Una notizia brutta e una buona.
Ristoranti e bar sono le attività che maggiormente stanno soffrendo gli effetti della crisi pandemica. Molti di essi rischiano la chiusura e, anche se non bastano, ci sono atti di solidarietà che non vanno trascurati.
Iniziamo da una buona notizia.
Un industriale del vino e dei liquori trevigiano, Stefano Bottega, regala una fornitura di 50 mila bottiglie di prosecco ai ristoratori italiani colpiti dalla crisi a causa delle restrizioni per il Covid «con l’ augurio di poter brindare presto a tempi migliori».
«Questa categoria di piccoli imprenditori, che da un anno a questa parte è stata assoggettata a prolungate chiusure a singhiozzo, – spiega Stefano Bottega – è quella che ha pagato il prezzo più alto della crisi sanitaria. Inoltre, rispetto ad altri paesi europei, i famosi ristori o sostegni da parte dello Stato sono arrivati in ritardo e in misura esigua per far fronte alle spese ordinarie che continuano a correre anche ad esercizio chiuso». Per Bottega «si tratta di un piccolo gesto, che non ha l’ambizione di sostituire i ristori o i sostegni, ma che manifesta in modo concreto la solidarietà ai propri clienti da parte di un’azienda del comparto alimentare».
Anche Bottega Spa ha risentito della prolungata crisi di questo settore. La cantina e distilleria trevigiana nel 2020 nel canale dettaglio ha infatti perso in Italia il 40% del proprio fatturato rispetto al 2019.
Le difficoltà quotidiane sono enormi
Ma di fronte a questo atto di solidarietà c’è una realtà drammatica che le riaperture del 26 aprile non attenuano anche perchè le previsioni delle associazioni di categoria sono molto nere.
Secondo una stima recente c’è una quota ampia dei 290 mila tra ristoranti e bar che rischia di chiudere e per questo le ultime decisioni del governo, di una parziale riapertura dei locali, non può bastare e ricevono questa risposta dalla Fipe.
I sindaci -propone la Fipe- mettano a disposizione spazi extra
“Riaprire solo le attività che hanno i tavolini all’esterno, significa prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi. Il 46,6% dei bar e dei ristoranti della penisola non è dotato di spazi all’aperto e questa percentuale si impenna se pensiamo ai centri storici delle città nei quali vigono regole molto stringenti. Se questo è il momento del coraggio, che lo sia davvero. I sindaci -scrive in una nota la Fipe-Confcommercio– mettano a disposizione spazi extra per le attività economiche che devono poter apparecchiare in strada ed evitare così di subire, oltre al danno del lockdown, la beffa di vedere i clienti seduti nei locali vicini.
Nelle prossime ore chiederemo ad Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni, di collaborare con noi per spingere i sindaci a concedere il maggior numero di spazi esterni extra, in via del tutto eccezionale e provvisoria, agli esercizi che in questo momento ne sono sprovvisti. Sarebbe un bel segnale di unità e di voglia di uscire dal pantano tutti insieme”.