Rimini, Rimini e ancora Rimini
Che ricordi meravigliosi, di vacanze spensierate, di bagni notturni, di bomboloni alla crema, di avventure amorose: di gioventù!
Per noi, ventenni di allora, andare in vacanza qualche giorno a Rimini era come ottenere il passaporto per il divertimento allo stato puro, nessun posto come Rimini ti garantiva tanta vita e divertimento. Già, che bei ricordi.
Ci sono tornato tante volte negli anni a venire, ma il tour gastronomico dell’estate di qualche anno fa mi ha lasciato un piacevole sapore in bocca e un delizioso ricordo. Voglio raccontarvi di un percorso, sviluppato nella zona territoriale di Rimini, attraverso le eccellenze del Consorzio della strada dei vini e dei sapori dei Colli Riminesi, che ho avuto la fortuna di vivere in prima persona. Vini, oli, formaggi, piatti a base di pesce, il mare e le colline, le fosse e le cantine.
Quando arrivai in località Spinalbeto, a un km da Santarcangelo di Romagna, nella terra del Sangiovese e del ballo liscio, era già sera. Mangiai frettolosamente qualcosa e corsi a riposarmi per essere sicuro di potere affrontare al meglio la giornata seguente che, come da programma, sarebbe stata ricca di appuntamenti. La notte la trascorsi in un confortevole agriturismo e l’indomani, di buona ora, raggiunsi nelle vicinanze la prima realtà produttiva.
L’azienda agricola di Sauro Torsani
Ad attendermi, presso l’azienda agricola, trovai uno dei titolari, Sauro Torsani, e la nostra chiacchierata ebbe inizio in un grande uliveto ricco di 1100 alberi. Apro una breve parentesi perché il nome Sauro, tipico in Romagna, mi fa pensare all’amico scenografo e scrittore Sauro Roma che con i suoi scritti mi ha sempre regalato bellissime emozioni.
L’autore torna in campo. Tra la cultivar di olive, Leccino, Correggiolo e Frantoio, olive che dopo la raccolta raggiungono il frantoio per essere subito spremute. Dalla spremitura, che affina in vasca di acciaio in azienda, mi spiegò Sauro, se ne produce un blend profumato e a basso grado di acidità che piace molto anche ai turisti di passaggio. Si perché oltre a produrre olio e, tra poco ve ne parlo, e vino, l’azienda dispone di una struttura per la ricezione turistica: grandi sale per pranzi e cene deliziose e confortevoli camere per il pernottamento. Dall’uliveto al vigneto.
Per parlare di uva e relativi vini prodotti incontrai in vigna il giovane enologo, Stefano Delbono di origine Franciacortina, che con grande gentilezza ebbe modo di soddisfare appieno le mie domande. Mi erudì sui terreni a medio impasto situati ad una altezza variante dagli 80 ai 100 metri sul livello del mare, sui 5 cloni di Sangiovese posizionati in differenti punti delle vigne per le differenti maturazioni e mi fece assaggiare alcuni dei vini prodotti.
Un Sangiovese D.O.C. Colli di Rimini, vino fresco e delicato, non aggressivo e di facile beva, affinato in parte in acciaio e in parte in legno; poi una riserva decisamente più corposa e presente affinata 24 mesi in botti tonneau e altri 6 mesi in bottiglia. Venne il momento di un piacevolissimo brut rosato a base Sangiovese, metodo Charmat/Martinotti (Federico Martinotti, direttore per l’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti – Eugène Charmat). Un brindisi sulla terra del grande Tonino Guerra e di Gioacchino Volpe, storico e politico italiano che, sebbene fosse nativo di Paganica in Abruzzo, spirò a Santarcangelo di Romagna il 1° ottobre del 1971.
Che splendido termine è la parola “viaggio”. Quanti pensieri ispira alla mente, emozioni, sogni, sapere e non sapere, atteso e inatteso, dolce e amaro, gusto e visone.
Lasciai Spinalbeto e raggiunsi, proprio a Santarcangelo, l’azienda olivicola di Paolo Paganelli.
Avevo iniziato a comprendere meglio l’olio del territorio ma dovevo saperne di più e, soprattutto, dovevo assaggiarlo. L’Extra Vergine di Oliva di queste colline è riconosciuto con il marchio europeo – DOP Colline di Romagna – e deve essere prodotto, come da disciplinare, con almeno il 60% di olio da spremitura della cultivar Correggiolo.
La raccolta delle olive ha inizio alla metà di ottobre e si protrae fino alla prima settimana di novembre. E’ un olio di media leggerezza, non amaro, con note evidenti di mandorla e in parte di carciofo. Indicato per piatti di mare come il pesce, meglio ancora se lesso, o le lumachine di mare in umido tipiche della tradizione romagnola che ben si sposano con un Albana di Romagna D.O.C.G. secco. Le lumachine appartengono alla tradizione dei piatti poveri della zona e vengono servite come piatto unico. Gli oli di Paolo e della sua famiglia (suo papà inizio quasi 50 anni fa a produrre olio) sono di qualità, premiati in concorsi prestigiosi nazionali come l’Ercole Olivario di Spoleto e Il Sirena d’Oro di Sorrento.
L’ora di pranzo era arrivata: che fare? Qualche km ed eccomi, come un tempo degli anni di gioventù, sulla spiaggia di Rimini. Come cambiano le cose, le situazioni, le mode e i modi. I cartelli turistici scritti in inglese e tedesco sono stati sostituiti da quelli in russo e, molto probabilmente, per lavorare è meglio dire “Da” piuttosto che “Ya”. A Rimini incontrai, nel suo elegantissimo ristorante, Gaetano Callà il presidente del Consorzio della strada dei vini e dei sapori dei colli di Rimini.
Sorseggiando un fresco bicchiere di Rebola, un piacevolissimo bianco del territorio, parlammo della riviera tanto amata e conosciuta per tanti aspetti ma non ancora appieno per la bellezza dell’entroterra: un paesaggio splendido ricco di tesori inestimabili e con un paniere enogastronomico di tutto rispetto. Vini, oli, formaggi, salumi; basti pensare che l’80% dell’olio prodotto in regione è della zona di Rimini, ho citato il Rebola che è un vitigno autoctono conosciuto dal 1300 (alcuni sostengono che arrivi dal Grechetto di Todi mentre per altri dal Pignoletto bolognese…ma sono ipotesi).
Poi ci sono i salumi di Mora, antica e nobile razza suina romagnola, e i formaggi, quelli di fossa su tutti. Per i formaggi di fossa, di cui dopo scriverò, devo ricordare i comuni di Talamello e di Sogliano dove sono nati. In realtà Sogliano è un comune della provincia di Forlì Cesena ma situato sul confine e pertanto nel territorio adiacente al riminese. Infine i grandi sapori del mare con le ricette tipiche. Una costa che deve sposare l’entroterra e vice versa, un’unione fondamentale per continuare ad avere successo in campo turistico. Gaetano mi fece assaggiare di tutto di più: grande cucina e ottimi vini!
Dopo pranzo mi rimisi in marcia e raggiunsi San Giovanni in Marignano per conoscere un altro produttore di vini del territorio: Sandro Bacchini. La sua tenuta è molto bella ed è posizionata sulla collina da dove si respira a pieni polmoni il mare. Sandro, persona squisita e gentilissima, oltre a fare il produttore e l’imprenditore del vino ha trascorso molto tempo della vita alla ricerca delle origini della sua famiglia scoprendo, passo dopo passo, di essere giunto alla 18esima generazione.
A dir poco sorprendente, dal Concilio di Trento (1545 – 1563) e prima ancora grazie alla visione di migliaia di atti notarili, per arrivare agli inizi del 1400. Ancora prima con altri documenti per scoprire che la famiglia discende da Tonsino Bacchini di Firenze: Ghibellino. Ben 25 anni di ricerche. L’autore torna ai nostri tempi.
Per Sandro il vino è emozione, ogni vino una specifica emozione. Quello che un tempo era un alimento oggi non lo è più, per quale motivo allora lo si beve? Per nutrirsi o ingrassare? No, per vivere delle emozioni. La tenuta comprende 130 ettari 80 dei quali a vigneto, produce uve locali, Sangiovese, Trebbiano, Pagadebit e internazionali, Merlot, Chardonnay, Riesling. Dalle uve vini in purezza e blend. L’azienda dispone di grandi sale per le degustazioni, soprattutto per le comitive di turisti in vacanza al mare. A conferma di quanto detto prima sul turismo che cambia stile e lingua, durante la mia chiacchierata con Sandro arrivò un nutrito gruppo: 60 donne…russe!!!
La giornata volgeva al termine ma rimaneva il tempo per un’ultima tappa: i formaggi di fossa. Mi spostai e raggiunsi Mondaino ultimo comune della provincia di Rimini al confine con le Marche. Qui in una antica dimora trovai Michele Chiaretto e la sua famiglia, produttori di formaggi di fossa. Li trovai vestiti con costumi d’epoca medioevale in quanto, come Sandro in cantina, anche loro ricevono i gruppi di turisti per le degustazioni e, un pizzico di atmosfera, non guasta mai.
Atmosfera ma anche storia vera perché in effetti Mondaino è un antico borgo risalente al 1300 baluardo dei Malatesta, ed essendo punto di confine un tempo i saccheggi erano all’ordine del giorno, motivo per cui nella piccola piazza, ora coperta e luogo di degustazione di Michele, nel 1392 vennero scavate 3 grandi fosse per nascondere le provviste. Fosse che ancora oggi vengono usate, usate qui una sola volta all’anno per sistemare a maturazione l’ormai celebre formaggio di fossa DOP.
Le forme di formaggio vengono introdotte nelle fosse e accatastate ordinatamente nel mese di agosto e vi rimangono per 81 giorni fino al 15 di novembre, giorno in cui avviene la sfossatura del formaggio: la grande festa. Poi per 9 mesi le fosse rimarranno a prendere aria e, prima di essere nuovamente riempite, verranno bruciate con la paglia e successivamente rivestite, sempre di paglia, che servirà per assorbire l’umidità e a mantenere il calore della fermentazione del formaggio.
Il formaggio di fossa di Michele è prodotto con latte di pecora, stagiona 3 mesi prima di entrare in fossa, confezionato in sacchetti di cotone, dove vivrà la sua maturazione. Tra i vari accostamenti per gustarlo al meglio segnalo il fico caramellato e un bicchiere di Visciolino, liquorino a base di visciole. Sorrido. Anche da Michele in quel frangente arrivò una comitiva di turisti, questa volta misti, uomini e donne…russi e russe!!!
E così vi ho raccontato uno dei miei ritorni a Rimini, un ritorno bello, interessante e gustosissimo, ricco di momenti e persone piacevoli, peccato che sia mancata una sola componete rispetto un tempo: i vent’anni!