anni si è fatta apprezzare tra gli eno-appassionati, dando ragione a quei produttori del bacino del Piave che l’avevano fortemente voluta per valorizzare lo storico vitigno Raboso. “E’ nata nel 2011 dall’esigenza di distinguere e valorizzare il Raboso prodotto con una percentuale di uve appassite rispetto al Raboso da uve fresche che rientrava nella Doc Piave – racconta a Gustoh24 Antonio Bonotto, alla guida della azienda vinicola Bonotto delle Tezze – Il riconoscimento della Docg è stato relativamente facile in quanto era una richiesta condivisa e questo ci ha agevolato. Era giunto il momento di fare chiarezza e per quello si è deciso di fare due denominazioni”.
Il nome della denominazione viene dal delizioso Borgo Malanotte a Tezze di Piave, frazione di Vezzola (TV), realizzato dalla facoltosa famiglia Malenotti, commercianti di lana trasferitisi dal Trentino. “E’ una famiglia che ha influenzato questo territorio per due secoli – sottolinea Bonotto – , per la Docg, dunque, un legame storico importante e con il vantaggio di non essere legato a una zona specifica. Il nome poi, secondo una sondaggio che avevamo svolto, piaceva a tutti gli operatori”.
Borgo Malanotte custodisce la storia di queste terre. Qui, all’ombra dei gelsi, cullate dal lento scorrere del fiume sacro alla Patria, le vigne danno sin dai tempi antichi un vino rosso che racchiude in sé tutti i sentori di questa terra e della sua storia. Il sapore è austero e profuma di marasca, mora e mirtillo, di spezie. Il Raboso è inoltre legato ad un antico e affascinante sistema di allevamento a raggi, la “Bellussera” (inventata a fine ‘700 dai fratelli Bellussi di Tezze di Piave, ndr) , che era molto impiegato nel secolo scorso e ancora viene praticato in alcune vigne. Questo sistema, per cui la vite viene “maritata” ad una pianta di sostegno, solitamente il gelso, ha caratterizzato per lungo tempo la campagna trevigiana e ancora oggi ne esistono esemplari datati, tra cui la vigna centenaria della famiglia Roveda a Tezze di Piave.
Il Malanotte – come spiegato in occasione di una degustazione di sei espressioni della Docg organizzata all’osteria al Cortivo a Borgo Malanotte dal Consorzio Vini Venezia che promuove e tutela la denominazione assieme alle altre quattro – Doc Venezia, Doc Lison Pramaggiore, Doc Piave e Docg Lison – che rientrano nel suo ambito – è figlio di una evoluzione tecnica, (che da disciplinare prevede, oltre a una parte di uva appassita, un invecchiamento di almeno tre anni nelle cantine) che ‘ammansisce’ la spigolosità del vitigno e lo rende più morbido ed elegante, regalando un sorso assai piacevole al palato. In bocca si percepiscono, oltre ai frutti rossi, note di tabacco, cacao, vaniglia e spezie, quella mineralità che viene dai deppositi alluvionali portati sul territorio di produzione dai ghiacciai prima e dal fiume Piave poi, quindi suoli caratterizzati da un’alta percentuale di sostanze minerali quali fosforo e magnesio.
I Malanotte del Piave ben si adattano ad accompagnare carni grigliate e arrosti e sono degni compagni anche di un dessert goloso come la torta al cioccolato fondente.