Al via nel fine settimana la 3a edizione del Festival della Mostarda: rassegna dedicata a una eccellenza gastronomica del territorio lombardo. A Cremona, gli eventi saranno ospitati presso il PalaMostarda (Giardini pubblici di Piazza Roma) mentre a Mantova gli appuntamenti si terranno sabato 14 presso Palazzo Andreani (Via Calvi 28) e domenica 15 presso la Loggia del Grano (Via Spagnoli).
La Camera di Commercio di Cremona, la Camera di Commercio di Mantova e la Camera di Commercio di Pavia, con il sostegno di Regione Lombardia (DG Agricoltura) e Unioncamere Lombardia, in collaborazione con il Comune di Cremona, e la Strada del Gusto Cremonese ed alcune importanti realtà nazionali e locali come l’Accademia italiana della Cucina e l’Istituto di Istruzione Superiore Luigi Einaudi di Cremona, organizzano la terza edizione del Festival della Mostarda.
Il programma dell’evento prevede numerose iniziative nelle giornate di sabato 14 e domenica 15 ottobre 2017.
A Cremona, gli eventi saranno ospitati presso il PalaMostarda (Giardini pubblici di Piazza Roma) mentre a Mantova gli appuntamenti si terranno sabato 14 presso Palazzo Andreani (Via Calvi 28) e domenica 15 presso la Loggia del Grano (Via Spagnoli).
I festeggiamenti cominceranno a Cremona sabato 14 ottobre e proseguiranno sino al giorno successivo: sin dalle 12.30, all’interno del PalaMostarda (nei giardini pubblici di piazza Roma), sarà possibile iniziare a degustare le mostarde e i formaggi portati dagli espositori; dalle 14 si aggiungeranno abbinamenti studiati dai ristoratori locali.
A Mantova invece la degustazione si svolgerà sabato 14 ottobre all’interno di palazzo Andreani (via Calvi 28), dalle 16 alle 18.30: si proporranno abbinamenti con prodotti tipici, e in contemporanea la visita guidata al palazzo liberty, normalmente visitabile solo su prenotazione. Alle 16.30 nello stesso palazzo si svolgerà addirittura un talk show: Le quattro stagioni della mostarda, condotto dal giornalista e critico gastronomico Paolo Massobrio.
Le dichiarazioni
L’assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, Gianni Fava commenta: “Il Festival della Mostarda ha avuto il merito in questi anni di rilanciare un prodotto che fa parte della tradizione gastronomica padana ed è non soltanto un simbolo della cucina, ma costituisce un traino all’economia dei territori delle province di Mantova, Cremona e Pavia. È un prodotto che, proprio grazie all’evento che Regione Lombardia ha fortemente voluto, si sta destagionalizzando sempre di più e viene consumato non più solamente nelle stagioni più fredde, ma tutto l’anno, attraverso ricette secolari e accostamenti più estrosi, ispirati dalla fantasia dei cuochi”.
Il Presidente della Camera di Commercio di Mantova, Carlo Zanetti, afferma: “Siamo lieti di accogliere, proprio nel cuore della nostra sede storica, la Loggia del Grano di Palazzo Andreani, la terza edizione del Festival della Mostarda. Questo luogo, agorà raccolta del centro cittadino, gioiello del Liberty italiano, che apriremo al pubblico nell’occasione, ci permette di valorizzare al meglio uno dei prodotti tipici più rappresentativi del territorio nelle diverse declinazioni della parola che ne consente l’approfondimento conoscitivo, della visione e del conseguente assaggio. In un’atmosfera di bellezza e piacevolezza saremo protagonisti di un intrattenimento che vede nella solidità della tradizione tutti gli elementi di novità per un pubblico già numeroso e che auspichiamo in crescita.”
Il Presidente della Camera di Commercio di Cremona Gian Domenico Auricchio commenta: “Iniziative di valorizzazione dei prodotti agroalimentari come il Festival della Mostarda – che puntano non solo a mettere in evidenza gli aspetti storico-culturali legati a uno dei nostri prodotti simbolo – ma coinvolgono aziende produttrici, ristoranti e bar rappresentano un’occasione importante di promozione del territorio, divenendo elemento di traino anche ai fini dello sviluppo di un turismo di qualità. Oggi più che mai i prodotti tradizionali sono un vero e proprio business, non solo per i produttori ma anche per la crescita economica dell’intero territorio. La popolarità della vacanza enogastronomica è in forte crescita: secondo il Food Travel Monitor 2016, quasi la totalità dei turisti leisure partecipa ad attività legate al cibo e al vino nel corso dei suoi viaggi e circa la metà considera l’enogastronomia la ragione principale della vacanza. Lo shopping del gusto sta diventando uno dei principali fattori di scelta di una destinazione: recarsi in un ristorante per un’esperienza memorabile, pranzare o cenare in un ristorante di alto livello e comprare cibo e bevande presso le botteghe alimentari sono le proposte maggiormente ricercate da chi viaggia (rispettivamente dal 63%, 44% e 47% dei turisti). Promuovere la conoscenza e il consumo di nostri prodotti tradizionali è dunque importante e, come Camera di Commercio, volentieri abbiamo voluto organizzare questa terza edizione del Festival della mostarda in quanto manifestazione in grado sia di promuovere le ditte produttrici, sia di portare significative ricadute per l’economia locale.”
La comunicazione affidata a Sound Pr
Oltre alle attività di comunicazione a media e influencer del mondo food, Sound Pr declinerà l’immagine coordinata dell’evento e sarà in carico per la realizzazione dei video che racconteranno i vari momenti del Festival, al fine di creare uno stroytelling coinvolgente in grado di narrare al meglio le eccellenze territoriali protagoniste del Festival.
La mostarda di Cremona
Appunti elaborati dalla Dott.ssa Carla Spotti,
console Touring Club di Cremona e Accademica della Cucina italiana.
La mostarda, insolito e piccante insieme di frutta candita, di sciroppo zuccherino e di senape fa parte ormai da tanto tempo delle glorie gastronomiche lombarde e ha un’origine antica. Fin dal Medio Evo, però, la mostarda si identificava con il mosto cotto (succo d’uva fatto bollire in modo che si riducesse di un quarto) unito alla senape: secondo l’etimologia corrente, infatti, mostarda significa mustum ardens, reso ardente e piccante dalla senape. Insegnano a prepararla in tal senso diversi trattati di cucina del 1300 e del 1400 di autore anonimo e lo stesso mastro Martino, l’amatissimo e tanto lodato maestro del Platina ci dà ben tre ricette di mostarda in tal senso (bianca, roscia o pavonaza e in pezzi da viaggio).
La prima mostarda di frutta con la senape di cui si hanno testimonianze è quella di Voghera. Il 7 dicembre 1397, infatti, da Abbiategrasso, Maffiolo De Birago, cancelliere del duca Giangaleazzo Visconti, signore di Milano, invia una lettera al podestà di Voghera, Luchino Crivelli, perché ordini per le feste di Natale allo speziale Pietro de Murri uno zebro grande de mostarda de fructa cum la senavra, buona come solo lui sa fare perché piace tanto alla illustrissima Madonna vostra consorte (la Duchessa Caterina) e a tutti li familiari (i figli Giovanni Maria e Filippo Maria). Vuole che il podestà gliela invii per tempo, prima del Sancto Natale perché bone fa le robbe de lo disnare et li caponi et la cacciagione et li viteli boliti et allo spiedo.
Nella lettera della cancelleria viscontea compaiono alcuni degli elementi che saranno caratteristici anche della mostarda di Cremona: il mastello (zebro) grande che la contiene, la consuetudine di mangiarla in occasione dei pranzi di Natale e l’abbinamento alle carni lessate e arrostite.
Il collegamento con Cremona è quasi sicuramente rappresentato dai Visconti, signori di Cremona dal 1334 e ad essa strettamente collegati da Bianca Maria della quale il ghiottone Gian Galeazzo era il nonno.
A lei la leggenda attribuisce il merito di un’altra gloria gastronomica cremonese: il torrone, cioè un dolce di mandorle e miele, fatto a forma di torre e presentato proprio alle sue nozze con Francesco Sforza, celebrate a Cremona il 25 ottobre 1441.
Quello che per il torrone è pura leggenda per la mostarda sembrerebbe invece quindi poter avere qualche appiglio documentale.
Ma le questioni di campanile non hanno senso, la mostarda di frutta era sicuramente nota e diffusa in Lombardia e nel nord Italia: Michele da Montaigne (1533-1592) nel suo diario di viaggio in Italia ricorda gli intingoletti in forma di mostarda, buonissimi e la mostarda fatta di mele e naranchie tagliate in pezzi che ha avuto modo di assaggiare a Fidenza e a Fornovo.
E anche il poeta mantovano Teofilo Folengo (1496-1544) fa riferimenti alla mostarda non specificando, ahimè, se fatta con le mele campanine come si continua a fare oggi a Mantova.
Nel libro primo del “Baldus” descrive il banchetto offerto a Parigi da Carlo Magno, re di Francia, a conclusione di un torneo che ha visti impegnati i più valorosi tra i paladini.
Dopo i lessi, gli arrosti e la cacciagione arrivano le salse: salsa verde, succo di cedro, mosto di arance acerbe, savor di mandorle (come non pensare alla saorina la salsa a base di vin cotto, noci pestate, corteccia d’arancia grattugiata, polpa di mele e zucca, chiodi di garofano, zucchero e pan grattato che si mangiava con pane o polenta e che si impiega per preparare i tortelli guazzarotti con l’aggiunta di polpa di fagioli lessati) e mostarda piccante che manda su per il naso il pizzichio della senape (quae per nasum mittit…senapram). Ma dal Folengo sembra ricavarsi anche un altro impiego della mostarda: Merlino, nel “Caos del Triperuno”, la invoca alla fine di un pasto grasso e pesante, probabilmente per favorire la digestione o come elemento che potesse riassestare lo stomaco preparandolo al nuovo cibo. Dopo prosciutti insaporiti in aceto, lombi di cinghiale con salsa, trippa, salsicce e rognoni, quaglie allo spiedo, si ordina la mostarda: mostarda sequatur! Sic vivenda vita haec: veteres migrate fasoli!
Dopo questi illustri e doverosi riferimenti alla mostarda di Voghera e di Mantova voglio soffermarmi su quella di Cremona che ha avuto grande fortuna per merito soprattutto dell’abilità e dell’industriosità dei cremonesi che hanno saputo non solo produrla, ma anche commercializzarla.
Sul finire del Cinquecento comincia a consolidarsi un prodotto tipicizzato, la mostarda di Cremona appunto, le cui tecniche di produzione, pur con modifiche e affinamenti, la collegano a quella odierna ufficialmente compresa dalla Regione Lombardia fra le specialità agroalimentari cremonesi.
La mostarda di Cremona è già nota nell’Europa del Seicento: leggiamo la ricetta Pour faire moustarde de Cremone in “Ouverture de cuisine”, un ricettario pubblicato a Liegi nel 1604. La si prepara con arance e pere cotogne candite nello zucchero o nella marmellata, vi si uniscono senape densa e zucchero sciolto in acqua di rose, poi la si colora di un bel rosso con il tornasole (un innocuo colorante vegetale) e la si serve in piccoli piatti posti in tavola con gli arrosti.
Ne è autore Lancelot de Casteau, cuoco al servizio dei principi vescovi di Liegi, buon conoscitore delle cucine europee e dei testi a stampa allora esistenti, nessuno dei quali parla però di mostarda di Cremona. Come può essere arrivata in Belgio alla fine del Cinquecento e come ha egli potuto conoscerla e apprezzarla tanto da consigliarne l’abbinamento non solo agli arrosti, ma anche al tonno al burro e al pescecane bollito?
Un’ipotesi potrebbe partire dall’accertata presenza nelle Fiandre degli Affaitati, ricchissimi mercanti cremonesi: il più noto di loro, Giancarlo, aveva ad Anversa una bella e ricca casa nella quale dava feste sfarzose con la presenza dei musici del re; suo fratello Giovan Battista aveva documentati contatti economici e commerciali con personaggi vicini al Principe Vescovo di Liegi, marchese di Berghes al cui servizio operava il nostro cuoco Lancelot de Casteau. Lancelot non suggerisce però l’abbinamento ai formaggi forse perché i formaggi delle Fiandre sono di poco pregio, sono terrosi, friabili e non hanno buon sapore. E’ Pantaleone da Confienza che lo scrive nel suo Trattato sui Latticini. Lui li ha assaggiati e dice che non ne ha mai trovato uno buono. Non sa se ciò dipende dall’incapacità dei formaggiai o dall’aria o dal fatto che il latte è magro perché qui si produceva tanto burro.
Siamo partiti dallo speziale di Voghera e arriviamo a un altro speziale, Domenico Auda che, dopo aver viaggiato in Francia e in Lombardia e in gran parte dell’Italia, si ferma alla spezieria dell’ospedale S. Spirito di Roma. Nel suo testo, “Pratica de’ Speciali”, pubblicato nel 1666 ci dà la ricetta della Mostarda alla Cremonese con uva, scorze di arance amare (melangoli) candite col miele, cannella e una libbra di senapa pesta diluita nell’acqua bollente, specificando che si mette più o meno senape secondo che uno la vuol forte o debole.
La ricetta è ripresa, cioè copiata in edizioni settecentesche della versione italiana del “Cuoco reale e cittadino” di Massialot in cui la si propone tra le vivande all’italiana di ottimo e d’ultimo gusto.
E dall’Ottocento a oggi è invece presente nella maggior parte dei ricettari. Il perché della sua fama va ricercato nell’abilità dei produttori e nulla sua riconosciuta bontà: nel dizionario Milanese-italiano, il Cherubini, non sospettabile di campanilismo, sostiene che la mostarda fabbricata secondo il metodo cremonese è la più squisita.
Nell’officina di uno speziale è nata la mostarda e nell’Ottocento a Cremona erano ancora droghieri e farmacisti (le due professioni nate da quella più antica dello speziale) che la producevano.
Ad esempio nel 1859 la farmacia di Enrico Feraboli aveva anche negozio di droghe, cere lavorate e fabbrica di torrone e mostarda e nella drogheria di Giuseppe Domenico Curtarelli si produceva torrone e mostarda che Giuseppe Verdi regolarmente acquistava per farne dono di Natale agli amici sparsi per il mondo.
Ed è a questo droghiere che nel 1864 si associa Augusto Fieschi, ritrovatosi pochissimo tempo dopo titolare unico per la morte improvvisa del socio avvenuta nello stesso giorno del conseguimento della medaglia d’argento all’Esposizione di Parigi.
Al Fieschi nel 1878 si assocerà Enea Sperlari, fondatore di quello che oggi è indubbiamente la più grande industria confetturiera presente a Cremona.
Sul finire dell’Ottocento era comparso sul mercato un altro marchio ancor oggi presente, quello di Dondi che per la rinomanza acquisita è stato mantenuto dalla proprietà subentrata in questi ultimi anni.
Giuseppe Cinquetti orfano di un operaio morto tragicamente per lo scoppio di una caldaia di torrone, con un prestito dello zio Dondi apre una ditta che a lungo produrrà solo mostarda.
Situazione inversa si verificherà per la Vergani che a lungo produrrà solo torrone e che ora produce ottima mostarda denocciolata.
Accanto ai già ricordati marchi storici Sperlari, Dondi e Vergani è stato riproposto quello di Augusto Fieschi che oltre alla mostarda di Cremona, produce mostarda mantovana e milanese, nonché mostarde monogusto. La tradizione è stata ripresa da alcuni ristoranti di città e provincia che producono mostarda per il proprio uso e ne commercializzano alcuni quantitativi.
La ditta Luccini di Cicognolo produce mostarda a pezzi di vari gusti: fichi, zucca agrumi e altro. Recentemente la ditta Leccornie di Pandino commercializza la tipica mostarda di Cremona a frutti policromi.
Ogni marchio ha i propri segreti di lavorazione, le proprie ricette, le proprie linee di approvvigionamento oltre che precise politiche commerciali. Anche grazie a loro la fama della mostarda diffonde nel mondo il nome di Cremona. Ed è stata una piacevole sorpresa leggere in un libro pubblicato a Londra nel 1954 (Edith Templeton, The surprise of Cremona, London 1954, pp 42-44) quali emozioni suscita la mostarda di Cremona in una turista che l’assaggia per la prima volta in un ristorante cremonese:
E’ un piatto di frutta candita nello sciroppo, cui è stato aggiunto un pizzico di (…) senape in polvere. Viene servito con le carni (000) per dare ad esse un gusto dolcemente speziato e per suscitarvi un fuoco, fresco e garbato però come l’incendio della luce lunare sulle acque.
I frutti hanno la fulgida limpidezza delle pietre dure, (…) ci sono alcune ciliegie tonde ed irregolarmente scabre come antichi coralli; una piccola pera verde, delle dimensioni di una noce, con semi scuri brillanti come onice; una pera più grande simile nel colore al quarzo rosa; un fico verde screziato che sembra uno smeraldo screpolato, una fetta ricurva di zucca, bruno-rossastra e venata come crisoprasio, e mezza albicocca che pare scolpita nel topazio.
Sono fin troppo belli per essere mangiati.
Prima di cominciare rifletto su quelle variegate e sfavillanti tonalità, ed arrivo alla conclusione che i colori della mostarda di Cremona sono pari a quelli dei dipinti del Veronese.
E’ un piatto estremamente raffinato, un piatto barocco, dolce, di pieno corpo, ardente e piccante.
E. Templeton, l’autrice oggi novantenne conclude questa pittorica ma precisa descrizione(una vivissima “natura morta”) con l’esclamazione life is beautiful, la vita è bella.
E così auguro anche a voi di esclamare dopo che avrete gustato la mostarda di Cremona.
La mostarda nella tradizione, ha accompagnato bolliti e arrosti consumati prevalentemente nei mesi invernali, ma oggi si tende a usarla tutto l’anno abbinandola a formaggi freschi e stagionati.