Il Caffè espresso italiano o il Caffè espresso napoletano a Patrimonio immateriale dell’umanità?
Lo scorso 31 marzola Commissione nazionale dell’Unesco doveva decidere quale delle due candidature, avanzate negli anni scorsi, doveva trasmettere all’Unesco. L’ Italia del caffè infatti si è presentata divisa, avanzando due candidature, da una parte il “Rito del caffè espresso italiano tradizionale” e dall’altra la “Cultura del caffè espresso napoletano”.
Il verdetto del 31 marzo? La commissione interministeriale ha preso una decisione salomonica: ha invitato i proponenti a unificare i due dossiere a ripresentare la richiesta nel 2022.
Quindi per quest’anno addio Caffè, non ci sarà alcuna candidatura italiana sul caffè all’Unesco.
E tal proposito il professor Pierluigi Petrillo, Unesco chair professor, Patrimonio culturale immateriale, era stato chiaro alla vigilia del verdetto: «Soltanto una potrà essere presentata all’Unesco, quella che più delle altre ha le caratteristiche richieste. Saranno analizzati entrambi i dossier ma solo quello che evidenzierà il rito e la convivialità potrà essere preso in considerazione. L’Unesco non tiene conto, infatti, né degli aspetti commerciali, imprenditoriali o produttivi ma solo e soltanto l’aspetto antropologico legato appunto alla tradizione e al “culto”».
Ed ora in attesa che i due proponenti (Rito del caffè espresso italiano tradizionale) e la (Cultura del caffè espresso napoletano) trovino la strada dell’accordo, Gustoh24 ha interpellato sul tema una nota antropologa, Alessandra Guigoni.
Alessandra Guigoni: l’arte del caffè elemento identitario della cultura gastronomica del Bel paese
Caffè turco, cucina messicana, gastronomia francese, arte dei pizzaioli napoletani, pane lavash, vino georgiano, kimchi coreano, dieta mediterranea: cos’hanno in comune?
Sono tutti riconosciuti come Patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco. Un riconoscimento richiestissimo, per cui ogni anno le candidature, in tutto il mondo sono molte.
Così scopriamo che quest’anno, dopo la “sospensione” delle due candidature sul “caffè”: quella di Treviso e quella di Napoli, l’organo interministeriale ha selezionato il Tocatì, il festival veronese dei giochi di strada tradizionalia candidato Unesco 2021.
Ma parliamo del caffè.
Che il caffè sia un rito è presto detto; proprio in questi giorni vediamo, in tempo di zona arancione, gli italiani attendere ordinatamente di essere serviti con il bicchiere d’asporto e bere per strada il proprio caffè, pur se servito con modalità take away. Tanta è l’abitudine di “prendere un caffè”, da soli o in compagnia, che una modalità impensabile e anzi aborrita sino ad un anno fa, il caffè bevuto per strada, sta diventando il new normal. Pur che sia.
Del caffè gli Italiani sono innamorati da secoli e pur non producendo la preziosa materia prima sono i leader mondiali in tutto ciò che è caffè style: nella produzione delle macchine da caffè da bar, delle caffettiere, e da qualche anno di cialde e affini. Cappuccino del resto è una parola italiana, uno di quei termini passepartout, compresi dall’Alaska alla Papua Nuova Guinea, di una lingua franca della gastronomia mondiale di cui, diciamolo, tanti termini sono elementi distintivi culturali italiani; come prosciutto, mortadella, salame, pecorino, tortellini, panettone, pizza, gelato… devo continuare?
Dunque è giusto candidare all’ Unesco l’Arte del Caffè.
E in attesa che Treviso e Napoli trovino un accordo, per il bene dell’Italia, ricordiamo che nel frattempo è stata presentata anche l’idea della candidatura della Cucina italiana, che alla fine comprende anche l’arte del caffè come di tanti altri elementi identitari della cultura gastronomica del bel paese.
Comunque andrà sarà un successo perché il cibo è storia e cultura e ogni suo aspetto, materiale e intangibile, è un grande riconoscimento per un popolo che ha saputo elevare ad arte l’arte di arrangiarsi con poco, anche in cucina, lasciando un’eredità insuperabile di decine di migliaia di ricette, ingredienti, prodotti agroalimentari tradizionali, saperi.
Chi è Alessandra
Alessandra Guigoni è antropologa culturale, consulente presso enti di ricerca e Pubblica Amministrazione. Docente a contratto presso enti di formazione e università pubbliche e private, vive a Cagliari.
Giornalista pubblicista, è stata editorialista per la rivista di Expo2015.
Alessandra si occupa di antropologia del cibo, sviluppo rurale, agrobiodiversità e patrimoni agroalimentari.
Ha all’attivo una sessantina di pubblicazioni scientifiche tra cui il saggio Antropologia del mangiare e del bere (2009) e dirige la collana editoriale Ciborama, collaborando spesso con testate ed emittenti radiotelevisive locali e nazionali.