Circa duecento industrie manifatturiere associate, 2.400 marchi, 64 miliardi di euro di giro d’affari, 97mila occupati: queste le dimensioni di un settore fondamentale per il Paese
Si è svolto stamane, 25 giugno, alla Triennale di Milano l’incontro sul tema “Geopolitica, società, innovazione – Scenari e priorità per l’Industria di Marca” promosso da Centromarca.
“Abbiamo bisogno di una politica industriale che favorisca fusioni e acquisizioni, perché la taglia delle nostre imprese ci penalizza nel mercato globale”. Con queste parole Francesco Mutti, presidente di Centromarca, l’associazione italiana dell’industria di marca, ha aperto l’incontro richiamando l’attenzione del governo. Ha concluso la giornata, intervenendo da remoto il ministro Giancarlo Giorgetti.
“È inoltre fondamentale finalizzare le risorse pubbliche sui comparti strategici e creare le condizioni migliori per gli investimenti, in particolare quelli destinati alla digitalizzazione e allo sviluppo sostenibile”, aggiunge Mutti. Nette le considerazioni sulla legalità: “Chi non rispetta le regole, altera la concorrenza e compete in modo sleale. L’illegalità si combatte con leggi chiare e controlli rigorosi, perché il corretto andamento del mercato è elemento d’interesse collettivo”.
Su questo ventaglio di priorità Centromarca concentra i suoi interventi ai tavoli istituzionali, portando la voce di un settore fondamentale per l’Italia: 200 aziende industriali manifatturiere, alimentari e non food, che commercializzano 2.400 marchi, sviluppano un giro d’affari di 64 miliardi di euro (in un mercato Gdo che vale 94 miliardi) e occupano 97mila persone.
Una compagine di realtà da cui scaturiscono 70 miliardi di valore condiviso a monte e a valle della loro attività (un quarto del prodotto interno lordo dei soli settori agroalimentare e vitivinicolo). Ogni occupato nell’industria di marca genera sette posti di lavoro nella filiera del largo consumo e dieci complessivi in Italia. L’associazione è impegnata nel contrasto all’introduzione di nuove tasse sui consumi e a qualsiasi ipotesi di rafforzamento di quelle esistenti. “Gli effetti che ne deriverebbero sul potere d’acquisto delle famiglie, sulla dinamica della domanda interna e sui livelli occupazionali sarebbero fortemente negativi”, rileva Mutti.
Il presidente ricorda anche che “il comparto responsabile ha evitato – ogni impresa per quanto le era possibile – di scaricare a valle istantaneamente i pesanti aumenti esogeni di costo che in questi anni sono piovuti sui nostri conti economici. L’analisi dei bilanci mostra che tra il 2020 e il 2022 l’incidenza dei costi sostenuti, dalle industrie aderenti a Centromarca, per l’acquisto di materie prime è cresciuta dal 54,5% al 57,8%. Energia elettrica, acqua e gas hanno visto il loro peso aumentare dall’1,3% al 2,4%. Gli extracosti sono stati in parte assorbiti nei conti economici e in parte trasferiti a valle con estrema gradualità. Per effetto della crescita dei costi l’utile netto complessivo è calato dal 5,5% al 4,6%”.
A una fase critica per la congiuntura e i mercati, l’industria di marca, nel suo insieme, ha risposto mantenendo o potenziando gli investimenti. Il 6% delle entrate è stato destinato alla ricerca e allo sviluppo. Il 63% delle aziende ha aumentato gli impieghi in tecnologie digitali, come le piattaforme di e-commerce, l’intelligenza artificiale e gli strumenti per la gestione dei big data. Oltre il 70% ha aumentato gli stanziamenti destinati alla sostenibilità, con focus sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica e sull’adozione di pratiche di economia circolare.
L’industria del largo consumo, complessivamente, rappresenta l’11,6% di tutti i beni manifatturieri nell’Unione europea. Il 61%, pari a 276 miliardi di euro, resta all’interno dei confini; il 39%, pari a 174 miliardi di euro, è esportato. I prodotti di marca europei, particolarmente richiesti in tutto il mondo, rappresentano il 33% del saldo commerciale positivo dell’Ue. Investendo 81 miliardi di euro l’anno nell’Unione europea, l’industria dei beni di largo consumo contribuisce significativamente alla competitività e all’innovazione.
Alle tavole rotonde di approfondimento che hanno caratterizzato l’incontro hanno preso parte: Corrado Passera (fondatore e ad di illimity), Paolo Barilla (vicepresidente gruppo Barilla), Marco Bentivogli (esperto di politiche industriali e del lavoro Base Italia), Mirja Cartia d’Asero (ad gruppo 24 Ore), Roberto Leopardi (group ceo e general manager Bolton), Paolo Magri (vicepresidente esecutivo Ispi), Mara Panajia (presidente e ad di Henkel Italia), Vincenzo Perrone (professore ordinario Università Bocconi), Cristina Scocchia (chief executive officer illycaffé), Andrea Scotti Calderini (fondatore e ceo Freeda), Veronica Squinzi (ad gruppo Mapei), Massimiliano Valerii (dg Censis).
Per le conclusioni è intervenuto in videocollegamento il ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti che al Presidente di CentroMarca Mutti gli appelli ha risposto: «Bisogna unire le forze – ha detto il ministro – le imprese medie danno un contributo decisivo alla crescita del pil italiano, è necessario trascinare più aziende in questa fascia».