Ricette iconiche con la mente alla valorizzazione del territorio
Penso: scrivo. Scrivo dell’ironia della vita, di quegli amori che non giungono mai al momento giusto, di tragedie che tali non dovrebbero essere e di passioni che si rincorrono e al tempo stesso si evitano a vicenda. Gentilezza e crudeltà. E di ogni volta che ti appare la conclusione dietro l’angolo ed invece è solo una mera illusione. La conclusione, che si presenta con un altro bivio da affrontare.
Le meraviglie e i piaceri del cibo, e non intendo quel cibo fotografia, quei piatti che prima di raggiungere i commensali devono affrontare almeno una seduta di make-up per essere poi digitalmente immortalati, postati e condivisi: quasi mai assaporati come dovrebbero essere.
Scrivo del tempo in cui vivo, di quest’era incomprensibile ai sensibili, odiata dal buon senso e dal buon gusto; di chef improvvisati che quando ti servono al tavolo, spesso con arroganza, una ricetta spazzatura se solo osi un tantino accennare che trovi il piatto come un lassativo semi farmaceutico, ti dicono che non sei pronto a quei sapori.
Non sei pronto, capisci? E tu, io, che da oltre 25 anni lavoro con le filiere produttive dei più grandi prodotti tipici italiani non dò una risposta a cotanta arroeleganza; ma mi chiedo dove sono mi sono seduto?
Ma poi arriva un barlume di luce, di sapore, di amori che si trovano, di voglia di lavorare anziché apparire, di concludere…pour arriver au but.
E allora scrivo. Scrivo ancora di un ristorante torinese e del suo chef Giuseppe Lisciotto, lo faccio con gioia perché se c’è un giovane ai fornelli con la capacità di donarmi ogni volta l’impressione che ci siano ancora speranze è proprio lui: e non è solo una sensazione. I piatti che crea sono tutt’altro che banali, pur racchiudendo al loro interno una buona dose di semplicità; parlo di squisita ricerca, sperimentazione, giochi di ingredienti e tecniche di cucina. Rifletto. Avendo sempre e solo goduto delle preparazioni culinarie di Giuseppe seduto al tavolo del ristorante, non l’ho mai osservato mentre lavora ai fuochi, ma sono quasi certo che se lo facessi non mi mostrerebbe il minimo senso di irritazione, al contrario: credo che mi sorriderebbe invitandomi a restare con lui per fare quattro chiacchiere.
A Torino a Les Petites Madeleins ci sono tornato per la presentazione di alcuni piatti programmati per la bella stagione, e ho trovato ancora l’autenticità dei sapori che hanno marcato il percorso degli ultimi anni dello chef e della sua brigata.
Seduto comodo all’interno delle deliziose sale del celebre Hotel percepisco che la Primavera è la stagione della rinascita e la assaporo grazie ad alcune proposte della Carta.
Posso così concedermi portate che si contraddistinguono dalla riconoscibilità dei gusti, idee gastronomiche diventate ormai delle icone del locale, come l’Insalata russa abbinata all’uovo di quaglia e alla ventresca di tonno, il Risotto con crema di topinambour, aglio nero, liquirizia e ‘Nduja.
E ancora l’Anguilla affumicata, con Daikon (ravanello invernale) e Dashi (leggero brodo di pesce)”. Mi gusto la versione del Lisciotto della zuppa Borsch che per quanto sia curata nella sua variante ricorda l’originale Ucraina; segue un delizioso Agnello al barbeque e infine un delicato Semifreddo alla mela verde con bergamotto e nocciole: ‘Nduja e bergamotto sono la firma indelebile che contraddistingue le origini calabresi dello chef.
La Carta di Primavera non si esaurisce con i piatti che ho provato, spazia tra tipicità e contaminazioni ed è impreziosita dal desiderio della direzione del celebre Hotel di percepire nel piatto in modo ben distinto i sapori degli ingredienti, unitamente alla valorizzazione del territorio. Si possono trovare ricette come la Lingua di manzo con le sue salse della tradizione, il Royal di carciofo con Pecorino e menta, il Vitello tonnato impreziosito dalla salsa all’antica, sedano e acciughe del Mar Cantabrico. Non mancano gli Agnolòt del Plin al sugo di arrosto e crema di nocciole, e il Carpaccio di Scampo con caviale di Pisani Dossi. Non mi garba farvi l’elenco competo, mi preme invece segnalarvi le creazioni della cucina dedicate al mondo Vegano con un menù di assaggi che si presenta come un vero gioco per il palato: Royal di carciofo, Risotto Matisse “Arrosto di sedano rapa, Frolla alle castagne, ribes nero, lampone, spuma al tè Oolong originario della Cina: ma volendo si può anche optare con delle singole portate.
Che siano emozioni gastronomiche per la cena, oppure piccole degustazioni piemontesi all’ora di pranzo, o un menù specifico da gustare al Bistrot il ristorante Les Petites Madeleines si distingue sempre per la piacevolezza dei piatti, l’eleganza degli ambienti, la gentilezza del suo personale.