“Stè cume en puciu”, se non vivete in Piemonte e siete giovani probabilmente non avete mai sentito dire questa frase e sicuramente non ne conoscete il significato.
Allora cerco di darvi qualche ragguaglio in merito.
“Stè cume en puciu” è un detto del dialetto piemontese che mi piace molto: esprime infatti la sensazione di benessere, di tepore, di serenità che si crea nell’intimità della casa, con la famiglia, con parenti e amici nelle fredde serate d’inverno quando fuori nevica e il freddo si fa sentire costringendoti e stare in casa, magari vicino al camino o alla stufa.
Il detto nasce dal fatto che il frutto di questa pianta viene raccolto e conservato nella paglia; ricordo con nostalgia i tempi in cui dai miei nonni in campagna c’era una stanza dedicata a riporre la frutta per l’inverno e un angolo era dedicato a questa specie di pometti, dove, in una gerla bassa, ripiena di paglia venivano riposti quasi come se fosse un giaciglio. I “puciu” in quel cesto confortevole e caldo continuavano a maturare, cambiavano di colore e diventavano più morbidi e più buoni. Quindi dire di “stare come un pucio” significa stare bene, sentirsi al calduccio, coccolati, protetti.
Il “pucio” è una pianta da frutto antica conosciuto come il Nespolo Germanico, molto più conosciuto il suo parente nespolo giapponese presente in primavera.
Non è un frutto particolarmente saporito come quasi tutti i frutti dell’estate, anzi direi acidulo e pieno di semi; grande come una noce e al momento della raccolta che avviene in autunno, nel mese di novembre, ha il colore della ruggine ma l’albero è bello e solitamente porta tanti frutti che troneggiano sui rami quando le foglie variopinte di tutti i caldi colori autunnali cadono copiosamente e non di rado si riempie di uccellini che pasteggiano coi suoi frutti.
E’ un frutto semplice, umile, dimenticato, relegato ormai in qualche angolo della campagna in un anfratto scordato della memoria. E’ simbolo di un passato contadino, delle nostre tradizioni che via via si affievoliscono: andrebbero riscoperto e rimesso nei giardini.
In Piemonte, per fortuna, si fanno ancora delle fiere dedicate all’antico frutto: la prima settimana di dicembre, per esempio, a Farigliano (CN) fiera chiamata anche fiera di San Nicolao; l’ultima settimana di novembre nel monregalese a Trinità (CN) chiamata fiera di San Francesco; e poi a Narzole (CN) in novembre si celebra annualmente la secolare Fiera Napoleonica dei porri e dei puciu e Sagra della Cognà, indetta nel 1809 da Napoleone Bonaparte.
Un aneddoto simpatico è un lontano ricordo della nonna che mi raccontava che nel giorno dedicato alla fiera dei puciu le ragazze trovassero marito e se non accadeva bisognava aspettare la fiera successiva!
Onestamente mi rendo conto che i puciu hanno un sapore particolare ma solitamente il gusto è il senso collegato alla memoria, molto spesso il ricordo dell’infanzia, di un avvenimento, di un gesto, una carezza, una coccola donata da chi ci ha amato o da chi ci ha accompagnato fin dall’inizio della nostra vita. E’ per questo che seppur non siano entusiasmanti quando li trovo li mangio e dopo…. “Stun propi cume un puciu”!
[…] Dopo essere sopravvissuto fino al dolce insieme a Kety e al figlio della coppia facciamo una passeggiata notturna per Tsnori. Al momento di coricarmi, scopro che nella camera fa un freddo cane perchè il riscaldamento è spento; tuttavia nel letto c’è una montagna di coperte ed uno scaldasonno, così mi sdraio e sto da puciu. […]