Il tour in Toscana dell’inviato di Gustoh24 Raffaele D’Angelo
La Toscana è prima per prodotti Ig e bio, con prodotti esportati in tutto il mondo, dall’olio al pecorino, passando per il prosciutto
Al termine della tavola rotonda di Buy Food Toscana (leggere su Gustoh24), la vetrina in cui è discusso delle eccellenze toscane e dei primati della regione, un gruppo di giornalisti di settore è stato coinvolto in un press tour alla scoperta dei prodotti toscani, tra castagne, pecorini affinati in grotta e olio d’altura prodotto sul vulcano spento che domina la Toscana del sud.
Dopo le masterclass al ristorante “Il Garibaldi” il nutrito gruppo di giornalisti della stampa di settore si è diretto verso la meta del tour, il Monte Amiata. Il programma si è rivelato ricco e intrigante con tante curiosità da scoprire e tanti luoghi interessanti da visitare, tra cui il caseificio “Il Fiorino” – pluripremiato grazie ai pecorini affinati in grotta aderente al Consorzio del pecorino toscano Dop–, la ridente cittadina di Seggiano, la Città dell’olio in cui si produce olio Dop, e il Monte Amiata, casa dell’omonima castagna Igp.
L’Hotel Impero (https://grandhotelimpero.it), nella piccola città di Castel del Piano (GR), ha accolto i giornalisti, alle prese con un fitto programma. La prima tappa è stata il ristorante Bastarda Rossa (https://www.facebook.com/BastardaRossa) ad Arcidosso (GR), una tranquilla città dalle strade deserte, piena di calma, in cui nell’aria si respira già l’odore dei camini accesi.
Il ristorante, una locanda tipica, ha accolto il gruppo all’interno dei suoi spazi ben curati, con un servizio semplice, ma che mette a proprio agio il cliente. È presente anche una spaziosa terrazza dalla quale si gode una vista piacevolissima. Da Bastarda Rossa le proposte gastronomiche sono ricche di prodotti tipici: tutti i locali del press tour aderiscono alla rete di Vetrina Toscana, un progetto portato avanti da Regione e Unioncamere Toscana che promuove ristoranti e botteghe alimentari che utilizzano i prodotti del territorio.
A tavola si è iniziato con un antipasto misto di affettati, formaggi pecorini, finocchiona e crostini, a seguire un primo piatto di pici con guanciale verza e castagne, accompagnata da zuppa capercia (a base di cipolla, ricotta, spinaci e pomodoro), il secondo è anche molto gustoso: pollo all’agresto (suitée di pollo con una salsa a base di uve colte in anticipo) con patate, il tutto irrorato dal buon sangiovese maremmano, che ha accompagnato la nostra cena sino al dolce.
Il giorno successivo, il 28 ottobre, ci si è rimessi in marcia, alla volta di Roccalbegna, dove il caseificio Il Fiorino – aderente al Consorzio del Pecorino Toscano Dop – produce il suo formaggio pecorino. È un prodotto rinomato, prodotto sin dagli albori della nostra civiltà, e da sempre lega uomini e territorio in un rapporto unico e indissolubile. Secondo l’ultimo report Ismea, la produzione di pecorino toscano ha un valore stimato di 32 milioni di euro, mentre, più in generale, la categoria dei formaggi Ig conferma la leadership in Gdo in termini di valore venduto (41,2% sul totale), seguita da vino (33,7%) e da prodotti a base di carne (19,7%).
Il caseificio Il Fiorino inizia la sua attività nel lontano 1812 a Roccalbegna, Una storia di pastorizia, in cui pastori transumanti diventano stanziali con l’acquisto di pascoli e terreni. È così che nel 1957 Attilio Fiorini decide di fondare il caseificio. Oggigiorno è la figlia Angela, assieme al marito Simone Sargentoni, con la collaborazione di 25 operai, a garantire una produzione di eccellenza. Il caseificio è vincitore di numerosi riconoscimenti mondiali e segue i rigorosi dettami del disciplinare di produzione del Consorzio del Pecorino Toscano Dop diretto da Andrea Righini, che ha accompagnato la delegazione di giornalisti durante tutta la loro permanenza, spiegando ogni minimo dettaglio, dalla prime fasi della caseificazione alla grotta di affinamento. È un rituale antichissimo che si ripete tutti i giorni e che ha affascinato tutti i presenti. Si comincia dall’osservare il latte che quaglia, poi la rottura della cagliata, e pian piano sotto le gesta abili dei casari il liquido si trasforma in massa granulosa, che da li a poco prenderà “forma”, trasformandosi in tanti scrigni unici, ciascuno con odori e aromi diversi.
Dopo aver assistito alle fasi della salatura e la visita alla grotta di stagionatura, la visita si è conclusa tra tavoli imbanditi dove a parlare sono stati i profumi dei diversi tagli e delle diverse stagionature di formaggio che hanno regalato un’ambiente amichevole con l’immancabile Sangiovese, per l’occasione scelto fresco e fruttato e che ha contribuito a regalare note di calore e allegria a questa tappa.
-Altre informazioni sul caseificio “Il Fiorino” sono presenti su https://www.caseificioilfiorino.it
A Roccalbegna, tra strette viuzze medievale e fresca aria di montagna, il gruppo ha poi raggiunto il caratteristico ristorante La Pietra, incluso tra gli associati di Vetrina Toscana, per la quale occorre sottoscrivere un manifesto in cui specifica che si utilizzano prodotti locali e rispettosi dell’ambiente. Letizia Silenzi, che ha raccontato la vita del borgo e la storia centenaria della Locanda – che risale alla prima metà dell’Ottocento – assieme a quella dell’attività della cooperativa di comunità “Davide Lazzaretti”, che si ispira all’ideologia del celebre rivoluzionario. La cooperativa gestisce anche alcune case sparse all’interno del paese.
I piatti del ristorante sono legati alla tradizione toscana di montagna e arricchiti da tocchi di rinnovato sapore. È tutto un susseguirsi di specialità locali, dalle millefoglie con mousse di baccalà su crema di ceci, ai tortelli maremmani, in due varianti – al ragù o burro e salvia –, oppure gli gnocchi di castagne porri e pancetta, cinghiale in umido e, infine, dolci tipici come le crepes di farina di castagne con marmellata di mele e ricotta, o il tipico biscotto salato di Roccalbegna. Ha accompagnato i piatti il buonissimo Armancione 2019 Igt Toscana bianco bio a fermentazione spontanea, un blend di uve autoctone con base trebbiano toscano macerato, della cantina Ugo Contini Bonacossi.
– Sito web in via di costruzione https://www.albergolapietra.com/it/gastronomia
Antica Locanda Ristorante “La Pietra”
Via XXIV Maggio, n.69/b
58053 Roccalbegna ( GR)
Tel:0564 989019 – Cell: 349 7596210
info@locandalapietra.it Web: www.locandalapietra.it
Al termine del pranzo i giornalisti si sono diretti verso il borgo di Seggiano, la “Città dell’olio”, in cui i ritmi sembrano ancora scanditi dalla vita degli ulivi, che disegnano il paesaggio, inerpicandosi verso i fianchi della montagna fino a lambire le porte dell’abitato. La regina della produzione è la cultivar “Olivastra Seggianese”, prodotta da piante con caratteristiche rustiche, che crescono tra i 450 e i 650 m s.l.m sulle pendici del Monte Amiata, un vulcano pleistocenico, a cavallo tra la Provincia toscana e quella romana, attivo tra 305.000 e 231.000 anni fa (e.g., Laurenzi et alii, 2015). Gli alberi sono ben resistenti alle basse temperature e raggiungono dimensioni molto notevoli, con drupe di piccole dimensioni con forma sferoidale che maturano precocemente. La quantità di olio nelle olive è straordinariamente elevata e di ottime qualità organolettiche con caratteristiche chimiche inconfondibili rispetto a qualunque altro olio toscano e italiano.
L’Olio Toscano Igp, con la sua produzione pari a 28 milioni di euro, è tra i principali prodotti che hanno il maggior peso nel contribuire alla produzione regionale assieme ai cantucci toscani Igp (37 milioni di euro) o al Prosciutto Toscano Dop (33 milioni di euro). Questi prodotti, nel complesso, rappresentano il 90% della produzione regionale e costituiscono l’86% dei prodotti esportati. I principali mercati europei di destinazione delle denominazioni sono la Germania e i Paesi Bassi, mentre a livello extra-UE principalmente USA, Regno Unito, Canada e Giappone.
Ma torniamo a Seggiano. L’olio, durante la fase degustativa, si presenta con un colore che vira dal verde al dorato, l’odore è fresco, pulito netto di oliva, note delicate di mela verde; il sapore ha una punta di dolce, con un carico medio basso di piccante e amaro.
Luciano Gigliotti, presidente del Consorzio Tutela Olio Seggiano Dop, ha accolto il gruppo, mostrandogli i campi in cui diversi contadini sono alle prese con la raccolta delle olive. La molitura avviene subito dopo la raccolta, all’interno del vicino frantoio sotto lo sguardo attendo del gruppo stampa.
Camminando per le stradine antiche di Seggiano si può arrivare al Museo dell’Olio Diffuso, un percorso interessante che unisce diverse aree di interesse storico, passando accanto all’Oratorio di San Rocco, eretto tra il 1486 ed il 1490, e che ancora oggi viene ricordato dalla devozione popolare per la cessazione di una epidemia di peste.
Continuando verso la via degli Orti si arriva al monumentale “Cisternone”, che ospita un esemplare di Olivastra Seggianese, nutrito dal 2014 con la tecnica aeroponica per nebulizzazione (con le radici sospese); il progetto sperimentale è la traduzione nella pratica del principio sui metodi di comunicazione delle piante ed è stato ideato dal professore Stefano Mancuso, botanico e accademico di fama mondiale. Lì vicino sorgono la Chiesa dedicata a San Bartolomeo Apostolo, patrono di Seggiano, e l’antico Frantoio Ipogeo Ceccherini, poi la Chiesa della Compagnia del Corpus Domini e la Chiesa dedicata alla Madonna della Carità, realizzata tra il 1589 e il 1603.
La visita si è poi conclusa su una terrazza da cui è possibile vedere la parte più alta del Monte Amiata. La luna, che ha illuminato il cielo, ha reso più rarefatti i luoghi e la serata; i giornalisti, seduti su una panchina sotto un albero di Olivastra, hanno potuto godere dell’ospitalità del Consorzio di Tutela Olio Seggiano Dop, che ha allestito un tavolo per la degustazione di olio, accompagnata da vino e altri prodotti tipici. A sorpresa si è avvicinato un gruppo di suonatori che, con le loro chitarre, hanno intonato alcuni stornelli dei tempi passati, canzoni di briganti e di riscatto per allontanare le fatiche di una pesante giornata di lavoro.
La Seggianese Soc. Coop. A.R.L.
Indirizzo: VIA GROSSETANA, 5 – 58038 SEGGIANO (GR)
https://laseggianese.com/ – https://www.consorzioolioseggiano.it/museo-olio/
Il ristorante La Scottiglia, che aderisce a Vetrina Toscana, in località Pescina a Seggiano, è stato la meta della cena. Si tratta di un locale storico, con piatti tradizionali presentati in un ambiente molto familiare. Il ristorante è una sintesi perfetta di tradizione e innovazione, con ingredienti ricercati, pane fatto in casa, un’attenta carta dei vini che rispecchia le eccellenze del territorio insieme a varie tipologie di olio Seggiano Dop che aggiunge completezza profumi e sapori alle diverse preparazioni della casa.
Il locale prende il nome dal piatto principe del menu, la scottiglia appunto, nato per utilizzare le parti meno nobili di alcuni animali. Si tratta di una sorta di ragù con carne di vitello, maiale, coniglio, agnello, pollo, anatra o faraona tagliata a coltello. La ricetta, anche se lunga, è in realtà piuttosto semplice: si prepara un soffritto con la cipolla, si sfuma con il vino, una volta evaporato si aggiungono salsa di pomodoro ed erbe aromatiche, si fa cucinare per circa otto ore a fuoco basso e infine si serve su del pane raffermo, con una spolverata di peperoncino e infine un filo di ottimo olio di Seggiano. È un piatto molto antico, rivendicato anche da altre regioni, sicuramente frutto di tante contaminazioni dovute all’incontro di gente proveniente da località vicine e favorito dalla transumanza: il Monte Amiata, del resto, unisce Umbria, Lazio e Toscana.
La cena è iniziata con una battuta di manzo, seguita dalla scottiglia e dal tocco di capocollo di cinta senese Dop, preparato con una lenta e lunga cottura e accompagnato da patate arrosto, a seguire dessert di torta ricciolina. L’ottimo vino Montecucco ha accompagnato e valorizzato tutti i piatti.
L’ultima giornata del tour è stata dedicata alla castagna del Monte Amiata Igp. A Castel del Piano ha accolto la stampa Roberto Ulivieri, presidente dell’Associazione per la valorizzazione della castagna del Monte Amiata Igp, assieme a Fazzi Mirko e Guerrini Donella, che hanno accompagnato il gruppo nel castagneto di loro proprietà.
Mirko ha spiegato tante cose, a partire dal fatto che le varietà della castagna prodotte sul Monte Amiata sono tre: il Cecio, il Marrone e la Bastarda Rossa. Tutte hanno tempi di raccolta e caratteristiche diverse e possono essere raccolte manualmente o meccanicamente. Ha mostrato orgogliosamente il funzionamento del suo macchinario, che serve a raccogliere in modo meccanico le castagne e a pulirle dal riccio. Mirko ha parlato molto anche di sé e della faticosa vita sui monti: ha iniziato a lavorare a undici anni, imparando direttamente sul campo tutto quello che c’è da sapere su questo frutto, seguendo le indicazioni di suo padre. Quest’anno, tuttavia, la stagione della raccolta è stata molto deludente per diverse concause: cambiamenti climatici, agenti patogeni, problemi di fioritura in primavera; tutti fattori che hanno determinato un calo produttivo del 70%: la stagione è terribilmente compromessa.
Roberto Ulivieri ha aggiunto poi informazioni di carattere sia tecnico sia generale sulla castagna. Il genere botanico è Castanea sativa Mill. e i castagneti si trovano tra 350 e 1.000 metri s.l.m. Tra gli agenti patogeni più problematici compare il Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu, conosciuto più generalmente come cinipide galligeno del castagno o anche vespa cinese. Per contrastarlo si è ricorso al rilascio nell’ambiente infestato di un altro insetto, già suo antagonista in Cina, il Torymus sinensis Kamijo, dopo i tentativi senza esito di anticrittogamici.
La castagna del Monte Amiata Igp si presenta di grandi dimensioni, di forma variabile a seconda della varietà (da obovata-rotondeggiante a ovale-ellittica nel tipo Marrone; ovale con apice poco pronunciato nella Bastarda Rossa; globosa nella varietà Cecio). La zona di produzione, oltre a Castel del Piano, comprende i comuni di Arcidosso, Castell’Azzara, Cinigiano, Roccalbegna, Santa Fiora, Seggiano e Semproniano in provincia di Grosseto e Abbadia S. Salvatore, Castiglione d’Orcia e Piancastagnaio in provincia di Siena.
La coltura del castagno nell’area del Monte Amiata ha origini lontane e consolidate nel tempo. Già nel XIV secolo si hanno alcune citazioni con delle norme per preservare i castagneti e dare indicazioni sulla raccolta dei frutti ed era previsto uno speciale calendario, prima il proprietario, poi la popolazione e infine i maiali. La Castagna ha rappresentato per secoli, prima dell’arrivo della patata, “il pane dei poveri”: la sua farina ad alto contenuto proteico rappresentava un’importante forma di sostentamento per le popolazioni delle zone montane, dove i cereali non venivano coltivati.
Dopo la breve lezione i giornalisti si sono diretti all’essiccatoio a Seggiano, una costruzione particolare in cui il fuoco è acceso 24 ore su 24, per permettere l’asciugatura completa del frutto. Altra tappa del tour è stata il vecchio mulino a pietra in località Molino a Seggiano (GR), del signor Agliano Bernini, tornato a nuova vita e ristrutturato con fondi PIF della Regione Toscana.
All’ora di pranzo, infine, i giornalisti hanno partecipato alla 44sima Festa del Marrone di Campiglia d’Orcia (SI). Qui è stato spiegato che i tre quartieri del paese hanno organizzato un tendone-ristorante, con un menù rigorosamente segreto. A ogni visitatore non residente nel Comune è stato consegnato una scheda per votare e decretare un vincitore: per il 2023 si è aggiudicato la vittoria il ristorante del rione Borgassero.
Ass. per la valorizzazione della castagna del Monte Amiata
Loc. Colonia
Arcidosso (GR)
Tel: +39 0564 965258