Così giunse l’estate 2021. E’ tempo di riaprire ombrelloni e sedie sdraio, è tempo si sistemare i tavoli da esterni e, laddove foste i proprietari di un ristorante, di adagiarci sopra la mise en place. Per il comparto del mondo che tanto amiamo questo è il disgelo, la fine dell’era glaciale.
Ora è il tempo della speranza e spero rimanga solo un brutto ricordo le giornate sempre più dolorose pensando che non ci fosse niente da fare, tutti chiusi come degli uccelli in una gabbia.
Da questa riflessione parte l’intervista a Bolivar.
Ed ecco la prima domanda al mio giovane amico e collaboratore.
D. Sarà il disgelo anche per ‘’noi’’ cronisti che il mondo dell’alimentare e dell’horeca abbiamo il piacere di raccontarlo?
R. Indubbiamente. Anche se noi di GustoH24, a dirla tutta, non ci siamo mai fermati, nemmeno nei momenti peggiori. Abbiamo avvertito tutto il peso del nostro ruolo, la responsabilità di continuare a stare vicino a quelli che fino a pochi mesi prima abbracciavamo senza preoccupazioni. E’ quando le cose vanno male che le persone si dimostrano per quello che sono realmente, così dice nonna e lei è una che ci prende sempre.
Vuoi le vaccinazioni che procedono spedite, vuoi la politica delle regioni colorate, finalmente l’Italia sembra tornare ad una parvenza di normalità. Quindi anche voi tornate puntualmente nei ristoranti.
Non vedevamo l’ora di imbracciare forchetta e coltello e di ripartire alla ricerca di saperi e sapori, alla scoperta di terre meravigliose.
I primi cambiamenti annotati dopo il disgelo…
Tutti hanno riaperto contemporaneamente, come è giusto che sia dopo mesi di chiusura e incertezze. In questo brulichio di chef, camerieri, manager, produttori, distributori, clienti e giornalisti, ci troviamo nell’occhio di una tempesta perfetta dalla quale rischiamo di farci travolgere. Rischiamo l’agorafobia culinaria dopo essere stati segregati mesi in casa.
Un cambiamento di stato repentino e caotico.
D’altro canto bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una “stella danzante”, sosteneva Friedrich Nietzsche.
A proposito di stelle, come se la passano gli stellati della tua adorata regione Puglia?
Molto bene. Non soltanto gli stellati ma tutti quelli che si propongono di fare qualità stanno registrando numeri incoraggianti se non ottimi. Noi cronisti dobbiamo essere bravi nel raccontarli al meglio, cosi come loro, i proprietari di queste strutture, devono essere bravi nel non tuffarsi in cambiamenti radicali dopo questo lungo blocco, alla ricerca magari di un guadagno immediato.
So che di recente hai intervistato qualcuno che, a tal proposito, ne ha da raccontare.
Pochi giorni fa ho contattato Nicoletta Polliotto, project manager per aziende Food & Travel, con l’agenzia Muse Comunicazione. Esperta di food & restaurant, curatrice della collana per Hoepli dedicata a turismo e ristorazione. E’ una vera istituzione del nostro campo. Le ho rubato una lunga chiacchierata che pubblicherò qui, sulle tue pagine, suddivisa in ‘’puntate’’, come in una appassionante serie TV. Ma ti avviso sono in modalità No-spoiler!
Va bene, non ti chiederò nessuna anticipazione… ma un giudizio sullo stato delle cose.
Proprio come Nicoletta penso che tutti i problemi che stanno emergendo nel mondo del food covassero da tempo sotto il tappeto. Da decenni i ristoranti italiani, rispetto a quelli del resto d’Europa, in proporzione, guadagnano meno. Eppure ci vantiamo di possedere il genio e la creatività, le materie prime migliori e bla bla bla. La colpa non può essere solo delle tassazioni, il problema è culturale. Non possiamo ancora pensare che in un ristorante sia solo il cibo a decretare le fortune e sfortune economiche del proprietario. Il cibo deve essere una prerogativa, certo, ma c’è tutto il lato aziendale da curare con la stessa dedizione.
Che errore non deve fare il ristoratore?
Accentrare tutto su se stesso. Dovrà imparare ad affidarsi a professionisti, in ogni campo. La storia del ‘’cugino che capisce di computer e che mi può curare la comunicazione’’ deve finire.
Cosa chiede il cliente?
Il fattore umano sarà sempre più importante. Ed anche quello emotivo. Per dirti, posso mangiare anche una semplice fetta di pane di Altamura con un filo di olio buono ma se me lo servi nell’orto di una masseria fra i contadini, mi stai regalando una experience senza prezzo.
Tasto dolente: la carenza di personale
Una apocalisse che avevamo predetto anni fa, ben prima del covid. Era sotto gli occhi di tutti che le risorse umane (competenti o meno) fossero in via d’estinzione. Come sempre però, tra le parti in causa, non ve n’è una esente da colpe: in Italia, purtroppo, permane un programma scolastico vecchio e non funzionale, si incontrano spesso imprenditori poco onesti, così come magari, a molti ragazzi, non va di cimentarsi in mestieri così usuranti. Non so da dove bisognerà cominciare ma qualcosa andrà fatto, altrimenti ogni anno sarà sempre peggio, il tutto a discapito dell’utenza finale.
Quanto è bello andare “sempre girando”?
Tantissimo! La Puglia nei suoi 450 km da Nord a Sud è una scoperta costante. Devo ammettere che, salvo il primissimo lockdown, non ho mai smesso di muovermi e viaggiare, con l’intento di portare a casa interviste, reportage e documentari incentrati sulle storie dei piccoli produttori d’eccellenza o sulle biografie degli chef. Desideravo far capire loro che non li lasciavo soli.
Insomma, hai vissuto in una “bella” zona rossa!
Ovviamente le ansie e le preoccupazioni di tutto il comparto toccavano anche me. Senza la possibilità di organizzare eventi e con i ristoranti chiusi, il mio ruolo diventa ‘’quasi inutile’’. Ho cercato di non pensare troppo a cosa stesse succedendo nel presente. Ho provato a portarmi avanti per il futuro, a studiare, a darmi da fare, a partecipare a progetti ambiziosi e quasi folli.
Tra questi come non citare il nostro E-book per Parma capitale italiana della cultura?
Si, un mega-progetto pensato per celebrare l’anno in cui la città emiliana è stata capitale della cultura, che ha visto coinvolti oltre 100 chef di spessore provenienti da tutto il mondo, i quali hanno fornito delle ricette studiate per l’occasione. Finiranno tutte su un e-book, da presentarsi dal vivo appena sarà possibile. Si è trattato di un lavoro enciclopedico che però mi ha tenuto occupato ed ha iniettato entusiasmo in un periodo particolarmente triste della mia vita.
Come trasformare i periodi tristi in opportunità?
Non è certamente facile. Ci siamo scontrati con le nostre debolezze, inquietudini, abbiamo capito che tutti siamo frangibili. Soprattutto durante il primo lockdown, che ci ha preso allo sprovvista, abbiamo visto il mondo, tutto il mondo, sgretolarsi. Ed il crollo generale pian piano si è infiltrato nelle vite di ciascuno di noi facendo danni giganteschi. Con lo spettro di una nuova chiusura, e di una nuova reclusione nel mio appartamentino di città, ho iniziato a tremare. Di nuovo.
Lì nacque la scelta di diventare “contadino”?
Si. Nella seconda ondata, quella autunnale, ho pensato di ritirarmi, come nel Decameron del Boccaccio, in campagna per nutrirmi di libertà. Sono stato ospite di una delle più belle masserie di Puglia, le Stanzie, a Supersano. Un luogo mistico, energetico. Quelle pietre sono in grado di parlare, avendo visto passare sotto i loro occhi la Storia, fin dai tempi dell’antica Roma. Oltre ad essere uno dei luoghi più rappresentativi del Salento, masseria le Stanzie è una delle prime ad aver puntato sulla capacità turistica dell’entroterra, ad aver reinventato il concetto stesso di masseria. Tra animali, contadini, pastori, artisti, campi, boschi e leccornie della tradizione da degustare, ho vissuto una vita parallela meravigliosa. D’altro canto a me, per scrivere, basta un PC… il resto è solo ispirazione e lì ne ho trovata un sacco! La famiglia Fersino mi ha accolto come un figlio aprendomi le porte della masseria e del loro cuore. Non smetterò mai di ringraziarli per quello che fanno quotidianamente per nostra madre Puglia e per ciò che hanno fatto per me.
Si torna ai valori umani, al dono dell’ospitalità.
Esattamente, siamo sempre lì. A tal proposito non posso non ringraziare un’altra persona, un giovane cuoco che mi ha ospitato a casa sua, nella cittadina di Vernole (LE) e che, da essere uno dei tanti, tantissimi conoscenti che popolano i social, è diventato uno dei miei migliori amici, Antonio De Carlo. Nei mesi ‘’colorati di arancione’’ lui aveva il compito di curare il corso per pastry organizzato dalle Città del Gusto a Lecce, così io presi la palla al balzo e decisi di scrivere, di raccontare quella esperienza surreale. Senza covid non sarebbe mai successo, non saremmo mai diventati così tanto amici in così poco tempo. La nostra vita da “fuorisede spensierati” in un mondo desolato in piena apocalisse sarebbe la trama perfetta per un libro! Un cuoco, storicamente, non ha mai giornate libere, quindi si è trattato di qualcosa di leggendario già di per sé. Ed io, che scrivo di cuochi ammirandoli soltanto dall’altra parte del pass, ho scoperto un ragazzo fantastico, studioso, pieno di sogni e voglia di spaccare il mondo. Tra notti di pianificazioni e degustazioni di gin tonic, tra viaggi di lavoro in città blindate e dirette sui social, ho avuto la fortuna di godere di un personal chef tutto per me. Scherzi a parte, i grazie non basterebbero, ora mi ritrovo un fratellino in più che mi ha rapito per la vita.
Ora è tornato dietro i fornelli? Dove possiamo andare a trovarlo?
Vi aspetta presso la Polperia Fish Bar ad Otranto. L’affaccio dal bastione è di una bellezza mitologica ed i piatti di Antonio hanno una marcia in più rispetto a quei classici locali che fanno cucina di mare. La tecnica, gli ingredienti e l’impiattamento tradiscono il suo curriculum perfezionato negli stellati d’Italia. Tenendo presente che il ragazzo ha solo 25 anni, mi viene da dire che se questa terra si saprà affidare a gente competente, elastica e di cuore come lui, il futuro della Puglia non può che essere radioso.