‘Un Monaco ti veste e un Monaco ti spoglia’, tredici giugno, é S. Antonio il monaco designato all’alleggerimento dei vestiti.
La vita di quelli degli anni ’50 del Sud era regolata anche da proverbi di questo tipo perché ‘Caldo di panni non fa danni‘ e allora le mamme aspettavano il giorno del Santo di Padova per toglierci la maglia di lana con le maniche lunghe e farci finalmente indossare la canottiera a bretelle.
Oggi mi trovo a pensare alla felicità che si godeva con questo semplice gesto ma che racchiudeva tanti altri significati, un rito che coincideva con la fine della scuola, con le passeggiate all’aria aperta e magliette a mezze maniche e soprattutto si poteva dare il via alla stagione dei bagni.
In quegli anni a Salerno non c’era ancora il porto commerciale, nello stesso posto vi era una lunga fila di stabilimenti balneari, se ricordo bene si partiva dall’Arenella Beach e si chiudeva con lo Scoglio 24. Io e mio fratello prendevamo la filovia 2 Porto/Fratte e la frenesia di buttarci in acqua era tale che cominciavamo già a spogliarci all’altezza del Teatro Verdi.
Sono passati tanti anni e tante cose sono cambiate, per esempio non devo aspettare S. Antonio per svestirmi, ma il desiderio smanioso del mare é rimasto lo stesso; fino a maggio non ho grossi problemi, ma da giugno in poi il pensiero é fisso, é una specie di richiamo, c’é quello della foresta, per me quello del mare, e non posso accontentarmi di guardare un delizioso paesaggio marino, io ci devo entrare nell’acqua e la voglia di stare in quella della Sardegna é fortissima.
Durante la pandemia, nei momenti di sconforto, poco dimostrati ma tanto intimamente avvertiti, mi veniva in mente fra le varie preoccupazioni che non avrei potuto più vedere questa meravigliosa isola e quando pochi giorni fa ho sentito i rumori dei portelloni del traghetto che lentamente si sono abbassati fino a toccare terra sarda mi é venuto da piangere. “Ajo Sardegna, sono tornata a trovarti! Ce l’ho fatta!”
Ci sono circa 280 chilometri da Porto Torres a Chia, ma il viaggio é abbastanza comodo perché la Carlo Felice, ss131, non é mai piena di traffico, é un lungo nastro che si srotola in mezzo all’isola e che l’attraversa da nord a sud; non si vede il mare e menomale, sarebbe un’attrazione troppo pericolosa per chi guida, si é in compagnia costante di una coperta di macchia mediterranea: cuscini di lentisco, di mirto, rosmarino, corbezzolo, alloro, poche le piante più alte, bisogna essere dotati di super poteri per sconfiggere i venti dell’isola e permettersi di alzarsi.
Dopo tre/quattro ore di auto e lo scarico dei bagagli la ricompensa é prelibata: un piatto di fregola con arselle e frutti di mare.
Sarò sempre grata alla Sardegna per avermi fatto scoprire queste palline di pasta che, come piccole spugne, assorbono tutti i sapori senza diventare mai molli e flosce.
A casa ho sempre un sacchettino di fregula perché se é vero che la sua morte é con il pesce e i frutti di mare, il risultato é ottimo anche con ingredienti molto più poveri e semplici: ho provato a cucinarla nel modo in cui mio padre amava la pastina serale con la salsa allungata; non si fa altro che cuocere dei pelati per pochi minuti poi si aggiunge l’acqua e quando bolle si versa la fregula, a seconda dei gusti si può lasciarla più brodosa o aspettare che si asciughi il sugo, completare con formaggio grattuggiato o con una spruzzata di origano, nelle sere invernali é un’ottima cena.
Sono tanti i formati di questa pasta, ne ho visto uno del pastificio artigianale Araj dove i granellini sono minuscoli e sembra vero e proprio cous cous sardo, l’altro pastificio artigianale di Cagliari, Sardissimo, ha preparato delle buste di fregula pronta in 7/9 minuti che é già condita con bacche di mirto, zafferano di Turri, cavolo nero e le ha dato il nome della famosa spiaggia oristanese Is Arutas conosciuta anche come ‘spiaggia dei chicchi di riso’.
Sarebbe bello se anche in Sardegna ci fosse un festival della fregula come a San Vito Lo Capo c’é quello del cous cous fest (leggere su Gustoh24), ma non mancano sagre, tra le più famose quella di Neoneli, un piccolo paese a 50 chilometri da Oristano dove in autunno c’é la ‘Festa de sa fregula e de sa cassola‘ cioè la fregula viene condita con una tipica zuppa di pesce.
Per qualche curioso, l’altro monaco, quello che ci veste, é San Francesco, festeggiato il 4 ottobre che spesso coincideva con l’ultimo bagno di mare della stagione.