Cibo, salute, ambiente, benessere animale, diritti dei lavoratori, agroecologia, biodiversità, food policies, ristorazione collettiva, consumo consapevole, ruolo delle donne: sono questi i temi affrontati nel volume monografico di MicroMega “Il cibo e l’impegno”, uscito il 15 settembre.
Realizzato in collaborazione con Slow Food Italia e Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, il numero si apre con un contributo di Carlo Petrini che spiega come l’alimentazione e la gastronomia, se praticate con consapevolezza, portino con sé una componente politica molto importante: perché il piacere – incluso quello gastronomico – è un diritto di tutti che va tutelato e che può innescare mutamenti positivi all’interno delle nostre società.
Un primo focus del numero, in uscita in occasione di Terra Madre – Salone del gusto 2022 (dove il volume verrà presentato il 25 settembre alle ore 11), è dedicato al nesso indissolubile fra salute e ambiente, forse in nessun altro ambito così evidente come nel mondo del cibo. Andrea Pezzana spiega a quali cibi dovremo rinunciare in quest’ottica: quelli processati, ad alto contenuto di sale e zuccheri, nemici giurati del nostro sistema metabolico, che si è evoluto per gestire le carenze alimentari, non certo gli eccessi; Paola Migliorini si sofferma invece sulla necessità di ripensare il modo in cui il cibo si produce e illustra come in questo ambito possa giocare un ruolo di primo piano l’agroecologia, un approccio che sostiene la transizione verso sistemi agricoli e alimentari sostenibili e tutela la biodiversità; proprio alla difesa e promozione di quest’ultima è dedicato l’approfondimento di Francesco Sottile che racconta nel dettaglio come essa sia la nostra assicurazione sulla vita; Paolo Pinto fa luce invece sui nuovi approcci giuridici che, in particolare a livello europeo, stanno accompagnando questa transizione; mentre Carlo Catani e Laura Demerciari indicano la strada affinché il cibo “buono, pulito e giusto”, come recita lo storico slogan di Slow Food, non sia un lusso per pochi ma un bene accessibile a tutti.
Un secondo focus del numero di MicroMega in uscita il 15 settembre è incentrato sul cibo fra diritti, etica e politica. Alle condizioni in cui lavora chi coltiva, raccoglie, trasforma, cucina, serve il cibo che troviamo sulle nostre tavole, che consumiamo al ristorante o che ci facciamo comodamente consegnare a casa, sono dedicati gli interventi di Angelo Mastrandrea e Leonardo Palmisano che fanno luce sul mondo dei diritti negati nella filiera del cibo (dai ghetti nei quali vivono i braccianti sfruttati dai caporali alle cucine dei ristoranti, passando per le strade dove i rider attendono – non pagati – di essere chiamati per le consegne); nonché una tavola rotonda (a cura di Eugenio Signoroni) tra quattro ristoratrici e ristoratori diversi tra loro per territorio, tipologia di locale e organizzazione del lavoro: Alberto Bettini, Caterina Ceraudo, Tiziana Tacchi e Simone Tondo. Elisa Bianco ci ricorda però che a essere sfruttati per portare il cibo sulle nostre tavole non sono solo gli esseri umani ma anche gli animali, del cui benessere dovremmo cominciare a tenere conto. Monica Di Sisto denuncia come finché il cibo verrà trattato come una merce qualunque, nessuna vera transizione sarà possibile e gli appelli per debellare la fame nel mondo continueranno a cadere nel vuoto. Raoul Tiraboschi apre qualche spiraglio di speranza parlandoci delle “politiche locali del cibo” che si stanno sviluppando in alcune città e che, come ci racconta Maurizio Franco, stanno avendo un impatto anche sulla ristorazione collettiva.
Arricchiscono il numero un saggio di Michele A. Fino che spiega come il meccanismo delle certificazioni Dop e Igp, nato per tutelare pochi prodotti capaci di sfidare i mercati internazionali e per questo bisognosi di una concreta tutela contro le contraffazioni, abbia invece generato un’inflazione certificatoria che ha fatto moltiplicare i prodotti tutelati rendendo la certificazione stessa inutile, se non addirittura dannosa; un approfondimento di Nicola Perullo che mette all’indice quella retorica identitaria che pretende di utilizzare il cibo come una clava, uno strumento per distinguere, separare, dividere, quando il cibo è sempre stato, prima che distinzione, relazione; e infine un contributo di Cinzia Scaffidi che ricostruisce il rapporto delle donne con il mondo dell’agricoltura e della produzione di cibo in generale, sottolineando come questo sia un settore ancora oggi dominato da una impostazione patriarcale, lasciando però intravedere qualche elemento che fa ben sperare per il futuro.