Le sfide dell’agroalimentare. Sostenibilità, giusta remunerazione, caporalato e cambiamenti climatici le sfide per un settore che vale 64 miliardi di euro. Il Ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha parlato dell’esigenza di sviluppare strategie economicamente sostenibili dal Green Deal della Politica Agricola comune all’export a rischio guerra
Questa mattina (10 luglio 2024) si è tenuta la seconda edizione dell’AgrifoodSummit, l’appuntamento del Sole 24 Ore -informa una nota degli organizzatori- dedicato alla filiera agroalimentare italiana con focus su politiche di settore, innovazione ed export.
L’Italia è un esempio di sicurezza alimentare a livello mondiale, ma in questi anni ci sono state diverse sfide: cambiamenti climatici che causano fenomeni meteorologici estremi, le guerre in Medio Oriente e in Ucraina che impattano la logistica di import-export e infine la piaga del caporalato che è tornata in primo piano. L’unica strada perseguibile è quella della sostenibilità, non solo ambientale ed economia, ma anche sociale che permetterà di sviluppare i giusti strumenti per affrontare queste sfide.
La mattina di lavori si è aperta con i saluti iniziali del Direttore del Sole 24 Ore, Fabio Tamburini, che ha ricordato le sfide con cui si deve confrontare il settore dell’agroalimentare, uno dei fiori all’occhiello dell’economia italiana, con un valore di circa 64 miliardi di euro.
E’ seguito l’intervento del Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, che ha parlato dell’esigenza di sviluppare strategie economicamente sostenibili dal Green Deal della Politica Agricola comune all’export a rischio guerra.
Sul tema è intervenuto anche Cristiano Fini, Presidente Nazionale di CIA-Agricoltori Italiani: “La nostra agricoltura ha bisogno di strategie più flessibili e di una burocrazia davvero più snella. La sfida che attende ora il comparto è la costruzione di una nuova via per la sostenibilità, non ideologica né penalizzante, con direttive eccessivamente vincolanti per il settore. Green Deal e Pac devono rispondere al principio della gradualità e della pertinenza, prestando concreta attenzione alle emergenze che investono l’agricoltura a livello globale, riconoscendo nei fatti la centralità del settore nella lotta ai cambiamenti climatici, nella salvaguardia di ambiente e territorio, nella competitività del Made in Italy. Ecco perché dovranno essere una priorità: la tutela del reddito degli agricoltori; lo sviluppo delle aree interne e rurali anche contro il dissesto idrogeologico; la salvaguardia del suolo; la gestione comune della risorsa idrica; la reciprocità negli accordi commerciali per tutelare il prodotto italiano ed europeo ed evitare la concorrenza sleale di Paesi terzi. Infine, l’agricoltura sarà protagonista del futuro se aprirà le porte a più innovazione e formazione, favorendo allo stesso tempo il ricambio generazionale nei campi, l’accesso al credito e alla terra”.
Anche Gianluca Lelli, Capo Area Economico di Coldiretti si è confrontato dicendo:“L’Europa che ci aspettiamo adesso è un’Europa di tutti, un’Europa dei popoli. Un’Europa che dia un “sì” deciso alla zootecnia, unico strumento che abbiamo per salvaguardare i terreni dalla desertificazione, e che faccia valere il principio di reciprocità: stesse regole per tutti e stop all’ingresso di prodotti da fuori dei confini Ue che non rispettano i nostri stessi standard. Dobbiamo salvaguardare il nostro made in Italy e per questo sarà fondamentale modificare il codice doganale sull’origine dei cibi, che fa diventare italiano un prodotto che arriva dall’estero grazie all’inganno dell’ultima lavorazione sostanziale”.
A seguito, Daniele Caceffo, Head of Agriculture di Generali Italia ha esplorato le sfide del settore agricolo, parlando di quali sono i bisogni emergenti e la necessità di nuove misure. Ha dichiarato: “Il settore agricolo è oggi strategico per il Paese: alimenta una filiera di grande rilevanza che vale nel suo complesso oltre il 15% del Pil nazionale e che coinvolge molti altri settori economici quali la trasformazione, la distribuzione, il commercio, la ristorazione e l’agriturismo, solo per citarne alcuni. In questo contesto, in cui continuano a emergere nuovi rischi e nuovi bisogni per gli agricoltori, solo il 10% delle imprese agricole risulta avere una copertura assicurativa sulla propria attività, con marcate differenze a livello territoriale. Come primo assicuratore in Italia, sentiamo la responsabilità di proteggere famiglie e imprese progettando soluzioni innovative che intercettino i loro bisogni emergenti e rispondano al contesto nel quale operiamo”.
A mattinata inoltrata l’attenzione si è spostata sul futuro delle coltivazioni, andando a parlare di Intelligenza Artificiale e di Agricoltura rigenerativa. Sul tema, Sara Faravelli, Corporate Communication Director di Purina Southern Europe, Nestlé Purina ha spiegato che: “Tra gli obiettivi di sostenibilità di Purina ci siamo dati traguardi sfidanti come l’azzeramento dei gas serra entro il 2050 e questo richiederà cambiamenti significativi nel nostro modo di operare, per questo abbiamo definito tappe e obiettivi intermedi come quello di approvvigionarci entro il 2025 per un quinto del nostro fabbisogno di cereali e proteine vegetali attraverso metodi di agricoltura rigenerativa. Per questo abbiamo deciso di impegnarci con azioni concrete che ci permettano di approvvigionarci in maniera sempre più sostenibile, con l’obiettivo di diminuire l’impatto sul territorio e rigenerare i terreni che ci forniscono le materie prime per il nostro pet food. Attraverso il progetto LENs, dal 2022 Purina cofinanzia pratiche di agricoltura rigenerativa nelle aziende agricole del territorio del Veneto e Friuli-Venezia Giulia, in prossimità del sito produttivo Purina di Portogruaro, con l’obiettivo di portare vantaggi quali il miglioramento della qualità ed efficienza nell’utilizzo di acqua, la rigenerazione della fertilità dei suoli, il miglioramento della biodiversità, la riduzione delle emissioni e la cattura del carbonio. Siamo profondamente convinti che sia un percorso da fare insieme ai nostri partner”.
Più tardi si è parlato delle strategie per ottimizzare le attività agribusiness riducendo i costi e aumentando la competitività. Marco Lazzari dell’Ufficio Sales Agri di BPER, ha dichiarato: “L’agricoltura è ormai votata all’innovazione in una misura maggiore di quanto si possa pensare, con strategie mirate a ottimizzare le attività, ridurre i costi e aumentare la competitività. Investimenti in efficienza produttiva e digitalizzazione (agricoltura 4.0), idroponica e agricoltura di precisione rappresentano infatti la nuova frontiera nella richiesta di finanziamenti. BPER è molto attenta al comparto agroalimentare e da circa un anno ha istituito il servizio Agri Banking, specificamente dedicato, gestito da professionisti, che offre soluzioni innovative a supporto delle Filiere e dei piani di investimento. BPER, inoltre, è attenta a raccogliere richieste di aiuto in momenti di difficoltà causati, per esempio, da calamità naturali che colpiscono il settore, offrendo risposte concrete implementabili nel minor tempo possibile”.
Sul tema si è confrontato con Veronique Mazza, C&I National Account per il Centro Nord di SENEC: “Le strategie per ridurre i costi ed aumentare la competitività delle imprese agricole oggi non possono prescindere dall’adozione delle energie rinnovabili, che, oltre a consentire la riduzione delle bollette, comporta altri benefici per le aziende, i dipendenti e la comunità in cui sono insediate. Nel mio intervento ad Agrifood esplorerò quali sono le opzioni disponibili alle aziende che desiderano sfruttare i vantaggi del fotovoltaico, incluse quelle meno note come i Corporate PPA, il noleggio operativo e le Comunità Energetiche Rinnovabili. Tramite l’analisi di un caso di studio reale, inoltre, evidenzierò quanto le Comunità Energetiche possano rappresentare un’opportunità in più per le imprese che desiderano aumentare l’impatto positivo del fotovoltaico sul proprio bilancio, il proprio ambiente e la propria comunità”.
A seguire è intervenuto Pier Lorenzo Dell’Orco, Amministratore Delegato di Italgas Reti, in un panel dedicato all’agroenergia, spiegando che ruolo potranno avere l’agrivoltaico, il biometano e il biogas nel fronteggiare la crisi energetica: “Il biometano è una fonte di energia rinnovabile strategica per accelerare il percorso al net zero, sostenendo al contempo l’autonomia energetica del nostro Paese, oggi ancora fortemente dipendente da energia di importazione. Per l’Italia si stima una potenzialità di produzione di 8 miliardi di metri cubi al 2030, ma per liberarla servono infrastrutture di distribuzione smart, digitali e flessibili e una ripartizione diversa dei costi di allacciamento alla rete che adesso, nel nostro Paese, pesano per l’80% sui produttori. Da questo punto di vista, Italgas è impegnata in prima linea offrendo il suo network capillare e interamente digitalizzato ed individuando le condizioni ideali per favorire le connessioni e promuovere la produzione”.
Alla seconda edizione dell’Agrifood Summit, infine, è intervenuta Rebecca Valent, enologa di Borgo Stajnbech: “Rappresento la nuova generazione di Borgo Stajnbech e sono enologa. L’azienda è certificata SQNPI dal 2019 ma è da sempre attenta alla sostenibilità: non sono quella ambientale protetta dalla certificazione ma anche a quella economica e sociale. Ogni ambito della sostenibilità completa l’altro e lo rende attuabile. In azienda ogni giorno lavoriamo e investiamo per impattare il meno possibile. Ad esempio, entro fine mese l’azienda raggiungerà l’autonomia energetica. Per la nuova generazione di produttori è sempre più abituata ad investire in sostenibilità. Incrementare le varietà TEA nelle aree sensibili a contatto con la popolazione sarebbe una buona pratica per ridurre al minimo il contatto tra prodotti fitosanitari ed individui, senza dover perdere il patrimonio genetico e la biodiversità delle varietà convenzionali, creando un giusto equilibrio fra tradizione e innovazione. Le utilizzerei nel caso in cui fosse consentito l’uvaggio nei disciplinari di produzione ma soprattutto se il risultato organolettico e di invecchiamento fosse in linea con la tipicità del prodotto da uve tradizionali”.
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